Anche la dignità sarà made in China

made_chinaTempi n.7 23 febbraio 2011

GOTTI TEDESCHI E LA

GLOBALIZZAZIONE DEL PENSIERO

Dopo cinquecento anni di guerra ideologica e pratica contro Dio e la civiltà cristiana, in Occidente tutto è diventato relativo. E ai nuovi “padroni” del mondo non ci vorrà molto per conquistare la nostra filosofia

di Ettore Gotti Tedeschi
(presidente dello Ior)

I costumi, come conseguenza di una visione morale, rischiano di subire nei prossimi tempi una alterazione storica senza pari. I “grandi moralisti pubblici” secondo opportunità avranno pane per i loro denti. I mutamenti geopolitici, conseguenti al processo troppo accelerato dell’ultima globalizzazione legata alla delocalizzazione produttiva, ha trasferito potere politico ed economico verso l’Oriente indo-asiatico. Il mondo subirà un mutamento non solo nello stato economico ma anche in quello culturale.

Finora chi ha governato (economicamente e anche politicamente) il mondo sono state nazioni prevalentemente di “radici cristiane” (anche se relativizzate), protestanti e cattoliche, quali gli Stati Uniti e l’Europa. Radici cristiane, nel nostro intendimento, significa di fatto avere una base culturale riferita a un Dio creatore che ha dato senso alla creazione e le creature conseguentemente devono dare senso alle loro.

Questo spiega il processo di ragionamento e azione, ma soprattutto la visione della dignità della creatura stessa. Domani le culture pragmatiche, che sono generate nel mondo indo-asiatico grazie a radici taoiste, fataliste, al confucianesimo, al buddhismo, al maoismo, eccetera, certamente proporranno criteri culturali diversi nel modello operativo e di valutazione della creatura umana.

L’evoluzione del senso morale sarà rapido perché il confronto rischierà di influenzare comportamenti sempre più orientati a morali relativiste. Ma sarà rapido perché le nostre certezze morali sono deboli, non perché le altri siano più forti. Lo abbiamo visto nella omogeneizzazione delle leggi di carattere morale in Europa, ci si figuri nel mondo. Dobbiamo pertanto prepararci ancor più, e ancor più velocemente, a veder cambiare la valutazione di cosa è bene e cosa è male, cosa è buono e cattivo. È vero che è una minoranza quella che questo cambiamento lo percepisce e lo fa rilevare, ma è la maggioranza che lo subisce, e poi se ne lamenta

Il problema, però, nasce “in casa nostra”. Già il pensiero cartesiano che divide ragione pura da quella pratica ha concorso a frantumare l’unità di vita dell’uomo tra spirito e corpo soddisfacendo solo il corpo e preparandolo ad accogliere il nichilismo nietzschiano che ha disincarnato la morale e incarnato l’animalità, deformando così la persona e ogni suo valore.

Grazie a queste “corruzioni” i valori morali originali del cristianesimo si sono affievoliti e hanno lasciato lavorare e decidere gli istinti, ma che succederà ora, in un mondo globale dove le culture religiose “senza un Dio” sono maggioritarie? E dopo cinquecento anni di eresie religiose, intellettuali, filosofiche, morali, a che prezzo ritroveremo noi pienamente il nostro Dio e sapremo proporlo agli altri?

Eppure noi cattolici dovremmo essere coscienti – ma lo siamo? – che la salvezza del mondo globale è (secondo la nostra responsabilità) anche nelle nostre mani, dovremmo sapere che dobbiamo dimostra­re e insegnare che si deve incarnare lo spirito nella vita se si vuole proporre una azione morale e il rispetto dell’uomo. Il confronto finora è stato con il laicismo, poi con l’islamismo, ma finora abbiamo ignorato le culture del mondo indo-asiatico, forse perché pensavamo che si limitasse a produrre beni di consumo per l’appetito consumistico occidentale.

Invece la loro pacifica e per molti versi opportuna “invasione” sarà fatta non più attraverso prodotti, ma da persone che verranno a produrre e vendere qui, dopo aver acquistato le nostre imprese in difficoltà. E necessariamente porteranno con sé la loro cultura che si integrerà alla nostra, il che non è un pericolo, se la nostra dimostrerà di esserci ancora, se sarà viva e forte. Se…

Il nuovo “medioevo” creatosi con la globalizzazione – io temo – ci vede invece piuttosto deboli nella fede e nella visione morale, la nostra natura umana è stata fatta cadere in basso, l’intelligenza è confusa. E non possiamo sperare nella filosofia che si preoccupa più di contrapporre scienza e fede che di costruire e proporre idee forti.

Nell’enciclica Caritas in Ventate, soprattutto nell’introduzione, c’è scritto qual è il problema dell’uomo in questo tempo e come fare a risolverlo. Prima di cercarvi soluzioni pratiche (solidarietà, dono, eccetera), sarebbe bene approfondire le condizioni con cui queste soluzioni sono praticabili: riconquistare la visione del senso della vita e delle azioni dell’uomo, ritrovando la Verità.

Per affrontare la prospettiva di cambiare gli altri (i nuovi “ospiti”), che conosciamo poco, in questo mondo globale di cui abbiamo capito pochino, dobbiamo rinascere noi stessi prima, dobbiamo reincarnarci, ritornare ad essere eroi e santi. Prima. Ma abbiamo un vantaggio competitivo. Abbiamo la Chiesa e il nostro Papa Benedetto XVI. Il successo delle nostre intraprese sarà legato unicamente al fatto di lavorare unitamente a lui e di convincere chiunque che la nostra salvezza, anche su questa terra, sta in questo. La salvezza del mondo globalizzato sta nel successo che la massima autorità morale al mondo possa essere ascoltata e possa far riflettere sulle Verità assolute.

Un’occasione impedibile

C’è un fatto che trovo incoraggiante. Negli ultimi tempi si è iniziato a sentire che da parte di fonti autorevoli della pubblica opinione viene chiesto all’autorità morale della Chiesa di valutare comportamenti vari considerati di carattere morale. Ciò, ripeto, è incoraggiante, ma lo sarebbe ancor più sentir auspicare che questa autorità morale della Chiesa possa e debba concorrere a insegnare detti princìpi morali di comportamento.

Non solo valutarli, ma insegnarli. Per decenni la morale (e con essa i suoi paladini) è stata oggetto di scherno, è stata mostrata come qualcosa di falso e artificiale, se non persine opportunistico. Ma accettare che la vita morale sia solo una “maschera” significa considerare la vita umana realmente malata. E se la vita umana è malata è perché per troppo tempo non la si è curata, o meglio, non l’hanno curata i veri “medici specialisti”, perché intimiditi o impossibilitati a farlo.

Spesso è stata curata con medicine compiacenti, presentate come curative ma in realtà, per rispetto umano, più orientate a scusare il comportamento umano che a cercare di migliorarlo. Sono state omesse per troppo tempo cure spirituali adeguate che hanno lasciato trionfare morali a dir poco caricaturali. Questa vita umana in realtà soffre di un solo male, abbiamo il coraggio di gridarlo: il rifiuto di Dio e la separazione da Lui.

Quando poi il Santo Padre esprime la sua profonda sofferenza per la decadenza dei costumi dovuta a questa separazione da Dio, è perché ha la piena consapevolezza che gli uomini hanno bisogno di aiuto. Di vero aiuto. E questo aiuto, per rafforzare la loro visione morale, il loro senso della vita e delle azioni, nasce con l’insegnamento della Dottrina, con il sostegno alla famiglia, con la valorizzazione della vita, dal concepimento alla morte.

Se non siamo pronti noi a vivere questa morale, non avremo la credibilità necessaria per trasferirla ai nuovi pacifici e persino benvenuti “invasori” delle nostre cosiddette civiltà. E avremo perso la nostra opportunità per santificarci nella globalizzazione, santificare la globalizzazione, santificare gli altri con la globalizzazione.