[Didaché IV, 2; CN ed., Roma 1978, pag. 32].
Andrea Caccioli (o Cacciola) era di Spello, di famiglia agiata e prete. Verso i trent’anni, rimasto solo al mondo, conobbe s. Francesco d’Assisi e volle seguirlo. Dopo aver donato i suoi beni ai poveri, indossò il saio e verso il 1223 divenne Andrea da Spello. Tre anni dopo ebbe il privilegio di essere tra i settantadue minoriti che assistettero al beato trapasso del fondatore.
Nel 1233 era in Spagna, dove partecipò al capitolo di Soria. Qui le sue preghiere ottennero la pioggia dopo una lunga siccità. Stesso miracolo ripetè a Spello per la clarisse di cui dal 1248 fu direttore spirituale. Egli ottenne che quelle suore avessero come badessa la zia di s. Chiara, la b. Pacifica Guelfuccio.
Una volta che stava pregando nella sua cella gli apparve Cristo, ma contemporaneamente cominciò a suonare la campanella che chiamava i frati agli uffici comuni. Che fare, obbedire alla regola o all’apparizione? Il Caccioli scelse la regola e fece bene, perché al ritorno trovò che Cristo era ancora là e approvava la sua scelta.
Al di là dei fioretti francescani, comunque, il Beato ebbe i guai suoi con la Chiesa perché, com’è noto, dopo la dipartita del fondatore i francescani cominciarono a litigare sul come dovesse venire seguita la regola. L’ala più dura, i cosiddetti “spirituali”, propendevano per un’intransigenza al limite del fanatismo, tanto che la Chiesa dovette intervenire a bacchettarli (su tale questione, come forse è più noto, Umberto Eco ha impiantato il romanzo Il Nome della Rosa). Ahimè, il nostro Caccioli fece per un certo tempo parte proprio di questa corrente. Morì nel 1254
Il Giornale 9 giugno 2005