I principi non negoziabili sono temi apparentemente meno urgenti ma importanti per una buona vita»
Andrea Tornelli
Nelle ultime settimane si è parlato molto degli autorevoli endorsement ecclesiali al premier Mario Monti, appena “salito” in campo. La Chiesa fa politica?
«La Chiesa non fa politica ma è molto interessata alla politica perché è l’ambito dove vengono prese le decisioni di sintesi per la vita comunitaria. Ho l’impressione che questo endorsement di cui lei parla sia stato piuttosto strumentalizzato. Prova ne è che oggi, forse più che in passato, la collocazione dei cattolici in politica è talmente ampia che produce anche disagio e molti fedeli si sentono confusi».
Che cosa pensa del dibattito che ha accompagnato i convegni di Todi, 1 e 2? Il mondo cattolico organizzato poteva ambire, secondo lei, a una rappresentanza significativa di programmi e di candidati?
«Secondo me sì, se alle analisi politiche si fosse premesso i contenuti del discorso del cardinale Bagnasco a Todi 1 come punto di riferimento unitario. È successo invece che le discussioni a Todi siano stati fin troppo catturate dalle analisi delle contingenze politiche, vale a dire la caduta del governo Berlusconi prima e la posizione da assumere verso il governo tecnico di Monti (e soprattutto verso una possibile lista Monti) poi».
La gente non ce la fa ad arrivare a fine mese. Perché la Chiesa continua a insistere sui “principi non negoziabili” quando altre sembrano essere le priorità?
«La Chiesa non parla solo dei “principi non negoziabili”. Si prenda per esempio il Messaggio del Papa per la giornata della pace di quest’anno: è un discorso a tutto tondo sul bene comune, con forti accentuazioni e richiami anche alle difficoltà economiche e sociali. Ciò non toglie però che ci siano dei pilastri della vita sociale senza dei quali non si può più nemmeno parlare di società umana. Ci sono i temi urgenti, ma ci sono temi apparentemente meno urgenti ma più importanti per una buona vita umana. Nei Paesi occidentali ormai un bambino su tre conosce un solo genitore e vive senza papà o senza mamma: non è questa una grande povertà?»
Non crede che il cattolicesimo politico possa dare un contributo – a partire della dottrina sociale della Chiesa – che va ben oltre la difesa dei soli principi non negoziabili? Non crede che i cattolici dovrebbero osare di più anche in campo sociale?
«Non so a chi si riferisca quando parla di un cattolicesimo politico che propone “solo” i principi non negoziabili. Io penso che dalla dottrina sociale della Chiesa emerga indirettamente una proposta politica completa che nei principi non negoziabili trova gli architravi ma che non si riduce ad essi. Se talvolta si ha l’impressione che le proposte su altri fronti, per esempio quello economico e sociale, siano meno intense ciò deriva dal fatto che mentre i principi non negoziabili sono appunto “principi” ed hanno valore assoluto, le scelte economiche e sociali contro la povertà possono essere attuate in modi diversi.
“Osare di più” in campo sociale può essere richiesto in certi momenti, ma bisogna anche fare attenzione agli agguati ideologici e demagogici. Non si può rinchiudere la dottrina sociale della Chiesa nella proposta di una patrimoniale o di un salario minimo garantito»