[Didaché IV, 2; CN ed., Roma 1978, pag. 32].
Nel Medioevo si andava alla sua tomba per chiedere guarigioni; un pellegrinaggio, questo, che era molto popolare. Hiartwig, della nobile famiglia Aribonen-Sponheim, fu arcivescovo di Salisburgo nell’anno Mille, quello dei «terrori» tramandatici da Michelet. Solo che il Michelet da buon illuminista si era inventato tutto, perché in quell’anno non accadde assolutamente niente.
Infatti quei pochi che sapevano computare correttamente il tempo aspettavano, si la fine del mondo, ma non per quella data. A parte l’opposizione della Chiesa contro simili conteggi (e c’è poco da ridere, visto che anche oggi i Testimoni di Geova e i colti seguaci del New Age aspettano la fine del mondo da un anno all’altro), è bene ricordare che i Nostradamus cominciarono a spuntare in età moderna e i contadini medievali erano molto meno fessi di noi.
Pestilenze? Quella Grande, Nera, fu una sola, e trecentocinquant’anni dopo. Le epidemie c’erano, certo, come oggi. Ma avevano il vantaggio di essere localizzate e di durare poco, per via delle possibilità di comunicazione molto ridotte rispetto alle attuali. Hartwig (latinizzato in Artwico: la lingua universale era il latino come oggi è l’inglese.
Anche se ci abbiamo perso nel cambio) si trovò giusto ad avere a che fare con una pestilenza nella sua città, e lo si vide personalmente in strada a soccorrere gli ammalati. Artwico fu coinvolto anche nella grande politica, molto vicino al re Stefano d’Ungheria e agli imperatori Ottone III ed Enrico IV.
L’iconografia lo raffigura con un ramoscello in mano: mentre attraversava una foresta ne staccò uno che gli fiorì tra le dita, segno della benevolenza divina. Mori nel 1023 e fu sepolto nella cattedrale di Salisburgo. Purtroppo un incendio scoppiato nel 1958 ne ha cancellato la tomba.
il Giornale 14 giugno 1994