di Antonio Socci
Uno dei più acuti osservatori, leader intellettuale dei cosiddetti ratzingeriani, Giuliano Ferrara, con doverosa autoironia, giorni fa, ha amabilmente rimproverato il pontefice di essere “fuori linea”, sulla storia dei preti pedofili, per (a suo avviso) eccessiva arrendevolezza.
Poi il direttore del Foglio è tornato a lanciare l’allarme. Ha scritto infatti che «le autorità ecclesiastiche responsabili e i laici liberali, che dovrebbero avere a cuore la libertà della Chiesa (come pegno generale delle autonomie civili), non vogliono capire che la “trasparenza”, cioè la resa senza condizioni alla ossessiva campagna secolarista sulla pedofilia del clero, genera le condizioni per un vulnus simbolico drammatico nel corpo dell’istituzione».
Ferrara ritiene che dal Belgio sia arrivata la conferma di questa sua tesi. Là infatti sono giunti fino a perquisire la casa del cardinale Daneels, primate emerito accusato «di non aver denunciato per tempo il vescovo di Bruges dimissionario a gennaio con l’accusa di abusi su minori».
Nelle stesse ore addirittura «le tombe di uno dei padri teologici del Concilio Vaticano II, Léon-Joseph Suenens, e dell’arcivescovo Joseph- Ernest Van Roey, sono state sventrate con il martello pneumatico alla ricerca di chissà quali documenti inquisitori».
Ferrara ha ragione quando denuncia questi eccessi inauditi, ma non sono d’accordo che essi trovino cittadinanza per l’atteggiamento (a suo avviso) rinunciatario del Pontefice.
Al contrario, è proprio la limpidissima scelta del papa per la trasparenza e per la pulizia nella Chiesa che fa apparire gli atti dell’inquisizione belga in tutta la loro ingiustificata assurdità. Peraltro proprio l’accorato schierarsi di Pietro dalla parte delle vittime ha fatto ammutolire le campagne più anticlericali, inducendo anche giornali estremamente polemici come il New York Times a “togliersi il cappello” di fronte al coraggio del Santo Padre.
Il Papa è l’unico che non abbia parlato di complotti, ma anzi che abbia definito una «grazia» questa provvidenziale tempesta mediatica la quale impone una purificazione alla Chiesa. Bisogna riconoscere che quello che sta dicendo e facendo è così alto e profetico che lo stesso mondo clericale non capisce e fa resistenza. Ratzinger ha spiazzato sia i ratzingeriani che gli avversari.
Ha capovolto il vecchio e sciocco stereotipo del “panzerkardinal”. E ha mostrato a tutti la grandezza e la forza dell’umiltà. Ha fatto vedere cos’è un padre che sa piangere con i suoi figli violati e sofferenti, abbracciandoli a nome del Nazareno.
Ha spiazzato anche l’idea che del suo pontificato si erano fatti Ferrara e tanti altri, secondo cui egli sarebbe il Nemico del relativismo che corrode e dissolve l’Occidente e capeggerebbe una Chiesa virilmente identitaria capace di far ritrovare all’Occidente solide radici ideologiche.
A mio avviso basta aver letto i libri del cardinal Ratzinger e tanto più i testi di papa Ratzinger per capire che era un’idea infondata. Ma il problema non è anzitutto culturale. Il “fattore” che Ferrara elude (ovviamente ne ha tutto il diritto) e che per Benedetto XVI invece è determinante, totalmente decisivo, non è culturale: si chiama Gesù Cristo. La sua presenza viva.
E’ Lui che spiega tutto, che fa comprendere tutte le scelte di papa Ratzinger, tutto quello che dice e che fa. Senza considerare Lui si rischia di fraintendere completamente questo pontificato. Perché, infatti, un simpatizzante come Ferrara può arrivare a vedere nella posizione del Papa addirittura una «resa senza condizioni alla ossessiva campagna secolarista sulla pedofilia del clero»?
Esattamente per questo. Perché per Ferrara la battaglia si combatte al cospetto dell’opinione pubblica ed ha come oggetto la reputazione della Chiesa, mentre per papa Ratzinger si è al cospetto di Gesù Cristo, unico giudice, e il contenuto della discussione è la verità.
Se si toglie di mezzo Gesù Cristo – e mi pare l’idea di Ferrara – la Chiesa diventa una realtà umana antica e nobilissima, da millenni civilizzatrice, depositaria di valori e identità, e non può farsi processare – per un numero limitatissimo di colpe di suoi esponenti – da un mondo moderno che sprofonda nella depravazione e nell’amoralità.
Ma Benedetto XVI rifiuta radicalmente una simile riduzione. La Chiesa non è la somma dei suoi membri, né dei suoi meriti storici, non è un insieme di antichi e nobili valori umani, né è al mondo per rivendicare la sua reputazione.
La Chiesa è definita soltanto dalla misteriosa presenza di Gesù, presenza vera e operante, fra i suoi. Davanti a Lui, il santo, tutti noi cristiani siamo come panni luridi. E’ Lui e solo Lui che la Chiesa indica, Lui è la salvezza degli uomini, Lui la pace e la felicità. La Chiesa esiste solo per indicare al mondo il suo volto.
Cosicché la Chiesa è l’unica realtà che – diversamente da partiti, da stati, da qualunque altra associazione umana – non ha bisogno di esaltare la propria reputazione, perché, pur avendo al suo interno tanta santità, non predica se stessa, non vuol convincere di aver ragione. E’ l’innamorata di Lui ed esalta solo Lui.
Infatti la Chiesa è entrata nel mondo con quattro Evangeli nei quali i pilastri della Chiesa stessa, gli apostoli, venivano rappresentati in tutta la loro miseria umana, meschinità e perfino nei loro peccati e crimini.
Com’è stato osservato pure da nemici della Chiesa, nessuno che abbia voluto fondare una religione o un partito o uno stato, ha mai fatto una cosa simile. Sarebbe stata un’autodelegittimazione assai prossima al suicidio.
Solo la Chiesa ha potuto farlo. Sebbene quegli apostoli, in realtà, siano diventati poi autentici eroi, morendo inermi come martiri. Solo la Chiesa, sul finire del XX secolo che aveva visto i cristiani vittime (a milioni) di tutti i diversi regimi, a tutte le latitudini, con Giovanni Paolo II ha varcato il millennio non con un atto d’accusa, ma al contrario con un “mea culpa”.
Solo la Chiesa – che pure aveva tutti i diritti di puntare il dito su ideologie e partiti – ha saputo chiedere perdono. Mentre non lo hanno fatto i carnefici. E’ un segno di debolezza e cedevolezza o di (umanamente) inspiegabile forza?
Solo la Chiesa può porre la verità al di sopra dell’interesse di fazione e quindi non averne paura neanche quando è dolorosa e umiliante. Come nel caso dei preti pedofili. Neanche quando fa scandalo: «oportet ut scandala eveniant», disse Gesù, Signore della storia.
La Chiesa non si difende con la menzogna. Così semmai la si distrugge. Immaginare che Dio abbia bisogno delle nostre menzogne per salvaguardare la sua opera è un sacrilegio.
La Santa Chiesa, spiega il Papa, non è una cosca mafiosa che vive sull’omertà. Le menzogne servono solo ai colpevoli che non vogliono emendarsi o a coloro che vogliono salvaguardare un potere terreno. La Chiesa invece vive della verità. E la verità non fa calcoli di convenienza.
La menzogna rende ricattabili. «La verità vi farà liberi», ha detto Colui che è la verità fatta carne. Il mondo dice invece «la verità vi farà deboli». Ma quello che il mondo non capisce, per il Papa, è che «la debolezza di Dio è più forte degli uomini». Duemila anni fa aspettavano un giustiziere, un sovrano forte che avrebbe assoggettato il mondo. Ed è nato un bambino inerme.
Poi, diventato grande, perfino gli apostoli pensavano che Gesù sarebbe diventato re. E lui ha scelto invece il trono della croce e la corona di spine. Perché – ha spiegato Benedetto XVI – ha voluto salvare il mondo non con la forza, ma con l’amore. L’amore è più forte di tutto.
E’ per lui, vittima salvatrice, che il papa ha fatto capire a tutti, anzitutto agli ecclesiastici, che le vittime di preti pedofili non sono avversari, ma sono il volto di Cristo crocifisso.
Sono la Chiesa perseguitata. Mentre i persecutori della Chiesa sono semmai i loro violentatori. Tutto questo è grandioso e commovente. E’ divino.