Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuân – Newsletter n.523
Pubblicato il Rapporto dell’Osservatorio sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa.
Omar Ebrahime
Tra le realtà austriache più interessanti degli ultimi anni va annoverato sicuramente l’Osservatorio sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa. Fondato a Vienna dalla professoressa Gudrun Kugler nel 2006 con l’obiettivo di monitorare sistematicamente, avvalendosi di un apposito centro di archivio e documentazione, i vari tipi di persecuzione che incontrano i credenti nel Vecchio Continente pubblicamente oramai apostata dalle proprie radici religiose, ogni anno stampa un Rapporto che raccoglie in ordine cronologico tutti i casi di cui si ha notizia, denunciati dalle vittime o comunque testimoniati da terzi. L’ultimo è stato presentato proprio nelle scorse settimane e ha fatto registrare, cifre alla mano, un significativo aumento dell’emergenza ‘cristianofobica’ certificata. Se nel 2012 erano stati infatti 133 gli episodi accertati, l’anno scorso la cifra è quasi raddoppiata, balzando a 241.
Il Rapporto presenta, mese per mese, un dettagliato elenco dei fatti accaduti (per inciso non proprio lontano da noi) che prende in esame non solamente il lato politico e legislativo della persecuzione – indubbiamente primario e decisivo, soprattutto a lungo-termine – ma anche quello mass-mediatico, artistico e di quella che un tempo si chiamava cultura popolare. La nota più impressionante però, ci pare soprattutto quella iniziale relativa alle vere e proprie devastazioni di luoghi e oggetti del culto cattolico in quanto tali.
Se infatti nel caso della comicità, del sarcasmo e anche della presa in giro televisiva o teatrale del sentimento religioso siamo di fronte a episodi censurabili e anche miserevoli ma almeno senza particolari ricadute fisiche, nel caso dei luoghi e degli oggetti di culto o devozione (statue, crocifissi, immagini, tabernacoli, calici, ostensori, reliquie) la violenza tipicamente anticristiana è lampante. Che senso ha penetrare di nascosto in una Chiesa per spaccarne in quattro il tabernacolo, decapitare un’immagine venerata o scrivere a carattere cubitali una bestemmia con la bomboletta-spray?
E’ chiaro che di fronte a episodi simili è difficile dire che si tratta di qualche teppistello esaltato qua e là e andare avanti come se nulla fosse anche perché, soprattutto in area tedesca, diverse chiese profanate sono state già vandalizzate negli anni scorsi. Per alcune si tratta del secondo episodio, per altre del terzo, per altre del quarto in pochi anni e via via a salire. Certo, in qualche caso si è trattato davvero di teppisti da stadio senza controllo in libera uscita mentre in altri è probabile il movente della rapina a scopo di “beni culturali” ampiamente intesi, diciamo così. In altri ancora, invece, le tracce portano dritte dritte alle sette sataniche che operano proprio in maniera mirata e quindi scelgono deliberatamente di colpire una Chiesa invece di un’altra per i loro scopi realmente diabolici.
Anche se non se ne parla mai, e a volte gli stessi credenti – quale che sia il motivo – preferiscono tacerne, il satanismo vero e proprio in realtà purtroppo pare essere in deciso aumento da quelle parti, soprattutto a livello giovanile. Insomma, com’è ovvio non c’è una sola chiave di lettura univoca ma diverse e tuttavia questo non ci esonera certo dal farci un serio esame di coscienza. La prima domanda è immediata: di chi sono figli questi ragazzi? Se la maggior parte degli atti vandalici (e diciamo, per il momento, solo vandalici) sono compiuti in buona parte da adolescenti o ragazzi appena o poco più che maggiorenni, di chi sono figli? Da dove vengono? Qual è stato il giro mentale e quali le scelte di vita che li hanno portati fin lì, a compiere il gesto inaudito?
Duecento attacchi sono tanti, veramente tanti, mica noccioline. Il primo può essere di un ubriaco, il secondo di un drogato, il terzo di un teppista, va bene, ma gli altri centonovanta e passa? La risposta a questa domanda potrebbe non piacerci ma va affrontata: il tema delle radici cristiane, che abbiamo coltivato per anni e continuiamo a coltivare perché anche quello dopotutto rientra nella cornice pre-politica dei princìpi non negoziabili, per amore di verità e di carità (sia chiaro), forse alla lunga ha finito con l’illuderci, o farci illudere, su un dato sociale in realtà inesistente: ovvero che la nostra cultura popolare di base in Europa fosse ancora, in un certo modo, per quanto relativo e in una qualche misura, almeno cristianamente ispirata.
Ora gli episodi descritti dal Rapporto ci dicono invece che – soprattutto nel cuore del continente, in Germania, la stessa Austria, il Belgio – la società civile è compiutamente post se non – appunto – già ‘anti’-cristiana. Qualunque sia il motivo che spinge a profanare una Chiesa, a devastarla o addirittura a incendiarla, è ovvio che l’alfabeto cristiano è stato perso da un pezzo, ammesso che in quelle teste ci sia mai entrato. Anche la querelle che rischia ormai di diventare ordinaria sulla presenza dei Presepi a Natale dice la stessa cosa, e tra l’altro è impressionante il numero di Presepi ugualmente devastati in giro per l’Europa nel corso delle ultime festività.
Forse questo ci fa ancora più male perché sentiamo a pelle – con quel senso naturale, da bambini, che resta comunque nonostante tutto sempre dentro di noi – che devastare un Presepe è veramente un atto da barbari, raccapricciante. Già, proprio come quei leggendari barbari che provenivano dal misterioso e oscuro Nord a portare via ciò che ancora rimaneva dell’impero romano. Da piccoli forse abbiamo pensato che dovevano essere veramente terribili: ricordo che quando il libro di storia in classe descriveva quelle razzie facendo vedere accanto qualche immagine di un’antica città in rovina volevo subito girare pagina. Non mi piaceva, mi metteva tristezza.
Allora, però, non avrei mai pensato che quel passato sarebbe riemerso così presto e così vicino. Poi, naturalmente, come si dice sempre in questi casi per tirarsi allegramente sù il morale tra noi, se quella di oggi è una grande sfida è comunque anche un’opportunità nuova perché ci mette alla prova con nuove esperienze, nuovi incontri, nuovi interlocutori, nuove questioni e bla bla bla bla. Ma qui sarò sincero, almeno a me non è che questo mi consoli poi molto, né mi entusiasmi granché. Sarà che invece della fantastica opportunità di eccezionale e grandiosa nuova catechesi davanti agli occhi vedo solo e semplicemente la nuda Chiesa mezza devastata.
Sì, sarà per questo, immagino. Eh, che materialisti che siamo a volte. Ma sono appena piccoli punti di vista personali, ovviamente, sapete com’è.
Per scaricare il Rapporto clicca qui