note al testo
[2] Ed islamica, beninteso (secondo la prevalente interpretazione del Corano); per l’ebraismo, vedi N. Solomon, Ebraismo, Torino 1999: Eutanasia passiva, sì; palliativi, sì; no all’eutanasia attiva. Vi sono correnti minoritarie a favore dell’eutanasia attiva.
[3] Summa Theol. II, q. 64 a. 5. Il catechismo cattolico riprende e codifica, per dir così, gli argomenti classici: 2280-2282.
[4] Già in Platone, Fedone, 61b-62c (cfr. V. Vitale, L’antigiuridicità strutturale del suicidio, in Riv. Int. Filosofia del diritto, 1983, che richiama J.G. LOPEZ, Los derechos humanos en Santo Tomàs de Aquino, Pamplona, 1979).
[5] Catechismo cattolico, 2266.
[6] vedi oltre i riferimenti a casi in corso. Per un esame di recenti decisioni americane, L. MONTICELLI, Il problema dell’eutanasia in USA: Il caso Glucksberg, in Dir. penale e processo, 1998, 644.
[7] R. M. BRATTON, The right to die: a constitutional one, in The Jurist 1981, 175. Per quanto riguarda la scelta per la morte non in funzione della miserabilità dello stato di salute bensì ma per motivi religiosi, rinvio a M.C. del Re, Conflitto improprio di doveri: diritto alla diversità e ragionevolezza, in Riv.pol. 1985; ID., Culti emergenti e diritto penale, Napoli 1992; Vedi M. H. Shapiro e R. G. Spece, Bioethics and the law (casi, materiali e problemi), con aggiornamenti.
[8] 75 Engl. Rep. 387 C.B. 1562
[9] Le indagini demoscopiche, strumento tecnico utile per conoscere la volontà della gente, in questo campo sono spesso di non facile interpretazione e non sempre coerenti. Leggo su Ärzte Zeitung del 6.7.2000 Die meisten Deutschen sind gegen aktive Sterbehilfe: 56,6 Prozent von 1007 Befragten ziehen den kombinierten Einsatz von Palliativmedizin und Hospizarbeit vor. Das hat eine neue Studie des Meinungsforschungs-Instituts Emnid ergeben. A distanza di quattro mesi, sullo stesso giornale del 10.11.2000, si scrive 68 Prozent der Deutschen befürworten die aktive Sterbehilfe durch einen Arzt, wenn ein todkranker volljähriger Patient, der im Vollbesitz seiner geistigen Kräfte ist, ihn mehrfach darum gebeten hat. 20 Prozent lehnen das aus moralischen und ethischen Gründen ab.
[10] Sull’atteggiamento laico del diritto, vedi M. B. Magro, Etica laica e tutela della vita umana, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 1994, 1420.
[11] Già nell’ottocento – sotto gli orpelli di un linguaggio ampolloso – si pone il problema della eutanasia per chi ha i sensi talmente debilitati da non conoscere la propria esistenza. “Esistere in tale situazione, e non esistere; e l’essere lo spirito di un corpo tale, o entro una statua di sasso rinchiuso, vale lo stesso. L’anima in tale caso ama meglio, se il potesse, di sprigionarsi da quell’incomoda stanza, ed acquistare la sua libertà, siccome quando trovasi in un corpo da continui spasmodici dolori incurabilmente tormentata” (F.MAGLIANO, Considerazioni sulla natura dell’uomo, a cura di G. VINCELLI, Napoli 1999. Le considerazioni apparvero nel 1824).
[12] In ordine al passaggio dalla vita alla non vita è intervenuta la sentenza 27.7.1995, della Corte Costituzionale che identifica la morte con la cessazione irreversibile delle funzioni cerebrali (in Giust. Pen. 1995, I, 321). Il mantenimento in attività del corpo della gravida in stato di morte cerebrale, mantenimento doveroso per salvare il nascituro, ripropone il problema di queste determinazioni giuridiche necessariamente ‘tranchantes’.
[13] Sul concetto scientifico di vita, E. Schrödinger, What is life?, in The great ideas 1967.
[14] La battaglia verbale, con uso e abuso di immagini terrificanti, confonde i termini del problema e ne rende difficile la soluzione legislativa, rendendo emotiva e imprecisa ogni discussione in parlamento: non credo certo che gli antieutanatisti vogliano lasciar soffrire impietosamente i morenti, ma neanche che gli eutanatisti vogliano squadre della morte che visitino gli ospedali per eliminare i pazienti inutili.
[15] Il morente, l’agonizzante, è divenuto malato terminale; questo termine peraltro si riferisce all’alta probabilità statistica di morte prossima, ma naturalmente può avere interpretazioni più o meno larghe.
[16] Ammessa la eutanasia passiva, si pone il problema della cessazione con intervento attivo (“staccando la spina”), quando si sia applicato una macchina per la sopravvivenza artificiale. Sconnettere la macchina di sostegno si inquadra nella categoria dell’azione o in quella dell’omissione? È omissiva nel senso che è cessazione di un intervento, anche se si realizza attraverso un movimento fisico. È distinzione importante al fine di qualificare attiva o passiva l’eutanasia. Qualcuno ha costruito la teoria della ‘omissione per azione’. Waldenburg praticamente suggerì la macchina cuore-polmoni col temporizzatore, per evitare l’intervento attivo.
[17] L’art. 36 del Codice di deontologia medica del Giugno 1995 dispone che “In caso di malattie a prognosi sicuramente infausta e pervenute alla fase terminale, il medico può limitare la sua opera, se tale è la specifica volontà del paziente, all’assistenza morale e alla terapia atta a risparmiare inutile sofferenza, fornendogli i trattamenti appropriati e conservando per quanto possibile la qualità di vita. In caso di compromissione dello stato di coscienza, il medico deve proseguire nella terapia di sostegno vitale finchè ragionevolmente utile. In caso di morte cerebrale il sostegno vitale dovrà essere mantenuto sino a quando non sia accertata la morte nei modi e nei tempi stabiliti dalla legge. E’ ammessa la possibilità di prosecuzione del sostegno vitale anche oltre la morte accertata secondo le modalità di legge, solo al fine di mantenere in attività organi destinati a trapianto e per il tempo strettamente necessario.”
[18] T. Fuchs, Euthanasie und Suizidhilfe: Das Beispiel der Niederlande und die Ethik des Sterbens, in R. Spämann, Thomas Fuchs, Töten oder sterben lassen? Worum es in der Euthanasiedebatte geht, Freiburg, 1997.
[19] Il rifiuto di terapia viene distinto dalla eutanasia passiva consensuale perché l’art. 32 Cost. vieta di imporre qualsiasii trattamento sanitario. Così JADECOLA, Il medico e la Legge penale, Padova 1993. La distinzione tuttavia mi sembra assai labile perché il rifiuto di cure equivale ad una richiesta di morte, nei casi in cui la vita è condizionata dalla terapia.
[20] Tra gli altri, G. D’AVANZO, Etica sanitaria, Milano 1991, 230.
[21] Vedi il documento del Comitato Nazionale per la Bioetica sul consenso informato.
[22] Invero appare lecita l’eliminazione per interesse sociale di esseri viventi di cui si esclude homo esse (si pensi al caso dl vivente nato senza cervello) ma è chiaro che ogni forma di eugenismo può portare alle mostruose disposizioni che il terzo Reich impose ai medici. L’eutanasia collettivistica (Mantovani, Eut., cit.) “viene posta in essere per un fine di utilità pubblico-collettiva, non consensualmente e su larga scala. Essa abbraccia a) l’eutanasia eugenica, consistente nella eliminazione indolore degli individui deformi o tarati, fisicamente o psicologicamente, per migliorare la razza; b) l’eutanasia economica, consistente nella eliminazione indolore dei malati incurabili, degli invalidi, dei vecchi per alleggerire la società dal peso dei soggetti economicamente inutili (le cosiddette “bocche inutili da sfamare”); c) l’eutanasia criminale, consistente nella indolore eliminazione dei soggetti socialmente pericolosi; d) l’eutanasia sperimentale, consistente nel sacrificare la vita di soggetti per effettuare sperimentazioni per il progresso medico e scientifico; e) l’eutanasia profilattica, consistente nella soppressione indolore dei soggetti affetti da malattie epidermiche; f) l’eutanasia solidaristica, consistente nel sacrificio di soggetti a favore della vita o salute di altri (es.: per prelevare organi a scopo di trapianto)”.
[23] L’argomento peraltro è considerato anche per l’eutanasia consentita: Mantovani, cit..
[24] Che impone al medico, anche se richiesto dal paziente, di non “effettuare trattamenti diretti a minorarne la integrità psichica e fisica e ad abbreviarne la vita o a provocarne la morte”.
[25] La pena (assai minore di quella dell’omicidio volontario) è determinata dalla incidenza del consenso sul dolo del reo, non dalla minore gravità oggettiva del fatto, dichiara la relazione ministeriale.
[26] Cass. 6 febbraio 98, in Cass. pen. 99/871.
[27] Ass. Catania, 24.10.1977, in giur. Merito, 1978; Ass. Verona, 5.2.1988, in Nuovo dir. 1988; ass. Trieste 2.5.1988, in Foro it 1989, II. Per il senso e la portata dell’attenuante, vedi Cass. 7 Aprile 1989, in Giust. pen. , 1990, II c. 460; Cass. 13 Febbraio 1990, in Riv. pen., 1991, p. 195. Vedi Monticelli, Eut, cit., che richiama C. FIORE: “L’applicabilità dell’attenuante riposa sulla forte sintonia dei moventi dell’azione con l’etica sociale, storicamente condizionata, anche se evidentemente, si resta al di sotto di fini, ma anche di mezzi dell’azione, rispetto alle esigenze della vita collettiva (…) . si ritiene comunque necessario che l’azione costituisca espressione congrua e riconoscibile – anche in termine oggettivi – del movente soggettivo che vi ha dato impulso. Il congiunto riferimento al particolare valore morale e sociale dell’impulso ad agire sembra escludere la rilevanza di concezioni etiche personali, quand’anche ispirate da alta moralità, tuttavia non coincidente con il sentimento etico della comunità”, Diritto penale, pt. gen., II, Torino, 1995, 31s.
[28] Rinvio a MONTICELLI, Eut,. cit. 488.
[29] GIUNTA, cit. pag. 74.
[30] J. KEOWN, Further Reflections on Euthanasia in The Netherlands in the Light of the Remmelink Report and The Van Der Maas Survey in L. GORMALLY (cura di) Euthanasia, Clinical Practice and the Law. The Linacre Centre for Health Care Ethics, London, 1994; ID, Euthanasia in the Netherlands: Sliding Down the Slippery Slope?” in Euthanasia Examined: Ethical, Clinical and Legal Perspectives, Cambridge1995.
[31] Vedi Cass 11.61992, in Giust. Pen, 1993,II, 564; Cass. 27 giugno 91, in Cass. Pen. 92, 3097.
[32] Corte d’Assise di Roma 10/12/83.
[33] Cass.18 nov. 54, Giust.pen. 54, II, 271. In dottrina, Giunta, cit.; in questo senso, anche Jadecola, Patalano, Introna, Romboli (per riferimenti, Monticelli, Eut, cit., 493).
[34] Il testamento biologico non ha analogia col testamento del diritto successorio perché non è finalizzato a regolare post mortem la situazione patrimoniale e per alcuni aspetti anche familiare.
[35] Rinvio a PORTIGLIATTI-BARBOS, cit..
[36] Cfr. R. Romboli, Sub art 5 CC, in Commentario Scialoia e Branca, Bologna 1988.
[37] L. STORTONI, cit. 480, ritiene che qualunque limite alla disponibilità del corpo riguardi soltanto le eteroaggressioni; vedi in proposito il meditato saggio di PORTIGLIATTI-BARBOS, Diritto a morire, cit.; MONTICELLI, cit, 477.
[38] In tema di omicidio del consenziente avente le caratteristiche dell’eutanasia tali circostanze non possono essere riconosciute, in quanto le discussioni tuttora esistenti in proposito denotano la mancanza di un generale suo attuale apprezzamento positivo, risultando anzi larghe fasce contrarie nella società italiana contemporanea (Cass., 7 aprile 1989, Billo, in Cass. pen.. 1991, 1778).
[39] La relazione ministeriale sul codice vigente (II, 375 sgg.) è molto chiara: “Prevalenti considerazioni politiche ispirate a ragioni di prevenzione ossia precisamente allo scopo di contribuire alla conservazione del bene giuridico della vita, impedendo che di esso si faccia scempio con la più meditata preordinazione di mezzi e con la più ponderata esecuzione per tema di incorrere nei rigori della Legge penale, hanno condotto le legislazioni più recenti a escludere il suicidio dal novero dei reati limitando la punizione a casi di partecipazione all’altrui suicidio”.
[40] H. J. SCHNEIDER, Kriminologie, Berlino 1997. Per cogliere il mutamento storico di posizioni, vedi il classico saggio di E. ALTAVILLA, Il suicidio, Napoli 1932.
[41] VITALE, cit. 461
[42] Scrive, ad esempio, Stortoni, cit. : “È mia opinione che l’esistenza del diritto [di uccidersi] in questione debba essere affermata quale diritto inviolabile dell’uomo riconosciuto e garantito dall’ordinamento giuridico ai sensi dell’art. 2 della Carta Costituzionale e non da esso concesso”. Peraltro l’autore precisa che “siffatta asserzione sul piano giuridico non contraddice, ovviamente, in alcun modo la premessa metodologica d’apertura posto che non limita minimamente la diversa opinione del cittadino che voglia uniformare il suo comportamento ad un diverso credo filosofico, religioso, politico o culturale. È semmai – e il punto pur scontato va segnalato – la contraria posizione che si colloca in una prospettiva non “laica””. Dal diritto costiuzionale di morire l’autore opina l’illegitimtà costituzonale della “agevolazione al sucidio” ricompresa, con l’istigazione, nella fattispecie dell’art. 580 cod. pen.
[43] PORTIGLIATTI-BARBOS, cit. 4; MANTOVANI, Eut., cit..
[44] La Associazione ospedaliera americana nel ’73 istituisce la carta dei diritti del paziente che prevede il diritto al rifiuto del trattamento.
[45] D. PORTWOOD, Commonsense suicide: the final right, 1978.
[46] Ed è tuttora viva, a quanto mi risulta.
[47] Tra i tanti, Il sito ERGO di Humphry aggiorna i dati relativi alla eutanasia, e offre vari servizi, tra i quali l’utile libretto (!) self-deliverance from an end stage terminal illness using a plastic bag. Con cinque dollari il fai-da-te… Ci si può chiedere se, allo stato attuale della legislazione, l’offerta possa costituire agevolazione o aiuto al suicidio. Vedi DEREK HUMPHRY, Final Exit, 1991. Il mio e-mail è michelecdelre@mclink.it Il sito www.iatf.org è quello della Taskforce on Euthanasia (più esattamente against, direi).
[48] Stern, 7 novembre 1991.
[49] Il segreto del successo, per chiamarlo così, del dott. Kevorkian, consistette nel fatto che egli per primo coordinò una serie di flaconi trasfusionali: il primo, contenente tranquillanti, antidolofici e sonniferi, veniva azionato volontariamente dal paziente; il secondo veniva azionato da un temporizzatore dopo un minuto, oppure involontariamente dal braccio dell’aspirante suicida che cadeva per gravità su una sorta di rubinetto facendo sì che una dose mortale di pentothal entrasse in circolo. Più raffinato, il sacchetto da infilarsi in testa, carico di ossido di carbonio. Naturalmente dal punto di vista giuspenalistico italiano si tratta di un aiuto o agevolazione al suicidio, punibile ex art. 589 cod.pen. Il problema sorge tuttavia per la macchina della morte, quando essa venga procurata al paziente prospettando anche usi diversi (antidolorifico e ipnotico in dose non mortale, etc.). Si prospetterà un caso di dolo eventuale, penso.
[50] Nel settembre 98 il Michigam approvò una legge contro il suicidio assistito.
[51] Imputato per omicidio d’un paziente canceroso per avergli iniettato una dose letale di morfina, Moor dichiarò di aver ucciso centinaia di malati (BBC archivio in rete, 19.4.99).
[52] M. C. del Re, Diritto, cit.
[53] Il ministero della sanità olandese precisa che i morti per eutanasia, nel 2000, son stati in Olanda 2123 (2216 nel 1999). Il ministro Borst peraltro ha prospettato la distribuzione di pillole letali agli anziani desiderosi di morire, ma l’opinione pubblica è divisa sul tema.
[54] Ärzte Zeitung 24.4.2001.
[55] F. RAMACCI, Premesse alla revisione della disciplina penale dell’aiuto a morire, in Studi sen., 1988, suppl., p. 303 s.; F. MANTOVANI, Aspetti giuridici della eutanasia, in Riv. it. dir. proc. pen., 1988, 463; F. TABANELLI, Eutanasia attiva e passiva: opportunità di una riconsiderazione delle disposizioni del codice penale in materia, in Crit. Pen., 1989, 48 s.; F. GIUNTA, Diritto di morire e diritto penale. I termini di una relazione problematica, in Riv. it. dir. proc. pen., 1997, 77; A. SANTOSUOSSO, Bioetica e diritto: limiti e possibilità, in Quest. Giust. 3/1995, 647.
[56] In questo senso F. ANTOLISEI, Man. Dir. Pen., 61; F. MANTOVANI, op. cit., p. 463; M. DEL GAUDIO, L’eutanasia, in Quad. giust., 1986, n. 61, p. 39.
[57] “Non manca chi auspica una punibilità dell’eutanasia a titolo di omicidio volontario senza il ricorso ad alcuna attenuante poiché, altrimenti, vi è difficoltà nel controllare “la coscienza del medico che diagnostica il grado e il tipo di patologia che dovrebbe consentire l’uccisione pietosa la preoccupazione è che molte patologie reversibili, in buona o cattiva fede, possano essere qualificate irreversibili. La certezza della tutela del diritto alla vita, in tal modo, non avrebbe più nessuna garanzia e fatalmente verrebbe a costituirsi la possibilità per la classe medica di porsi come padrona della vita e della morte”: così A. TARANTINO, cit. 897; cfr. MONTICELLI, cit. 515.
[58] D. Orentlicher, The illusion of patient choice in end-of-life decisions in Journal of the American Medical Association, 1992, 267.
[59] Nel definire “malattia” il dolore e la sofferenza che di solito sono considerati soltanto ‘accessori’ della malattia, ho tenuto conto che la sofferenza e il dolore possono avere valenza patogenetica, provocando o aggravando disturbi e patologie (cfr. E. AGUGLIA, A. RIOLO, L’influenza dei fattori stressanti nela genesi dei tumori, in Atti 1° convegno Psico-oncologia, Lecce 2001; V. RAPISARDA, C. E PASQUALE, Depressione nel paziente oncologico, ibid., con riferimenti.
[60] L’angoscia dell’estinzione, angoscia innata nell’uomo, ha trovato nuove forme, sicché il suicidio talvolta vuol essere la paradossale vittoria sul terrore della morte, sia perché la Lebensmude dà la sensazione di essere già morti, sia perché la morte si presenta come un mostro terrificante cui conviene sacrificarsi. Vedi E. Becker, Il rifiuto della morte, Roma 1982
[61] Si distingue tra terapia palliativa (che evita l’aggravarsi della malattia) e medicina palliativa, che vuole migliorare la qualità di vita del malato (Ärzte Zeitung 17.3.1999). Evidentemente qui ci riferiamo alla medicina palliativa; per l’intervento palliativo, mi limito a rinviare a G. DI MOLA, Cure palliative, Milano 1994.
[62] B. CALLIERI, Oncologia e dimensione antropologica, in Atti 1° convegno Psico-oncologia, Lecce 2001. M. MANCARELLA, S. MAZZOTTA, P. RIZZO, I bisogni psicosociali negli ammalati di cancro, ibid.
[63] B. Mount, End-of-life care: recent developments, in Annals of Royal college of physicians and surg. of Canada, Marzo 2001 (Balfour Mount è considerato “il padre delle cure palliative” in Canadà), sottolinea che solo il cinque per cento dei pazienti ha in pratica la disponibilità delle cure palliative.