Benedetto XVI, durante l’Udienza Generale, ha ricordato che l’affidamento a Dio, come quello di Maria, è ciò che cambia il mondo anche quando il male sembra vincere.
Benedetta Frigerio
L’INFINITO SI FA CARNE. Quella indicata dal Pontefice è una persona in carne e ossa, un amore che solo può confortare l’uomo anche negli abissi del male. Tanto che, si chiede il Santo Padre, «come può quel piccolo e debole Bambino avere portato una novità così radicale nel mondo da cambiare il corso della storia?».
La risposta sta in un umanità di origine divina: «Nel Vangelo di Giovanni, quando il Signore afferma: “Io sono il pane disceso dal cielo”, i Giudei reagiscono mormorando: “Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo?” (…) Gesù stesso fa notare quanto sia inadeguata la loro pretesa di conoscere la sua origine, e con questo offre già un orientamento per sapere da dove venga: “Non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete”».
Quindi «Gesù è originario di Nazaret, è nato a Betlemme, ma che cosa si sa della sua vera origine?». Il Papa ha risposto che «la sua vera origine è il Padre; Egli proviene totalmente da Lui, ma in un modo diverso da qualsiasi profeta o inviato da Dio che l’hanno preceduto». Infatti, come dice «il Credo, la Professione di fede: “et incarnatus est de Spiritu Sancto, ex Maria Virgine”, per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria». E «a questa frase chiniamo il capo perché il velo che nascondeva Dio per così dire viene aperto e il suo mistero insondabile e inaccessibile ci tocca: Dio diventa l’Emmanuele, “Dio con noi” (…) il mistero grande di Dio che si incarna, si fa uomo».
ATTRAVERSO UNA CREATURA UMILE. In questo senso la figura di Maria è centrale e dice la novità del cristianesimo. «Senza di lei – ha chiarito il Pontefice – l’ingresso di Dio nella storia dell’umanità non sarebbe giunto al suo fine e non avrebbe avuto luogo quello che è centrale nella nostra Professione di fede: Dio è un Dio con noi. Così Maria appartiene in modo irrinunciabile alla nostra fede nel Dio che agisce, che entra nella storia. Ella mette a disposizione tutta la sua persona, “accetta” di diventare luogo dell’abitazione di Dio».
E questo fatto è fondamentale: ci dice che non importa se «a volte, anche nel cammino e nella vita di fede possiamo avvertire la nostra povertà, la nostra inadeguatezza di fronte alla testimonianza da offrire al mondo», perché questo è il metodo di Dio, che «ha scelto proprio un’umile donna, in uno sconosciuto villaggio, in una delle provincie più lontane del grande impero romano».
Perciò «sempre, anche in mezzo alle difficoltà più ardue da affrontare, dobbiamo avere fiducia in Dio, rinnovando la fede nella sua presenza e azione nella nostra storia, come in quella di Maria». Nulla, ha sottolineato ancora Benedetto XVI, sostenendo con fermezza i fedeli «è impossibile a Dio! Con Lui la nostra esistenza cammina sempre su un terreno sicuro ed è aperta ad un futuro di ferma speranza».
L’AFFIDAMENTO CHE CI TRASFORMA. Ma come si può credere ciò, quando tutto sembra dire l’opposto? Il Papa ha parlato dell’azione dello Spirito Santo che si riceve come dono nel Battesimo e che «ci fa partecipare alla relazione filiale che Gesù ha con il Padre. (…) San Paolo richiama questa figliolanza adottiva dei cristiani in un passo centrale della sua Lettera ai Romani, dove scrive: “Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: Abbà! Padre!. Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio”, non servi».
Quindi la paura è vinta «solo se ci apriamo all’azione di Dio, come Maria, solo se affidiamo la nostra vita al Signore come ad un amico di cui ci fidiamo totalmente, tutto cambia, la nostra vita acquista un nuovo senso e un nuovo volto: quello di figli di un Padre che ci ama e mai ci abbandona». Impressiona infine che Dio chieda il permesso di venire al mondo a una creatura che con il suo «”sì” alle parole dell’arcangelo», dà a Dio «una dimora in questo mondo, Colui che l’universo non può contenere prende dimora nel grembo di una vergine».
Ed è proprio questo mistero dell’incarnazione continua di Dio nella fragilità umana «che porta in sé speranza e gioia al nostro cuore, perché ci dona ogni volta la certezza che, anche se spesso ci sentiamo deboli, poveri, incapaci davanti alle difficoltà e al male del mondo, la potenza di Dio agisce sempre e opera meraviglie proprio nella debolezza. La sua grazia è la nostra forza».