Articolo pubblicato su L’Italia Settimanale
di Francesco D. Caridi
Le cose dovranno essere chiarite presto. parola di Bettino Craxi. Alla stretta finale dell’Inquisizione milanese, il segretario del Psi ha risposto chiedendo di “vedere” le carte degli altri partiti. Innanzitutto quelle delle “maschere” dell’ex Partito Comunista, fin troppo zelante nell’invocare la sua crocifissione. «E’ urgente e necessario – ha detto Craxi – che si dia vita ad un’inchiesta parlamentare che faccia luce sui finanziamenti politici degli ultimi dieci o, meglio, venti anni». la chiave di lettura starebbe nella precisazione temporale: «venti anni».Un’aggiunta che rimanda a storie troppo frettolosamente archiviate dalla “ragione consociativa”.
Non a caso Emanuele Macaluso, rudere di un vecchio mondo in cui la “socializzazione alla connivenza” e la conventio ad consociandum hanno garantito al Pci la ripartizione dei benefici al sottogoverno, ha definito “inopportuna” la richiesta, cogliendone il carattere insidioso. Si spiega anche la circospezione di Achille Occhetto, tenutario dei segreti finanziari del Pci Pds: «Non vorrei che si facesse di tutta l’erba un fascio».
Come se il radicchio comunista non fosse bacato. E s’intuisce dietro la compostezza verbale del Presidente della Camera, Giorgio Napolitano, una certa apprensione: «Attendo di veder meglio formulata in sede parlamentare la proposta socialista». Napolitano, già membro dell’ufficio del Pci che s’interessava dei problemi economici, è stato con Armando Cossutta, oggi di Rifondazione Comunista, un attento supervisore dei canali di finanziamento del partito.
Il primo comunista a pronunciarsi a favore delle multinazionali. Ricordiamo ancora il suo legame con l’avvocato Alfonso Conte, sindaco comunista di Frattaminore in provincia di Napoli, che faceva affari miliardari in proprio e per conto del Pci, anche con la mediazione di Vittorio Lefebvre, protagonista dello scandalo Lockheed, e con la Banca Unione di Michele Sindona. Conte fu “scaricato” nel 1976, alla vigilia delle elezioni politiche, per timore che la scoperta dei suoi maneggi potesse coinvolgere il Pci e la Lega (comunista) delle Cooperative. Storie d’archivio, si dirà.
Ma alcuni dei protagonisti delle vicende del malaffare comunista sono “faccendieri” ancora operativi a diversi livelli, che per incarico del Pci hanno concorso a posizioni di interesse privato. Quante porcherie potrebbero raccontare questi brokers della corruzione “rossa”, se fossero costretti da un emulo del giudice Di Pietro. ha scritto Alessandro Pizzorno che il potere dei comunisti ha sempre costretto la maggioranza «a negoziare sia le decisioni di politica generale, sia quelle spartitorie». Da questo genere di trattative, dalle alleanze trasversali per la suddivisione degli appalti pubblici, dalla capacità di ricatto, dalla lottizzazione delle cariche nella Pubblica Amministrazione, sono scaturiti utili finanziari, “tangenti” a non finire.
Il consociativismo ha creato un sistema interpartitico di protezione del malgoverno. Indagare i finanziamenti politici degli ultimi venti anni «se possibile», chiede il segretario socialista, con un occhio rivolto a Botteghe Oscure. Una bella fatica. Un percorso accidentato che, per quel che riguarda giusto l’ex Pci (di questo ora vogliamo occuparci), passa attraverso molteplici operazioni commerciali con i Paesi dell’ex blocco sovietico. Per seguirne le tracce, si dovrebbe ficcare il naso nelle filiali della Banca Commerciale Italiana a Mosca, Varsavia, Berlino; del Banco di Napoli a Mosca, Sofia; del Credito Italiano a Mosca.
E sarebbe utile investigare, magari con l’aiuto di Eltsin, la Vneshtorgbank, la Banca per il commercio estero dell’ex Urss, che nei rapporti con banche e aziende straniere si è appoggiata a istituti costituiti in Europa con capitali delle organizzazioni comuniste: la Moskovskyi Narodnyi Bank a Londra, l’Eurobank a Parigi, la OstWest Handelsbank a Francoforte, la East-West United Bank in Lussemburgo, la Donau Bank a Vienna, la Voskhod Handelsbank a Zurigo. Una complessa rete finanziaria, inaccessibile, che ha sostenuto la politica commerciale sovietica e ha governato la struttura internazionale comunista, quella “parlamentarista”,di cui era espressione importante il Pci, e quella “terroristica”.
Nel 1960 a Mosca si accordarono con i dirigenti del Pcus gl’inviati del Pci Cossutta, Fanti e Toni Negri. L’ex primo segretario della difesa cecoslovacca Ian Sejna, rifugiandosi in Occidente, rivelerà: «nel 1964 il Politburo sovietico decise di aumentare le spese per il terrorismo del mille per cento. Gli appartenenti al gruppo filosovietico in seno al Pci suggerivano a noi i nomi delle possibili reclute per l’addestramento nel campo di Dupov, vicino a Praga. Al tempo di Luigi Longo alcuni alti esponenti del Pci sapevano dell’addestramento dei terroristi».
Acqua passata, ma le ferite bruciano ancora.
In un’intervista a La Stampa (5 gennaio) il presidente del gruppo Pds alla Camera, Massimo D’Alema, ha ridotto la questione in questi termini: «Anche noi in passato siamo stati processati per aver violato la legge sul finanziamento pubblico dei partiti, siamo stati accusati di aver preso i soldi dal Pcus. Ma poi siamo stati assolti. E mentre quel mascalzone del pubblico ministero chiese l’archiviazione per effetto dell’amnistia, il Gip ha emesso una sentenza più favorevole per noi: in essa spiegò che il Pcus aveva dato i soldi al Pci fino al 1979, mentre solo dall’81 furono proibiti per legge i finanziamenti stranieri ai partiti».
D’Alema probabilmente considererà pure una “mascalzonata” (ma che linguaggio!) il nostro richiamo a certi sporchi intrecci affaristici del suo partito, che ha perduto il nome ma non il vizio comunista. Spunti per una ricostruzione possibile dei tragitti della corruzione.
Chi ricorda più Camillo Crociati, l’ex amministratore della Finmeccanica? Le trattative di questa società dell’Iri con l’ex Urss e altri Paesi comunisti si svolgevano tramite la Resistal, gestita per conto del Pci da Enzo gemma, uno dei maggiori procuratori mandatari del potere economico parallelo di Botteghe Oscure. per ogni contratto con l’Est, Crociati pagava il 7,5 per cento degli utili della Resistal, che prendeva “tangenti” anche da Fiat, Pirelli e Montedison.
Il boiardo della Finmeccanica era intimo dell’ex ambasciatore sovietico a Roma, Nikita Rizov, tanto da ospitarlo spesso nella sia villa al Circeo. nel ’76, quando scoppiò lo scandalo Lockeed (corruzione di politici e funzionari pubblici per l’acquisto di aerei Hercules) Crociati, per evitare l’arresto, espatriò con un passaporto diplomatico che gli era stato dato anzitempo dal responsabile del servizio informazioni del Ministero dell’Interno, cugino di Enrico Berlinguer. Il Pci aveva appoggiato la proposta di crociati di costruzione di un nuovo aereo, progetto poi rivelatosi irrealizzabile, presentato solo per spillare un finanziamento. Le “tangenti” della Finmeccanica ai partiti transitavano per la Banca Unione di Sindona.
Che sorpresa riserverebbe, tra l’altro, un’investigazione dell’attività delle società d’intermediazione del Pci con i Paesi ex comunisti? La Chim-Metal, la Sorimprex (oro e pietre preziose), la Bastifal, l’Esteuropo, la Siteco e l’Italimpex (l’amministrazione di queste ultime quattro fupoi trasferita dal Pci alla Lega delle Cooperative), la Coceor che mediava gli affari con la Germania est, la Nord Express attraverso cui passavano le operazioni commerciali con la Polonia, la Novasider di Pietro lavoretti, le varie società amministrate da Cossutta, il cui patrimonio è stato oggetto di litigio dopo la scissione del Pci (i termini della suddivisione di finanze e di immobili sono ancora segreti), eccetera.
Questo arcipelago economico finanziario rientrerebbe nei limiti temporali degli «ultimi venti anni», indicati da Craxi per un’inchiesta parlamentare. La politica commerciale estera delPci è stata controllata negli anni Settanta da Berlinguer, da Tullio Vecchietti e dalla dirigenza della Lega Cooperative. Il sopraccitato Lavoretti era uno dei più quotati intermediari per le operazioni con l’Est. Partecipò nel ’75 all’incontro a Mosca tra Gianni Agnelli ed esponenti del governo libico, per l’accordo sulla partecipazione di un’azienda di Stato libica all’azionariato Fiat.
Sergio Segre, responsabile della politica estera del Pci, appoggiò presso Gheddafi l’offerta Fiat, e ne trasse per il suo partito doppi benefici finanziari. pagò certamente l’azienda torinese e il leader libico affidò ad una società del Pci la mediazione per forniture dall’Italia. dal commercio di carbone polacco all’immissione fraudolenta di carne dell’Est negli anni Settanta, alla “cresta” fatta addirittura ai crediti che lo Stato italiano concedeva all’Urss, alle “tangenti” Snam sul gas sovietico pagate fino a poco tempo fa, ai “ritagli” delle quote di corruzione del Centro-Nord, dove ha governato regioni ed enti locali, municipalizzate e consorzi vari, il Pci ha costruito una poderosa macchina capitalistica, che ha co-prodotto ed alimentato la corruzione. ha fatto ruota al sistema, facendo finta di combatterlo. Si è concimato con lo stesso letame.