di Marcello Veneziani
Dopo i populisti verranno i conservatori? I primi passano, i secondi tornano. Riecco la destra, le destre, tutti le citano meno i diretti interessati. Perché questo silenzio? Più di un lettore mi chiede perché non reagire ai giudizi sprezzanti di Augias, Serra & c. sulla destra, ridotta solo a odio e istinti.
A parte la noia di ripetere vecchie polemiche su vecchie carcasse, è inutile discutere i pregiudizi della setta a cui appartengono. Ma poi senza accorgersene, in versione negativa, riconoscono la destra più attinente alla vita reale e al corso naturale delle cose, meno ideologica e moralista della sinistra.
Se mai esistesse davvero quella cosa chiamata destra e se non fosse ridotta al contrario della sinistra, come potremmo definirla?
Ecco un breve corso accelerato di ripasso nel caso in cui la destra esista davvero, esista ancora o sia consapevole di esistere.
Per cominciare a definirla in modo semplice e chiaro, la destra è realista secondo natura, esperienza e tradizione. La sinistra, invece, è contro natura, realtà, esperienza e tradizione.
La destra migliore ama gli ideali ma sa distinguere tra il cielo e la terra. La sinistra sogna il mondo migliore e pretende il cielo in terra.
La destra ama la realtà o l’accetta, non pretende di rovesciarla. Ama la natura, le sue differenze, rispetta i suoi limiti e le sue imperfezioni. Si può modificare, mettere in forma e concepire il divenire come il passaggio dalla potenza all’atto. Ma non pretende di cambiare la natura umana, non vuole cancellare l’esperienza della vita e della storia, il rapporto con le generazioni passate e con quelle future, le eredità trasmesse di padre in figlio, il senso dell’eterno.
La destra ama piantare, radicare, proteggere. Infatti la sua paura è il nulla, il buio, il caos. È quello che gli antichi chiamavano horror vacui, l’orrore del vuoto. La sinistra, invece, è incline al cupio dissolvi, ossia vuol dissolvere legami, nature e strutture; vuole sciogliere i freni, ama chi muta status, terra, identità, vuole emancipare e sradicare, snaturare, spiantare.
La destra preferisce la libertà, la sinistra invece la liberazione. Ma la libertà per la destra ha senso insieme alla responsabilità, al limite, all’autorità e all’ordine con cui si spartisce i territori; non è assoluta o invasiva. La liberazione della sinistra invece detesta i limiti e i confini, respinge l’autorità, anche se poi per realizzare la sua utopia di un mondo migliore, di una società perfetta, di un’umanità corretta e raddrizzare le zampe ai cani, è costretta a ricorrere al potere e a istituire un regime di sorveglianza e di censura.
La sinistra lotta per promuovere ed estendere i diritti, anzi reclama il diritto di avere diritti, e spinge i diritti fino a confonderli con i desideri. Io sono ciò che voglio essere, faccio quel che mi va di fare.
La destra, invece, non separa mai i diritti dai doveri, e reputa che nessuna società e nessuna persona possa vivere a lungo senza confini e frontiere. La sinistra di un tempo diceva “prima gli ultimi”, oggi dice “prima i diversi”. E se deve amare gli ultimi dà la precedenza a quelli che sono più remoti. La destra, invece, dice “prima i migliori” e “i più vicini”, ossia i famigliari, i concittadini, i compatrioti, i più bisognosi tra noi.
La carità e la solidarietà per la sinistra parte dai più lontani, dagli stranieri e dai diversi; per la destra, invece, la carità e la solidarietà parte dai più prossimi, dai più vicini ed affini. La destra ama il nostrano, la sinistra preferisce l’estraneo.
La destra oscilla in negativo verso l’egoismo e in positivo verso la comunità. Certo, ci sono destre e destre, e ci sono sinistre e sinistre. Ci sono per esempio destre liberali e libertarie ma anche sinistre liberal e libertarie. E c’è una destra sociale, nazionale, tradizionale e popolare, oltre che cattolica.
Di solito, la destra è radicata e la sinistra è radicale, anzi radical. La destra è conservatrice d’indole, la sinistra è progressista d’ideologia. La destra reputa un valore la nazione, la sovranità e la decisione; la sinistra invece reputa un valore lo sconfinamento, il globalismo e la discussione.
La destra elitaria si traduce in gerarchia e aristocrazia, la sinistra elitaria invece diventa setta, cupola di potere e oligarchia. Se è pop la destra è populista, la sinistra pop invece è comunista e pauperista. La destra a volte fa politica sulla paura dell’ignoto, la sinistra invece fa politica sulla paura del passato tornante.
La destra ha il senso religioso del destino e per sfondo l’ordine naturale; la sinistra opta per il caso, l’autodeterminazione, e per sfondo il caos. La destra concepisce la religione come rito, fedeltà e sacro; la sinistra o la rifiuta o la concepisce come soccorso umanitario, accoglienza e riscatto.
La destra crede ai simboli, la sinistra ai messaggi. La destra ama il Mito, la sinistra l’Utopia. Le categorie politiche della destra sono amico e nemico, le categorie moralistiche della sinistra sono il Bene e il Male.
Chi non è con la sinistra è con il Male e non va combattuto ma va criminalizzato e annientato.
Esistono davvero in natura e nella storia la destra e la sinistra? Ed esistono in giro soggetti, movimenti, partiti con quelle caratteristiche nette? Sono archetipi platonici, due categorie ideali. E ci sono più cose in cielo e in terra della destra e della sinistra. Però ci sono persone e movimenti che si avvicinano più a questo modello o altri più a quello. E non mancano figure intermedie, eretiche o trasversali.
La destra esiste nella testa, nei cuori e nella pancia della gente, anche di chi non si reputa tale. È un sentire comune che stenta a diventare un pensiero comune.
È il suo pregio e il suo limite.