AsiaNews 3 Giugno 2005
Il cristiano indiano scarcerato l’anno scorso dopo una vasta campagna mediatica, chiede a stampa e organizzazioni internazionali per i diritti umani di salvare gli 8 cristiani arrestati a Riyadh.
di Nirmala Carvalho
“Queste persone hanno bisogno di tutto il nostro supporto, so bene cosa significa la detenzione in Arabia Saudita”. “Il ricordo della mia condanna e della mia prigionia (nel carcere Al Hair a Riyadh, ndr) – aggiunge – è ancora molto vivo; prego che tutti gli 8, tra cui so che ci sono alcuni indiani, si salvino dalle torture della Muttawa e vengano presto liberati”. Originario del Karnataka – sudest dell’India – O’Connor viene rapito dalla Muttawa il 25 marzo 2004, davanti alla sua abitazione a Riyadh.
Dopo averlo torturato per 24 ore in una moschea, la polizia gli ordina di firmare una dichiarazione in cui ammetteva di vendere liquori. Il cristiano rifiuta ripetutamente di firmare; la Muttawa cerca anche di convertirlo all’islam. La sua casa viene perquisita e bibbie, cd e video cristiani confiscati. Il giorno successivo all’arresto, il 26 marzo, è portato alla stazione di polizia di Olaya e in seguito trasferito alla Al Hair dove è rimasto fino alla liberazione.
“La Muttawa non si fermerà – spiega O’Connor – i suoi membri sono gente brutale e crudele: sebbene i regnanti sauditi hanno permesso di praticare in privato fedi diverse dall’islam, la polizia religiosa non fa distinzione”. Il 15 settembre O’Connor è formalmente accusato di 4 reati: vendita di liquori, droga, evangelizzazione e possesso di materiale pornografico. Il 20 ottobre è giudicato colpevole solo di “vendita di liquori” con la pena di 300 frustate e 10 mesi di prigione.
O’Connor, cristiano protestante, si è sempre detto innocente e ha solo ammesso di organizzare incontri di studio e preghiera sulla Bibbia in modo privato, come permesso dalla stato. O’Connor spiega che “i cristiani sono facile bersaglio della Muttawa, la quale ne controlla raduni e attività di ogni genere compiendo arresti senza prove e basati solo su sospetti vaghi”.
Il cristiano sottolinea la necessità che ora, a favore degli 8 detenuti, intervengano media e organizzazioni internazionali. Nel suo caso, infatti, la vasta campagna mediatica lanciata da AsiaNews e sostenuta da organizzazioni internazionali ha portato ad un’inaspettata scarcerazione il primo novembre scorso. Secondo O’Connor “senza il concreto impegno di influenti organizzazioni cristiane come Christian Solidarity Worldwide e l’All India Christian Council contro la persecuzione religiosa in Arabia Saudita i cristiani continueranno ad essere arrestati”.
“Io stesso – dice – non sarei libero senza l’intervento di AsiaNews e di chi ha aderito alla campagna”. L’ex detenuto invita anche le organizzazioni per i diritti umani a pronunciarsi contro “quest’ultimo caso di seria violazione dei diritti dell’uomo”. Brian O’Connor vive a Hubli, cittadina nel Karnataka.
Ora insegna e prega in diverse chiese in zone rurali e città. La sua salute, provata dalla prigionia, continua migliorare e chi lo conosce afferma stia meglio di quando era andato per lavoro in Arabia. “Ora la mia missione è diffondere la parola di Dio – racconta – condivido la tragica esperienza del carcere con le persone che incontro per pregare e per molti è stimolo a cambiare le loro vite”.