Il Borghese anno XVII n. 4, aprile 2017
Bergoglio e la riforma capitalista
di Giuseppe Brienza
Incontrando il 4 febbraio in Vaticano i partecipanti all’incontro “Economia di comunione”, il movimento nato all’interno dell’esperienza dei Focolari di Chiara Lubich, Papa Francesco ha colto di nuovo l’occasione per parlare dei mali del capitalismo. Senza suggerirne un suo superamento – del resto la Dottrina sociale della Chiesa pone solo dei principi generali cui ogni sistema economico è tenuto ad attenersi –, il Pontefice ne ha però denunciato con forza le disfunzioni proponendo un riformismo radicale. «Quando il capitalismo fa della ricerca del profitto l’unico suo scopo – ha ripetuto il Santo Padre –, rischia di diventare una struttura idolatrica, una forma di culto. Non a caso la prima azione pubblica di Gesù, nel Vangelo di Giovanni, è la cacciata dei mercanti dal tempio».
I mercanti di oggi, secondo il Papa, sono addirittura più astuti e cinici di quelli al tempo di Nostro Signore, perché «il capitalismo continua a produrre gli scarti che poi vorrebbe curare, il principale problema etico di questo capitalismo è la creazione di scarti per poi cercare di nasconderli o curarli per non farli più vedere».
Ha ricordato quindi il Pontefice: «Gli aerei inquinano l’atmosfera, ma con una piccola parte dei soldi del biglietto pianteranno alberi, per compensare parte del danno creato. Le società dell’azzardo finanziano campagne per curare i giocatori patologici che esse creano. E il giorno in cui le imprese di armi finanzieranno ospedali per curare i bambini mutilati dalle loro bombe, il sistema avrà raggiunto il suo culmine. Questa è l’ipocrisia!».
Non basta infatti, ha avvertito Papa Francesco, «curare le vittime», ma è necessario e doveroso cercare di «costruire un sistema dove le vittime siano sempre di meno, dove possibilmente esse non ci siano più». Come? Puntando a «cambiare le regole del gioco del sistema economico-sociale», perché «imitare il buon samaritano del Vangelo non è sufficiente». Certo, ha aggiunto il Santo Padre, «quando l’imprenditore o una qualsiasi persona si imbatte in una vittima, è chiamato a prendersene cura, e magari, come il buon samaritano, associare anche il mercato (l’albergatore) alla sua azione», ma «occorre agire soprattutto prima che l’uomo si imbatta nei briganti, combattendo le strutture di peccato che producono briganti e vittime».
Ma l’attuale sistema capitalistico è riformabile? Secondo i superstiti neo-comunisti de il manifesto, «qualche dubbio pare averlo lo stesso Francesco» (Luca Kocci, Il papa: «Cambiare sistema», non basta il «buon samaritano», in il manifesto, 5 febbraio 2017, p. 4). In realtà il Pontefice non ha fatto che prendere atto della deriva anti-umana del capitalismo nell’era della “globalizzazione dell’indifferenza” che, ha detto, «conosce la filantropia, non la comunione. È semplice donare una parte dei profitti, senza abbracciare e toccare le persone che ricevono quelle “briciole”».
Rivolgendosi alla fine del suo discorso ai singoli credenti nonché a tutte le persone che conservano ancora un principio di solidarietà nella loro azione quotidiana, Bergoglio ha presentato il modo migliore e più concreto per detronizzare il dio-denaro: «condividerlo con altri, soprattutto con i poveri, o per far studiare e lavorare i giovani, vincendo la tentazione idolatrica».
Pochi giorni dopo l’udienza a “Economia di comunione” il Santo Padre è del resto ritornato sugli stessi temi inviando un incisivo messaggio ai partecipanti all’incontro dei movimenti popolari tenutosi dal 16 al 19 febbraio a Modesto, in California. A questo convegno, il primo organizzato a livello regionale negli Stati Uniti, il Papa non ha mancato di denunciare la crisi dell’attuale «sistema che causa enormi sofferenze alla famiglia umana, attaccando al tempo stesso la dignità delle persone e la nostra casa comune, per sostenere la tirannia invisibile del denaro, che garantisce solo i privilegi di pochi» (cit. in Fabrizio Contessa, Santuari per gli immigrati, L’Osservatore Romano, 22 febbraio 2017, p. 6).
Molti osservatori europei, soprattutto non cattolici, traggono da tempo spunto da questi e altri interventi e appelli di Papa Francesco per annetterlo nella variegata categoria degli “anti-capitalisti”. La parola “capitalismo”, però, come Bergoglio è ben consapevole, non ha lo stesso significato negli Stati Uniti e in America latina rispetto all’Europa. Nel continente americano, infatti, con questa dizione s’intende essenzialmente il migliore strumento per assicurare la libertà di impresa, come ha insegnato fra gli altri il grande economista e teologo americano Michael Novak (1933-2017).
Quest’ultimo, già in profonda assonanza con Giovanni Paolo II, è entrato fin dall’inizio del pontificato bergogliano «in un dialogo simpatetico con il magistero di Papa Francesco che proprio questa crisi dell’occidente denuncia con inesausta energia» (cit. in Rocco Buttiglione, Tra la libertà e l’America, L’Osservatore Romano, 19 febbraio 2017, p. 4). Lo studioso conservatore, recentemente scomparso, ebbe a spiegare proprio nel clou della sua notorietà, raggiunta con l’opera magistrale The Catholic Ethic and the Spirit of Capitalism (1993), che la centralità dell’uomo e il suo spirito di iniziativa sono principi valorizzabili solo in un sistema di libertà economica e d’economia di mercato.
Che è il capitalismo monopolista e delle multinazionali a conculcare, come dimostrano ad esempio le recenti opposizioni alla presidente Trump, e in particolare alla sua decisione di chiudere i confini nazionali per rendere maggiormente controllabili i flussi migratori, provenienti dai vari Tim Cook di Apple, Mark Zuckerberg di Facebook e via continuando. La campagna internazionale intrapresa contro la nuova presidenza repubblicana, da parte del grande Capitale, è attualmente intensa e unanime. Ma non è una sorpresa che il capitalismo dei manager della West Coast post-hippie e relativista sia per sua natura lontana dal nuovo presidente.
Come ha affermato anche l’inventore dell’Economia di Comunione il prof. Luigino Bruni, oggi «c’è un gran bisogno di nuovi imprenditori, domanda a cui oggi si risponde coi manager che invece non sono veri innovatori e solutori di problemi: l’Economia di Comunione ne fa crescere proprio con la condivisione di saperi ed esperienze». L’economista ha anche spiegato come Papa Francesco, «che giustamente dice no all’economia che uccide e inquina», ci raccomanda anche, dal punto di vista economico, a proporre «qualche sì, perché se è impossibile un mondo migliore senza economia, può esserlo con un’economia diversa» (cit. in Federico Cenci, in Economia di Comunione, “perfetta sintonia con il messaggio del Papa”, in Zenit, 2 febbraio 2017).