di Sandra Cardi
Il governo ci aveva già provato con il dl omnibus alla camera a sbianchettare la Bossi-Fini. Ma gli emendamenti in questione erano stati giudicati inammissibili. Ora le norme che modificano la legge sull’immigrazione rispuntano nel decreto legge sulle società municipalizzate, approvato ieri dal consiglio dei ministri.
Primo. Sparirà il permesso di soggiorno per periodi inferiori ai tre mesi. Secondo, non ci sarà bisogno, prima di entrare in Italia, di un datore di lavoro che offra un contratto e magari la propria ospitalità. Con queste due mosse il governo apre le porte agli immigrati. Le novità in materia sono contenute in un decreto legge omnibus, in discussione alla commissione finanze di Montecitorio che il governo ha provveduto a infarcire ulteriormente con una serie di proposte di modifica.
Dunque, l’annunciata cancellazione delle norme varate dal centro-destra che regolano i flussi degli stranieri in Italia sta per essere portata a termine, anche se con un provvedimento che nulla ha a che vedere con la regolazione dell’immigrazione. I cittadini extra-comunitari non avranno più bisogno del permesso di soggiorno per periodi inferiori ai tre mesi, ma dovranno dare semplicemente notizia del loro ingresso agli uffici di frontiera oppure entro otto giorni in questura. Inoltre, verrà abrogato l’obbligo per l’ospitante e il datore di lavoro di comunicare alla questura l’ospitalità o l’assunzione. Più facile l’ingresso in Italia anche per i lavoratori europei
Il visto d’ingresso verrà consegnato dietro semplice comunicazione del datore di lavoro. A segnare la svolta, l’articolo 5 del decreto sulle municipalizzate. Si tiene conto dei rilievi, si legge nella relazione tecnica, ´mossi dalla commissione europea che ha sollevato due procedure d’infrazione’, è la motivazione dell’intervento urgente. La proposta avanzata dal governo ha naturalmente suscitato un vivace dibattito provocando reazioni soprattutto nella Cdl. La Lega grida allo ´stravolgimento della Bossi-Fini’. Alleanza Nazionale accusa il governo di ´utilizzare ogni strumento possibile, tranne quello legittimo, per cancellare la Bossi-Fini’.
Per il governo ha risposto il sottosegretario Paolo Cento: ´non è un modo surrettizio per aggirare la Bossi-Fini ma solo il rispetto di un obbligo che abbiamo nei confronti del sistema Schengen´. Che la materia sia delicata, lo ha detto solo pochi giorni fa anche la Consulta. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 22/2007 ha confermato la linea dura della legge Bossi Fini, ma al tempo stesso invitato il legislatore a eliminare al più presto gli squilibri, le sproporzioni e le disarmonie della normativa.
A sollevare la questione erano stati i Tribunali di Genova, Bologna, Ancona, Gorizia, Trieste, Milano, Trani e Verona nella parte in cui la norma prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni per lo straniero che senza giustificato motivo si trattiene nel territorio italiano in violazione dell’ordine di espulsione del questore.Inoltre, il Tribunale di Torino, dubitava anche della legittimità della norma nella parte in cui prevede l’arresto obbligatorio dello straniero che si trattiene nel territorio dello stato malgrado l’ordine di espulsione emesso nei suoi confronti dal questore.
La Consulta nel dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale, e dunque confermando la legittimità dei minimi e dei massimi edittali della pena, ha spiegato che potrebbero trovarsi sullo stesso piano lo straniero che si rende responsabile per la prima volta del reato di indebito trattenimento nel territorio nazionale e lo straniero che, dopo essere stato effettivamente estromesso a seguito di uno o più provvedimenti di espulsione, si attiva per reiterare una violazione delle vigenti disposizioni in materia, vanificando gli effetti dell’attività giudiziale ed amministrativa culminata con il suo allontanamento.