da La Nuova Bussola quotidiana 28 febbraio 2019
Combattere l’Isis, ma senza armi; Lotta all’immigrazione incontrollata, però non chiudere i porti; Giusto differenziare i sessi, purché non si attribuiscano ruoli specifici; Sfera Ebbasta? Dannoso, ma niente censura. Il buonismo va in pensione e lascia il posto al Capracavolismo, sua degenerazione eretica. Nel tentativo goffo di salvare buoni sentimenti e realismo per raccogliere consensi ovunque, fra razionali ed emotivi, fra destra e sinistra, fra tradizionalisti e modernisti.
di Andrea Cionci
Il buonismo è come quella biacca di piombo che le matrone romane usavano spalmarsi sul viso a mo’ di cosmetico: donava una bella faccia candida e liscia, ma allo stesso tempo avvelenava irrimediabilmente il loro organismo.
Non stupisce, quindi, che l’ultima epigona delle eresie cristiane sembri essere definitivamente in via d’estinzione; sopravvive, ormai, solo in piccole oasi protette fra centri sociali e conventicole cattocomuniste. I tempi che corrono non consentono più il comportarsi come bambini viziati, spilluzzicando dal pane della fede la morbida mollica della bontà e della misericordia, lasciando da parte la crosta croccante della verità e giustizia.
La realtà e le evidenze sono, infatti, diventate così pressanti e le purghe elettorali talmente dolorose che il caro vecchio Buonismo, con la sua commovente suicidiarietà, il suo roseo e svenevole irenismo, sta mutando in una forma virale più resistente, ma molto meno simpatica: Il Capracavolismo.
La mission impossible del Capracavolismo è quella di salvare i buoni sentimenti e il realismo, le illusioni e l’apertura ai veri problemi, concedendo, di contro, una nuova gratificazione narcisistica: quella della “persona colta ed evoluta” che, pur esaminando le contingenze più preoccupanti, riesce ugualmente a conservare tutto l’aplomb da anima bella.
Il problema è che salvare capra e cavoli, come nel vecchio indovinello, è del tutto impossibile: le polarità si elidono a vicenda sul piano della realtà. Un esempio emblematico? Un paio di anni fa, mentre il Califfato avanzava ovunque tagliando teste e bruciando vivi i prigionieri, Papa Francesco dichiarò che l’Isis andava fermato, “ma non con le bombe”.
Quella fu forse una delle prime avvisaglie del nuovo atteggiamento. Poi vennero quelli che sostenevano che bisognava pur bloccare il traffico di esseri umani e l’immigrazione incontrollata (perché non possiamo accogliere tutti), “ma senza chiudere i porti e senza blocco navale”.
E’ forse nel mondo femminista che il Capracavolismo raggiunge vette di nonsense teorico: “Giusto riconoscere le differenze fra i sessi, ma senza attribuire ruoli specifici agli uomini o alle donne”. Praticamente riconoscere la diversità in base al sesso, ma senza diversità in base al sesso.
Dopo la tragedia della discoteca di Corinaldo, in molti, soprattutto di area liberale, hanno sostenuto che il modello educativo proposto da pseudocantanti come Sfera Ebbasta sia dannoso, “ma non si può invocare la censura”. Come fare dunque?
Il grosso scoglio per il Capracavolismo è sempre, infatti, passare al momento applicativo: come cucinare la frittata senza uova e il risotto senza riso?
Nei rari casi in cui si riesce a giungere a una soluzione pratica, il risultato è invariabilmente un aborto grottesco, come quando, dopo lungo dibattito sulla necessità di modificare la legge sulla legittima difesa – vista la quantità di cittadini rapinati e torturati nelle loro case – il Pd giunse a consentire al cittadino di sparare per difendersi, “ma solo di notte e non di giorno”.
Un’altra deliziosa chicca fu la campagna della Lorenzin, allora Ministro della Salute, per l’incremento delle nascite: l’occhio alla realtà imponeva di realizzare una campagna del genere (considerate le statistiche demografiche italiane da era post-atomica), ma senza passare per gli emuli dell’Opera Nazionale Maternità e Infanzia di mussoliniana memoria. Non si poteva adottare uno slogan come “Fate nuovi italiani” dal sapore fascistoide, né “Fate sesso”, come pressappoco avvenuto in Danimarca (troppo pruriginoso), né si poteva dire qualcosa come “W la Famiglia” perché avrebbe fatto infuriare i gay. Si giunse, così, al tragicomico “Fertility Day” che ricordava angosciosamente a milioni di povere zitelle precarie che il loro orologio biologico stava scandendo i suoi rintocchi.
Abbiamo poi visto un “Capracavolismo patriottico” in grande spolvero quando il presidente della Camera, Fico, ha voluto accogliere la richiesta del suo vice Rampelli, per ritagliare a Montecitorio, il 20 novembre 2018, una piccola celebrazione della vittoria italiana nella Grande Guerra. Dopotutto, forse 600.000 caduti meritavano anche un piccolo “grazie”. La cerimonia si è rivelata, invece, una spataffiata antimilitarista con lo storico Alessandro Barbero che ha dedicato l’80% del suo intervento alla sconfitta di Caporetto, seguito da altri interventi di illustri sconosciuti su Matteotti e il brigatismo nero. Il tutto, mentre quelli di FdI lasciavano l’aula, paonazzi in volto.
Anche qui, un risultato ridicolo e offensivo dovuto, stavolta, al tentativo di celebrare la vittoria italiana del ’15-’18, a condizione che fosse “una manifestazione antifascista”.
Non per nulla, il Capracavolismo alligna soprattutto in quell’area politica compresa fra il blocco 5 stelle e il Pd più “centrista” (ma non sono immuni le frange più “petalose” di Forza Italia). Non è un caso che la recente vicenda della consultazione online sul processo a Salvini si sia rivelata una farsa e abbia costituito, a detta di tutti i commentatori, un vero salasso di voti per il movimento di Di Maio.
Ma è proprio in questi giorni che il Capracavolismo sta dando il meglio di sé, in ambito ecclesiastico, sulla questione omosessualità nella Chiesa: si spreta il cardinale predatore omosessuale McCarrick (il cui stemma recava come motto “Come Lord Jesus”), ma si nomina addirittura Camerlengo il suo ex-convivente, cardinale Kevin Farrel, in modo da non scontentare la lobby gay. Si organizza il vertice sugli abusi dei preti, ma poi si dichiara che tali episodi “si devono allo scarso livello di istruzione e non all’orientamento sessuale degli abusatori”. Insomma, cose così.
Il Buonismo aveva almeno la mezza freschezza di un’eterna adolescenza, una certa commovente emotività allo stato brado dal sapore hippie, possedeva il fascino dell’inconsapevolezza assurta a puro idealismo.
Il Capracavolismo no. E’ un suo sottoprodotto, viene dalla viltà e dalla malafede. Come le migliori eresie, costituisce una parodia della teologia. In questo caso quella dell’Et-et, con l’enorme differenza che, mentre questa evidenzia una sintetica complementarietà fra i concetti, il Capracavolismo è solo un goffo tentativo di raccogliere consensi ovunque, fra razionali ed emotivi, fra destra e sinistra, fra tradizionalisti e modernisti, millantando un’impossibile quadra fra principi antitetici.