Il grande regista polacco ha ricostruito la strage stalinista. Wajda: «Triste che il mio film in Italia sia sparito. Ancora più grave che Putin rinneghi le colpe russe»
di Valerio Cappelli
Adesso parla lui, Andrzej Wajda, il grande vecchio del cinema polacco. È da giorni che si parla del suo film, Katyn, sul crimine rimosso e mai raccontato, l’eccidio di 4500 ufficiali e civili polacchi voluto da Stalin e negato, spedendo la responsabilità al mittente nazista. Solo nel 1990 Gorbaciov ha ammesso la responsabilità: per una volta, Hitler non c’entrava nulla.
Il quotidiano cattolico Avvenire ha denunciato il caso domenica con un editoriale: «Solo pochi fortunati sono riusciti a vedere il film». Le copie ci sono, ma restano in magazzino. Ne circolano 10 in tutta Italia, ne sono disponibili 40. Il presidente dei deputati del Pdl Fabrizio Cicchitto ha parlato di «scandalo» e pensa a una proiezione straordinaria «per aprire un dibattito».
Il distributore italiano Mario Mazzarotto al Corriere ha parlato di due boicottaggi: «commerciale e storico-culturale». «Avevo già faticato per riuscire a portare il film…». Ora aggiunge che c’è la fila nei pochi cinema che lo ospitano. Torna all’idea della miopia di un mercato strozzato: «Lo si ritiene scomodo, gli esercenti pensano che non sia appetibile come un cinepanettone.
Ma, a parte il suo contenuto, è anche spettacolare, in Polonia è stato visto da 3 milioni e 600 mila spettatori». Wajda, classe 1926, accetta di parlare da Varsavia per la prima volta del suo ultimo lavoro divenuto un caso internazionale. Non è sorpreso.
Perché il suo film stenta ad affermarsi?
«La prima colpa è la mancanza di una competenza professionale nella distribuzione cinematografica da parte del proprietario dei diritti mondiali della pellicola, e cioè la televisione pubblica polacca TVP, che ha venduto il film senza nessuna conoscenza del mercato. Ci sono poi tutte quelle azioni intraprese per rendere più difficile la distribuzione per il soggetto scomodo, e anche qui la tv polacca non è senza colpe. Infine sugli schermi italiani i film stranieri vengono doppiati, la versione con i sottotitoli toglie al mio film la possibilità di una distribuzione più vasta perché non ci sono i mezzi finanziari adeguati.
Forse non è il motivo più importante, ma è sufficiente perché Katyn non appaia sugli schermi italiani. Voglio ringraziare il Corriere, l’articolo di lunedì scorso sul boicottaggio in Italia ha avuto ampia eco sui giornali polacchi, siamo molto sensibili alla parola “censura”. In Russia c’è stato un boicottaggio più grave: politico. Il film viene comprato da chi in realtà ha interesse a farlo sparire, sia in Russia che negli Usa. Nel contratto hanno scritto che si poteva fallire per ragioni politiche. Dopo l’ammissione di Gorbaciov, non è un mistero che Putin stia ritrattando il crimine di Stalin, tuttora venerato, al primo posto tra gli eroi nazionali».
Tra gli ufficiali trucidati con un colpo alla nuca nel bosco della Bielorussia c’era anche suo padre…
«Sì, Jacob Wajda, capitano del 72˚reggimento fanteria. Sono stato a Mosca, il procuratore generale mi ha risposto che non esiste una sola carta. In Polonia c’è stato un risveglio di orgoglio nazionale per questa ferita che rimane aperta. Nei tribunali di Mosca stagnano molte cause dei discendenti delle vittime che cercano delle risposte. Mosca o non risponde o dice che non esistono prove. Al centro del mio film non ci sono gli ufficiali assassinati ma le donne che hanno aspettato il loro ritorno: ogni giorno, ogni ora».
L’Occidente come si è comportato?
«Non aveva interesse a irritare Mosca, non era interessato a smascherare il crimine di Katyn per non alterare gli equilibri internazionali. Non c’è stata possibilità di realizzare questo film fino al 1989, con la caduta del Muro di Berlino. Ma non voglio che quegli ufficiali muoiano per la seconda volta. Nella capitale russa hanno fatto sparire perfino le copie pirata su dvd. Ho capito l’importanza del mio film nell’unica proiezione a Mosca, 1000 cittadini russi invitati all’ambasciata polacca. Alla fine, dopo un lungo silenzio, si sono alzati in piedi e hanno applaudito. Per favore lo scriva, fatelo sapere in Italia. Questo film non è uno strumento politico ma un obbligo morale verso i miei genitori».
Ma si può boicottare la Storia?