Il Timone n.153 maggio 2016
Contenuti fuorvianti, formulazioni poco chiare, disegni banali. I sussidi per i bambini editi dalla CEI negli anni ’80 sono alla radice del disastro. Eppure nessuno vuole rimetterci mano
di Luisella Scrosati
Dall’indagine su giovani e fede in Italia emerge un quadro fallimentare. E quando dei giovani battezzati, che hanno frequentato almeno quattro anni di catechismo si esprimono con espressioni del tipo “sono cristiano ma non praticante”, allora bisogna avere il coraggio di dire che la catechesi non ha funzionato. Ho dovuto maturare sul campo, dopo vent’anni di catechismo insegnato a persone dalla scuola materna, fino agli adulti, la convinzione che parte di questo insuccesso risieda anche negli strumenti della catechesi.
Ho provato ad utilizzare i Catechismi “per i fanciulli” della CEI, ma dopo un po’ ho gettato la spugna. E quando confessavo ad altri catechisti che non riuscivo ad utilizzarli, trovavo quasi sempre consensi, accompagnati però da una sorta di timore reverenziale: i catechisti non volevano che il parroco sapesse e i parroci non volevano che il Vescovo sapesse, etc.
Ma perché questi catechismi sembrano non funzionare (mi soffermo su Io sono con voi e Venite con me)? A questa domanda provo a dare alcune risposte, almeno per stimolare una riflessione.
Parole, parole, parole…
Ho provato più volte a chiedere ai bambini cosa avessero capito di pagine del catechismo assegnate (in genere, detesto far leggere il catechismo in classe: l’ho fatto solo in situazioni di afonia…): il risultato era sempre deprimente. Ed anche rileggendo con loro non c’erano miglioramenti significativi. Anche la sezione “per ricordare, pregare e vivere”, che dovrebbe in teoria aiutare a memorizzare e cogliere la chiave per accedere al cuore del discorso, non aiutava nessuno. Domande spesso inutili e non essenziali e risposte tutt’altro che chiare…
I catechismi della CEI sono certamente molto verbosi: i bambini si perdono, non riescono ad afferrare cosa ci sia di importante da conoscere in quello che spesso si rivela come un bla bla incessante. Le bellissime “liste” da imparare a memoria: le virtù teologali, cardinali, i sette sacramenti, i vizi capitali… ? Non pervenute.
Oscar Wilde scriveva che «la memoria è il diario che ciascuno porta sempre con sé». Se però nella memoria non si imprime nulla se non qualche pensierino tra il vago e il banale – del tipo: con il Battesimo diveniamo amici di Gesù – allora non ci dobbiamo sorprendere che dei ventenni parlino di Dio solo come di un Qualcuno o qualcosa che probabilmente da qualche parte ci dev’essere…
Nel cuore del dramma
I catechismi della CEI difettano di organicità e di drammaticità: portano “a spasso” il bambino per anni, raccontandogli la vita di Gesù e dicendo che Gesù ci vuole bene, ma non si capisce dove vada a parare… Non voglio banalizzare il discorso, ma posso attestare che se al posto di quella di Gesù, si racconta loro la storia di un uomo che si è sacrificato per salvare una bambina ebrea, i bambini restano più attratti da quest’ultima. L’ho sperimentato.
Col tempo ho compreso che i piccoli sono attratti da ciò che è “drammatico”, perché intuiscono che è qualcosa di serio che può riguardarli e li tocca di vicino. Ecco, un buon catechismo dovrebbe mettere il bambino nel cuore del dramma, facendogli percepire che è pienamente dentro questa storia e che l’happy end non è affatto scontato. Ed in questo dramma mostrargli il punto di partenza, quello di arrivo, la strada da percorrere, i rischi e i pericoli che si possono incontrare… La drammaticità esige un’organicità. Non è possibile, per esempio, che il discorso sui novissimi venga liquidato in tre-quattro paginette alla fine di ciascun volume, non dicendo quasi nulla sull’Inferno, il Purgatorio ed il Giudizio, e concentrandosi esclusivamente sul Paradiso visto, appunto, come una specie di happy end scontato. Perché allora prendere la fede molto sul serio?
Manca il “vocabolario” cristiano
Il catechismo deve introdurre il bambino nella vita della Chiesa che ha un linguaggio, simboli, delle tradizioni, e feste propri. I catechismi della CEI utilizzano di rado il “vocabolario” cristiano. Grazia, peccato mortale e veniale, adorazione, contrizione, transustanziazione: termini desaparecidos. Ho sempre visto uno stupore, frammisto ad orrore, quando dicevo ad altri catechisti che insegnavo il termine transustanziazione ai bambini.
Le obiezioni erano le solite: troppo difficile, non riescono nemmeno a pronunciarlo… In realtà se c’è un termine che azzeccano sempre è proprio questo. I bambini amano le sfide: se si sta solo al loro livello, dopo poco si annoiano; se invece si stimolano con cose un po’ più complicate, difficili, allora danno il meglio di sé. Provare per credere. Se i termini che maggiormente si incontrano sono “camminare insieme”, “pace”, “volere bene”, “essere buoni”, non si può che preparare cristiani pronti a liquefarsi nel mondo, cristiani senza identità e a disagio nella Chiesa, della quale non hanno mai imparato la lingua.
Cos’è la Messa?
Sezione liturgia e i sacramenti: incipit tragoedia parvulomm… Il cap. 8 di Io sono con voi si intitola significativamente “Andiamo alla cena del Signore”: dopo aver riconosciuto che non siamo buoni come Gesù vuole e dopo aver ascoltato la sua parola, lo ringraziamo per il frutto della terra e il lavoro dell’uomo (questo sarebbe l’Offertorio) e poi celebriamo la cena; infatti «sulla nostra tavola c’è pane e vino. C’erano anche sulla tavola di Gesù quando celebrò con gli apostoli l’ultima cena» (p. 132).
Grande spazio viene, invece, dato allo scambio della pace, che sembra essere diventato un gesto centrale ed insostituibile, e poi «il sacerdote invita tutti alla cena di Gesù» (p. 135), con tanto di disegni di persone che vanno a fare la Comunione, rigorosamente sulla mano, mentre il coro canta e strimpella la chitarra. Occorre chiedersi come mai i giovani battezzati si definiscano in gran parte cristiani non praticanti? La Messa non è più questione di vita e di morte, non è un evento tragico e mirabile: e allora perché andarci?
L’ideale sarebbe rimettere mano a questi sussidi, sperando di…non cadere dalla padella alla brace.