di Mons. Giuseppe Casale
1. Massoneria e nuove religioni
La massoneria – o le massonerie – e le nuove religioni sono realtà qualitativamente diverse. Le massonerie non sono nuovi movimenti religiosi o nuove religioni secondo le diverse accezioni che gli specialisti danno a questi termini, anche se forse si deve fare un discorso a parte per le “massonerie di frangia” di ispirazione occultista – che non vanno peraltro confuse con le obbedienze maggioritarie – che potrebbero essere rubricate tra i “nuovi movimenti magici”. Questo non significa che le massonerie maggioritarie non abbiano alcuna relazione con la religione, e in particolare con la nuova religiosità. L’esperienza che propongono si rivolge comunque alla dimensione spirituale e morale dell’uomo.
La cultura e lo stile di pensiero massonico, particolarmente negli Stati Uniti del secolo scorso, sono entrati a far parte della religiosità diffusa, quell’insieme di temi, idee, valori, simboli a cui hanno attinto anche i fondatori di nuove religioni per costruire le loro sintesi originali. In questo senso – lo provano i casi dei mormoni e dei testimoni di Geova – esiste, e non avrebbe potuto essere diversamente, un rapporto fra massoneria e nuove religioni americane nate nell’Ottocento, anche se questo rapporto non deve essere esagerato e ha presentato, accanto a momenti di incontro, anche momenti di conflitto.
2. Chiesa e nuove religioni
Il rapporto fra Chiesa cattolica e nuove religioni non costituisce il tema specifico di questo volume. Il CESNUR lo ha affrontato a più riprese, e io ho cercato di darne una sintesi nella mia lettera pastorale del 6 marzo 1993 Nuova religiosità e nuova evangelizzazione. L’itinerario che il magistero cattolico propone a proposito dei rapporti con le nuove religioni è valido tuttavia, in una certa misura, anche per i rapporti con le massonerie. Possiamo riassumerlo (secondo lo schema seguito anche dalla nota pastorale L’impegno pastorale della Chiesa di fronte ai nuovi movimenti religiosi e alle sette del Segretariato per l’ecumenismo e il dialogo della Conferenza Episcopale Italiana, del 30 maggio 1993) in quattro tappe:
a) la conoscenza: non è possibile giudicare quello che non si conosce; si tratta di temi delicati, in continuo mutamento ed evoluzione, su cui le informazioni non sono sempre precise e per cui è necessario uno sforzo di studio e di ricerca condotto con professionalità;
b) il discernimento: come insegna l’enciclica Veritatis splendor non possiamo accettare di chiamare bene il male – possiamo e dobbiamo discernere gli aspetti positivi e quelli negativi sulla base di criteri oggettivi, con amore per la verità e rifiutando ogni relativismo;
c) la denuncia di quanto nella nostra opera di discernimento è emerso come male, denuncia che per i pastori della Chiesa cattolica è un compito profetico da assumere con coraggio;
d) il dialogo, opzione preferenziale della Chiesa tutte le volte in cui è possibile, fondato sulla consapevolezza che anche movimenti inficiati da gravi errori partono talora da esigenze genuine di spiritualità, e che comunque ogni essere umano – per quanto radicate siano le sue deviazioni e i suoi pregiudizi – è una creatura amata da Dio e redenta da Gesù Cristo, con cui il dialogo è almeno potenzialmente possibile.
Nella mia lettera pastorale ho avuto occasione di fare cenno agli ostacoli e agli inciampi lungo la via del dialogo, menzionando come ostacolo principale la pretesa di alcuni nuovi movimenti religiosi della doppia appartenenza dei loro adepti anche alla Chiesa cattolica, nonostante evidenti incompatibilità di metodi e di dottrine. La pretesa della doppia appartenenza rischia di rendere ambiguo il dialogo e qualche volta purtroppo lo rende impossibile. Proprio la necessità di definire in modo chiaro la differenza fra il dialogo e la doppia appartenenza mi aveva spinto nella lettera pastorale a dedicare un accenno anche alla massoneria.
3. Chiesa e massoneria
Potremmo dedicare altri volumi ad approfondire varie questioni controverse sulle origini e la natura della massoneria, ma forse possiamo fissare almeno alcuni punti fermi a proposito dei suoi rapporti con la Chiesa.
Come abbiamo visto la massoneria – come emerge dallo studio delle sue origini – è anzitutto un metodo per impostare i problemi morali e filosofici, che le logge affrontano – ispirate dai loro riti e simboli, custodi del metodo stesso – sulla base di una libera discussione che ricerca un minimo comune denominatore fra le opinioni e, con alcune eccezioni, prescinde da premesse che tutti devono condividere e rifiuta di proporre le sue conclusioni in forma di tesi definitive. Sulla base di questo metodo – che tutte le forme di massoneria, pure tanto diverse fra loro, sostanzialmente condividono – le discussioni massoniche producono risultati, teoretici o operativi, che variano da un’obbedienza all’altra, da una nazione all’altra, da un periodo storico all’altro.
Si deve purtroppo constatare che molti di questi risultati meritano una valutazione negativa da parte della Chiesa cattolica: segreto utilizzato per coprire trame non sempre limpide (qualche volta addirittura criminose), influenze indebite sulla vita sociale e politica, anticlericalismo, lotta contro la Chiesa, posizioni lontane dalla dottrina morale cattolica su questioni gravi come il divorzio o l’aborto.
Si deve nello stesso tempo prendere atto che questi risultati negativi non si ritrovano in tutte le epoche storiche né in tutte le obbedienze o le logge: la massoneria anglosassone per esempio dichiara, nelle sue espressioni maggioritarie, di condannare l’anticlericalismo, il tentativo di influire sulla politica, e anche certe posizioni in materia morale tradizionalmente associate ad alcune massonerie latine.
Non è questa la sede per chiedersi se anche la massoneria anglosassone non abbia i suoi modi, forse più sottili, per influire sulle grandi scelte sociali e politiche. Anche all’interno delle massonerie latine esistono notevoli differenze. Limitiamoci a prendere atto del fatto che dal punto di vista dei risultati esistono massonerie distinte, diverse e talora molto diverse fra loro.
I cattivi risultati del metodo massonico hanno in molti paesi e per molti anni reso impossibile o molto difficile il dialogo. Se si ammette che questi risultati, seppure in alcuni paesi frequenti, non sono necessari, uno spiraglio per il dialogo si apre. Naturalmente l’indagine se i risultati del metodo siano mutati e non siano più quelli – negativi – di un tempo deve essere condotta caso per caso con riferimento a ciascuna delle diverse massonerie, a ciascuna epoca storica, a ciascun paese. Anche qualora, in un caso concreto, si concluda che i risultati non sono più quelli negativi di un tempo occorre però – prima di dire “sì” senza riserve al dialogo con la massoneria – chiedersi anche se il dialogo non rischia di favorire gli equivoci sulla doppia appartenenza.
È infatti assolutamente cruciale e necessario distinguere fra dialogo e doppia appartenenza. Il cattolico dialoga con convinzione con il protestante, ma a nessuno verrebbe in mente di dirsi insieme e cattolico e protestante, di chiedere la “doppia appartenenza” per esempio alla Chiesa cattolica e alla comunità battista. La massoneria tiene a sottolineare di non essere una religione, ma la Chiesa cattolica esclude ugualmente la doppia appartenenza.
Infatti, quali che siano i risultati, il metodo massonico è di per se stesso incompatibile con la professione di fede cattolica, perché chi utilizza sistematicamente questo metodo si convince che in materia di spiritualità e di morale (come in ogni altra materia) la verità è un minimo comune denominatore delle opinioni e non è la persona di Gesù Cristo che si fa incontro a ogni uomo e a ogni donna nella Chiesa. Anche se i massoni spesso non amano questa parola, il metodo massonico comporta sempre il rischio del relativismo. E il metodo massonico è l’essenza delle massonerie.
L’insegnamento più chiaro del documento del 1983 è appunto questo. Non spetta alle massonerie dichiarare se la doppia appartenenza è possibile o no. Non spetta neppure ai singoli vescovi, o alle conferenze episcopali, tanto meno a singoli sacerdoti o teologi (non ne mancano che esprimono opinioni bizzarre, ma queste opinioni non sono quelle della Chiesa).
Il giudizio spetta soltanto a Roma, e Roma lo ha formulato in modo chiaro. Si tratta di un giudizio che non chiude affatto la porta al dialogo, anzi suggerisce le due realistiche condizioni alle quali il dialogo è, rispettivamente, possibile e opportuno. Anzitutto il dialogo è possibile solo con quelle obbedienze massoniche nelle quali l’applicazione del metodo massonico non conduce a risultati che la Chiesa deve considerare aggressivi nei suoi confronti e nocivi alla società nel suo insieme. In secondo luogo – atteso che un cattolico non può praticare il metodo massonico, anche a prescindere dai risultati, senza pericoli inaccettabili per la sua fede – il dialogo è opportuno solo con quelle obbedienze massoniche che siano pronte a prendere atto lealmente della esclusione della doppia appartenenza pronunciata dalla Chiesa.