Cecilia vergine e martire

“cercate ogni giorno il volto dei santi e traete conforto dai loro discorsi”

[Didaché IV, 2; CN ed., Roma 1978, pag. 32].

Cecilia_vergine

La diffusa devozione popolare verso la vergine e martire romana ha fatto sì che il nuovo calendario liturgico ne conservasse la memoria, pur mancando testimonianze storiche anteriori al secolo VI. Questa devozione e lo stesso patrocinio di santa Cecilia sulla musica sacra sono dovuti infatti alla sua Passio, che è posteriore al 486.

In essa la fondatrice del «titolo» della basilica di S. Cecilia in Trastevere viene identificata con una santa omonima sepolta nelle catacombe di S. Callisto e che avrebbe subito il martirio durante l’impero del moderato Alessandro Severo, verso il 230. «Il culto di S. Cecilia, – si legge nella Liturgia delle Ore in onore della quale nel V secolo venne costruita a Roma una basilica –  si diffuse ovunque a motivo della sua Passio. In essa Cecilia è esaltata come il modello più perfetto di donna cristiana, che per amore di Cristo ha professato la verginità e ha subito il martirio».

Cecilia, nobile e ricca, si recava quotidianamente ad assistere alla Messa celebrata da papa Urbano nelle catacombe lungo l’Appia, attesa da una moltitudine di poveri, che ne conoscevano la generosità. Cecilia, data in sposa a Valeriano, nel giorno delle nozze, «mentre gli organi suonavano, ella cantava nel suo cuore soltanto per il Signore» (da questo brano della Passio ha avuto origine il patrocinio di Cecilia sulla musica sacra); poi, giunta la notte, la giovane disse a Valeriano: «Nessuna mano profana può toccarmi, perché un angelo mi protegge. Se tu mi rispetterai, egli ti amerà, come ama me».

Al contrariato sposo non restò che accogliere il consiglio di Cecilia, farsi istruire e battezzare da papa Urbano e poi condividere lo stesso ideale di purezza della sposa, ricevendo in ricompensa la stessa sorte gloriosa: la palma del martirio, al quale per grazia divina venne associato anche il fratello di Valeriano, Tiburzio. Anche se la relazione sembra frutto di pia fantasia, i martiri Valeriano e Tiburzio, sepolti nelle catacombe di Pretestato, sono storicamente accertati.

Dopo il processo, riferito con dovizia di particolari dall’autore della Passio, Cecilia, condannata alla decapitazione, ebbe tre poderosi fendenti dal carnefice, senza che la sua testa cadesse recisa: aveva domandato e ottenuto la grazia di rivedere papa Urbano prima di morire. In attesa di questa visita ella continuò per tre giorni a professare la fede. Non potendo proferire parole, espresse con le dita il suo credo in Dio uno e trino. E in questo atteggiamento l’ha scolpita il Maderno nella celebre statua.

22 novembre (da http://www.lalode.com/)