di Dino Basili
II moralismo non piace. Figuriamoci il «moralismo apocalittico» praticato dalla sinistra italiana. Imperversa a cicli. L’ultimo assai rovineggiante (tutto va malissimo) e rovinoso (per il Paese) è cominciato con la sconfitta elettorale del 2001, proseguendo senza soste. Con l’avvicinarsi delle urne il catastrofisimo cresce, si gonfia, arriva anche al ridicolo. Niente paura, però. Nel caso di vittoria della coalizione a baricentro Ds saranno rose e fiori nel giro di pochi mesi. Per via della bacchetta magica. Quella capace di seminare artificialmente sdegno ed «evviva», di far apparire giusto l’ingiusto e viceversa, di trasformare in rendita le disgrazie (e le imperizie) altrui.
Si atteggia, ma forse lo è davvero. Tre elmenti incontestabili. Dispone di un apparato esperto e diffuso, neppure lontanamente paragonabile alle modeste strutture dei partiti alleati. Conserva la spregiudicata conduzione della protesta «comunque e dovunque». Scandisce il passo unitario del disarmonico ensemble di sinistra-centro, coi partner abilitati alla conquista degli elettorati di frontiera (necessari per andare al potere).
Rischio principale? I vertici diessini, sia pure in maniera felpata, continuano la linea materialista del Pci. Non inganni qualche ossequio formale alla Chiesa. Nei fatti. perseguono un progetto di società non condivisibile per i cattolici. Parla il tentativo di scardinare la famiglia fondala sul matrimonio, valorizzando altre forme di convivenza. Parla il sostegno alla «cultura antinatalista», tant’é che la (malapplicata) 194 è penosamente definita, tout court «la legge delle donne». Parlano l’accanimento nel referendum sulla procreazione assistita e le scomposte reazioni alla disfatta (bavaglio ai vescovi).
Le iniziative dei radicali sarebbero folclore se non trovassero consistente sponde a sinistra, dove imperversano i capi-scuola del relativismo populista, La Quercia non mira soltanto alla netta separazione tra vita pubblica e religione: bersaglio coperto sono i grandi valori morali che sono a monte della legislazione. Si da per scontato che la voce di Dio, no problem, può soccombere a quella degli uomini. II suo corteggiamento ai cattolici è strumentale. Acchiappavoti. In verità, «siamo» percepiti come nemici inguaribili dei loro risibili (magnifici) destini progressivi.
Altro che secolarizzazione… «Tocca a noi rimettere in moto l’Italia». Come, con la supponenza? Con il pauperisrno? Non danno alcun affidamento i giochi di parole diessini, spesso ossimori, tra libero mercato e interventi pubblici vecchio stampo. Almeno due ceppi che imprigionano la nostra economia nascono da scelte sbagliate della sinistra. La penuria energetica, con le onerose bollette petrolifere, discende in gran parte dall’irrazionale rifiuto del «nucleare sicuro».
La debolezza delle infrastrutture civili scaturisce anche dai veti, diktat, rallentamenti imposti dalle amministrazioni locali a maggioranza diessina o dalla piazza (tramite il contiguo estremismo: altro che partito democratico…). È vero, questi sono terreni di caccia ambientalista, tuttavia le sortite dei verdi non avrebbero effetti senza il sostegno dei campioni di ostruzionistici «se» e «ma».
E certi scioperi cosi dannosi per il sistema produttivo portano in testa la firma congiunta Cgil-Ds (il numero delle ore non lavorate, causa conflittualità, è salito del 50 per cento nei primi nove mesi del 2005: quanto per mobilitazione pre-elettorale?). Il centro-destra non ha azzeccato varie misure, ma dov’erano le utili correzioni di un’opposizione responsabile? Nei Ds funziona soprattutto il meccanismo destruens.
Infine, due parole sulla vicenda Unipol, È facile dichiarare che il «collateralismo» non esiste più. Nel rapporto Ds-cooperative rosse si va ben oltre… C’è un tessuto comune, come con la Cgil. Lungo è l’elenco dei dirigenti coop provenienti dalla Quercia e viceversa. Non è azzardato dire che una rete cosi capillare d’influenze e interessi ha un ruolo non secondario nella pesca elettorale.
Quanto alle indagini su Bancopoli, .solita tecnica. Per le questioni scottanti nel giro Ds, «del comportamento dei singoli rispondono i singoli». Per gli avversari. invece, il biasimo si irraggia sull’intera area politica. Occhi aperti sulla «diversità».