Colonna (non infame) contro la storiografia ideologizzata che ammorba i manuali scolastici
di Francesco Agnoli
Perché la storia, allora, è importante? Terenzio scriveva: “Homo sum, humani nihil a me alienum puto”. Tutto ciò che è umano mi interessa, mi parla, entra in relazione con la mia volontà di comprendere e di conoscere.
La storia è il cammino dell’uomo: Per questo può affascinarci, rispondere alla nostra sete di sapere come l’uomo ha concepito, nel tempo, il suo essere ed il suo fine. Può farci meglio comprendere la civiltà in cui viviamo, il passato in cui affondiamo le radici, perché il passato è sempre fondamento del presente.
La nostra stessa personalità è condizionata dalla sua storia: tutte le esperienze di cui siamo stati protagonisti o semplici attori hanno lasciato dei segni che, incisi nel carattere, hanno dato luogo alla individualissima struttura della personalità. Noi siamo anche il nostro vissuto: nulla ci è tanto vicino, con una presenza dinamica, quanto il. passato. Esso interviene con “voce possente” quando si tratta di elaborare una scelta di vita, al punto che ciascuno è figlio delle proprie scelte, ma le scelte di ciascuno sono anche figlie delle sue esperienze passate: così è anche per una civiltà.
La storia, allora, è importante per l’uomo proprio per il suo essere caratterizzato dalla facoltà della memoria, che lo differenzia dall’animale. Quest’ultimo infatti vive solo la dimensione del presente, l’attimo, l’istante, senza collegarlo al prima e al poi. Così l’uomo senza storia, senza ricordo, l’uomo del carpe diem, tende all’animale: tutto, in lui, è frutto di decisioni immediate, senza riflessione, individualistiche e perciò momentanee, reversibili e quindi instabili ed insoddisfacenti. Pure nel campo degli affetti: una storia d’amore è fatta anche di memoria, di passato, e non esisterebbe, o non reggerebbe, se non fosse così (per questo è, appunto, una “storia”).
Lo studio del passato allora è importante, a patto che non venga avvilito, come spesso accade, da visioni assai parziali. La storiografia marxista, ma anche quella liberale, per esempio, hanno ridotto tutto all’homo oeconomicus: ciò che conta sono solo le motivazioni economiche, materiali. Studiamo avvenimenti, fatti, date, guerre: ma gli ideali, i sentimenti, la religiosità dell’uomo rimangono estranei, banditi da molti testi scolastici, come se non appartenessero al suo orizzonte, come se non avessero consistenza.
Così, a scuola, affrontiamo il Medioevo, i nomi delle tasse e delle gerarchie feudali, senza saper nulla del monachesimo, che ha fondato l’Europa moderna; studiamo le cattedrali romaniche e gotiche dal punto di vista architettonico, statico, tecnico, ma non i loro significati simbolici, lo spirito con cui vennero costruite, il cuore di ciò che sono.
Leggiamo Dante facendo la parafrasi, senza gustarne lo spirito. C’è infatti una serie infinita di cose che i manuali scolastici banalizzano o pongono tra parentesi, al punto che ciò che analizziamo sembra un cadavere, osservato magari al microscopio, di cui conosciamo ossa, costole, cranio, ma non la vita intima, pulsante.
Propaganda e retorica
Inoltre la storia deve emanciparsi, per quanto possibile, dalle strumentalizzazioni ideologiche. Non è più concepibile, ad esempio, come sostiene da decenni lo storico Pucci Cipriani, continuare oggi la retorica risorgimentale che i governi post-unitari proposero per giustificare se stessi. Altrimenti non si capiscono la questione meridionale, l’industrializzazione del settentrione, l’emigrazione; altrimenti non si comprendono le riflessioni sulla delusione post-risorgimentale delle plebi meridionali di Verga, Pirandello, Tomasi di Lampedusa.
Non è più possibile, ancora, soffermarsi per mesi sul fascismo, morto e per fortuna sepolto, e liquidare il comunismo, la rivoluzione bolscevica, la rivoluzione cinese, cambogiana, vietnamita ecc in poche pagine e in poche ore, come avviene pressoché in tutte le scuole e in tutti i manuali… Non è corretto, infine, per troncare una lista che potrebbe divenire assai lunga, dimenticare che il Novecento è stato anche il secolo di circa 44 milioni di cristiani perseguitati e uccisi per la propria fede.
Per questo, dopo decenni di manuali ripetitivi e scontati, spesso ideologici e parziali, la Agedi ha dato alle stampe un testo di valore, “Alle radici del domani”, a cura di R. de Mattei, E. Nistri, M. Viglione e R. Ronza: inizio, si può sperare, di una nuova fioritura di studi più liberi e più onesti.