Massoneria e religioni
a cura di Massimo Introvigne, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1994
(pubblicato per gentile concessione dell’Editore).
CHE COS’E’ LA MASSONERIA:
IL PROBLEMA DELLE ORIGINI, L’ORIGINE DEL PROBLEMA
di Massimo Introvigne
I. IL PROBLEMA DELLE ORIGINI
“L origini della massoneria – secondo la storica inglese Frances Yates – sono uno dei problemi più discussi e discutibili in tutto il campo della ricerca storica” (1). Tuttavia, se si vuole comprendere esattamente da una parte che cos’è la massoneria, dall’altra perché la massoneria “fa problema” per le Chiese e comunità cristiane, la questione delle origini non può non essere affrontata. Possiamo distinguere tra un’origine sociologica e una storica della massoneria: anche se si tratta di due problemi – e di due origini – che si richiamano a vicenda.
1. L’origine sociologica
Il problema della massoneria non può che essere compreso nell’ambito di una più generale indagine sul problema della modernità. La caratteristica più essenziale della modernità è il pluralismo non solo sociale, ma dottrinale: la presenza – considerata normale, e perfino promossa – di gruppi socialmente significativi portatori di idee diverse e inconciliabili sull’origine e sul destino del mondo e dell’uomo, portatori – cioè – di diverse visioni del mondo, di diverse filosofie, di diverse religioni.
Il Medioevo, da questo punto di vista, non era una società pluralista nel senso moderno del termine: le comunità ebraiche e musulmane, pure presenti, non erano considerate parte integrante della società; i vari gruppi ereticali erano corpi estranei, di rado socialmente significativi; l’unità e l’integrità della fede erano considerate un bene da perseguire e la presenza di visioni del mondo contraddittorie all’interno del popolo cristiano un male da combattere.
La società pluralista moderna nasce dopo la Riforma e le guerre di religione, il cui esito è la presenza in diverse nazioni europee – e in ogni caso in Europa, se la si considera nel suo insieme – di gruppi religiosi diversi portatori di idee tra loro inconciliabili. Questa situazione di pluralismo non farà che accrescersi dal Cinquecento in poi: se all’inizio coesistono cattolici e protestanti, ben presto i protestanti si frammentano in decine di denominazioni rivali (mentre le scoperte geografiche rendono evidente a tutto il pubblico colto l’esistenza nel mondo di centinaia di religioni diverse); più tardi – con l’illuminismo – diventano socialmente significativi anche il razionalismo e la miscredenza, e a partire dall’Ottocento acquista spazio sempre maggiore anche la presenza in Occidente di religioni non cristiane e nuovi movimenti religiosi
Di fronte al pluralismo dottrinale nasce – tanto più nei paesi dove questo viene importato tardivamente e quasi improvvisamente – un disagio sociale diffuso, che si manifesta tuttavia in due modi diversi. Da una parte c’è chi tenta la fuga dal pluralismo, che appare intellettualmente incomprensibile, rifugiandosi in “piccoli mondi” dove il pluralismo viene negato e dove la pluralità di messaggi contraddittori viene ridotta all’ascolto selettivo di un solo messaggio.
È il caso delle “sette” che, fisicamente o almeno psicologicamente, si separano dalla società pluralista per costruire micro-società non più pluraliste dove si ascolta un’unica “verità” e si riducono i contatti (almeno intellettuali) con il mondo esterno. Dall’altra parte, vi è anche chi – anziché fuggire dal pluralismo – ne cerca una chiave di lettura che lo renda ragionevole e che permetta psicologicamente di adattarvisi.
All’estremo opposto delle “sette” – per cui, nel senso più rigido, c’è un’unica verità, quella della “setta” e dei suoi capi – nascono così gruppi caratterizzati dal sincretismo e dal relativismo, per cui tutti i messaggi contraddittori in circolazione nella società pluralista sono contemporaneamente (anche se solo relativamente) veri, ed è possibile vivere tra le pieghe delle loro contraddizioni purché si trovi una chiave che permetta di disporre e ordinare le diverse visioni del mondo in una costruzione in qualche modo logica.
Benché i relativismi e i sincretismi siano molteplici, molti comportano un elemento esoterico: si afferma, cioè, che a livello superficiale (essoterico, con due “s”) le diverse religioni, visioni del mondo, filosofie sono contraddittorie, ma che ciascuna comporta anche una parte più profonda e segreta (esoterica, appunto), e che i nuclei segreti delle diverse religioni e filosofie non solo non si contraddicono ma anzi coincidono fra loro (2).
Questo itinerario sociologico dimostra, paradossalmente, il bisogno di verità degli uomini e il disagio di vivere in un mondo di contraddizioni. Quando nella società pluralista moderna le contraddizioni si manifestano gli uomini sentono il bisogno di risolverle, o fuggendo verso il settarismo o facendosi una ragione delle contraddizioni con il relativismo e il sincretismo (3)
2. L’origine storica
a) In generale La risposta sincretistica ed esoterica al bisogno di risolvere le contraddizioni della società pluralista nascente si rivela nel modo più caratteristico nella nascita della leggenda dei Rosacroce, secondo cui il “nucleo segreto” che sta dietro alle diverse religioni (e le unifica) sarebbe stato noto fin dal Medioevo a una confraternita di iniziati fondata da un certo Christian Rosenkreutz (o Cristiano Rosacroce) la cui tomba, nascosta in una foresta tedesca, conterrebbe appunto la chiave per pervenire al segreto.
La leggenda venne messa in circolazione già nel Cinquecento, ma acquistò larghissima diffusione nel Seicento grazie alla pubblicazione di tre testi: la Fama fraternitatis (1614), la Confessio (1615), le Nozze chimiche di Christian Rosenkreutz (1616). Questi testi furono presi estremamente sul serio: perfino un personaggio come Cartesio dedicò più di un anno della sua vita a cercare i misteriosi Rosacroce in Germania.
Oggi gli storici sanno con certezza che era impossibile trovare i Rosacroce per una buona ragione: non esistevano. Non era esistita nel Medioevo nessuna confraternita dei Rosacroce; la leggenda era appunto una leggenda, creata – con altri – dal pastore luterano tedesco Johann Valentin Andreae (1586-1654) che, dietro la storia dei Rosacroce, proponeva il tema relativista dell’unità fra i nuclei segreti delle religioni (nella versione esoterica) e insieme un programma politico di coalizione fra tutte le forze protestanti e “illuminate” d’Europa contro la Chiesa cattolica, il Papato e gli Asburgo (4).
Il tema filosofico e il tema politico non erano del resto eterogenei: Johann Valentin Andreae e i suoi amici percepivano correttamente come la Chiesa cattolica fosse irriducibile a qualunque schema di unità – più o meno esoterica – fra le religioni e le Chiese fondato su premesse di tipo relativistico e sincretistico.
I Rosacroce, dunque, non si trovavano; ma – per tutto il Seicento e fino al Settecento – cresceva il numero di coloro che li cercavano (5). Tra i numerosi luoghi dove si cercavano i Rosacroce c’erano anche – specie in Inghilterra e in Scozia – le antiche corporazioni di arti e mestieri, che stavano perdendo la loro importanza economica ma conservavano un ricco corpus di simboli e di leggende.
La corporazione dei liberi muratori (free masons in inglese, franc maçons in francese, da cui poi gli italiani frammassoni e massoni), che comprendeva i lavoratori della costruzione dai muratori agli architetti, aveva un leggendario abbastanza rigoglioso ispirato a costruzioni famose dell’antichità, dall’arca di Noè al tempio di Salomone. Non potevano trovarsi in questa corporazione – si chiedeva qualcuno – i segreti dei Rosacroce?
La risposta, naturalmente, era negativa (sempre per il buon motivo che i Rosacroce non erano mai esistiti); ma questo non impedì a nobili e borghesi appassionati di esoterismo e di misteri rosicruciani di farsi ricevere, pagando il dovuto, nelle “logge” (ma questa espressione è tardiva) della corporazione dei “liberi muratori”, pur non essendo né architetti né muratori.
Il fenomeno – che secondo studi recenti di David Stevenson sarebbe iniziato in Scozia negli ultimi anni del Cinquecento (6) – alla fine del Seicento era così diffuso che ormai in Gran Bretagna non era più sufficiente parlare di freemasons o masons: occorreva specificare se si trattava di massoni “operativi” (cioè lavoratori della vecchia corporazione) oppure “accettati” (cioè esoteristi che erano entrati nelle logge alla ricerca di segreti rosicruciani, ovvero curiosi che si facevano “accettare” per ragioni sociali o passione antiquaria per le tradizioni corporative).
L’espressione “speculativi” si affermerà nei primi decenni del Settecento per indicare i non “operativi” che avevano aderito alle logge per ragioni esoteriche e filosofiche culturalmente impegnative e distinguerli dagli “accettati” che erano mossi da semplici motivi di curiosità o sociali (7).
Che cosa trovavano nelle logge della corporazione muratoria gli “accettati” e gli “speculativi”? Forse trovavano meno di quello che si aspettavano. In Inghilterra le organizzazioni locali “operative” erano chiamate nel Medioevo misteres, parola che più tardi – trascritta in mystery, “mistero” – comprensibilmente emozionava gli esoteristi.
Purtroppo i filologi moderni hanno accertato che la parola inglese arcaica mistere era una semplice corruzione dell’italiano “mestiere” (è nota l’importanza dell’Italia per l’attività dei costruttori), e dunque non faceva allusione a nessun “mistero” occulto (8). Gli elementi decisivi per la formazione del successivo rituale “speculativo” che si trovavano nella massoneria “operativa” britannica erano sostanzialmente due.
Da una parte vi era un corpus di leggende contenuto nelle cosiddette “Costituzioni manoscritte della massoneria”, i cui testi principali sono due manoscritti, Regius e Cooke, che risalgono agli anni 1390-1410 (9). Questi manoscritti contengono due diverse leggende sulle origini della muratoria: una più antica – che è stata chiamata la “storia antica breve” – e una più recente, la “storia nuova lunga”.
La “storia antica breve” parte da un mitico viaggio in Egitto di Euclide, che ivi avrebbe fondato una scuola dell’arte della geometria e della costruzione, trasmessa poi a numerosi popoli e in particolare agli inglesi all’epoca del re Athelstan, che avrebbe dato ai liberi muratori i loro regolamenti e costituzioni.
La “storia nuova lunga” parte invece da prima del Diluvio e menziona vari personaggi biblici – tra cui Jabal, che sarebbe stato un maestro costruttore impiegato da Caino, ed Enoch – che avrebbero trasmesso i segreti dell’arte muratoria in lamine d’oro o colonne nascoste (più tardi confuse con le colonne Jachin e Boaz del tempio di Salomone, con cui all’origine non si identificavano). Successivamente questi segreti sarebbero stati rivelati ad Abramo, di cui sarebbe stato allievo Euclide il quale avrebbe insegnato l’arte agli Egizi. Dagli Egizi l’arte sarebbe stata ritrasmessa agli Ebrei, e avrebbe trovato il suo culmine con Salomone e il suo tempio.
Dopo la distruzione del tempio l’arte sarebbe passata ai cristiani – fra cui quattro martiri europei, costruttori di professione, i santi Quattro Coronati -, sarebbe stata protetta in Inghilterra da sant’Albano e codificata da Athelstan. Il materiale dei manoscritti Regius e Cooke – che risale a prima della Riforma, ed è quindi il corpus di leggende di una corporazione cattolica – sarà poi rielaborato in decine di altri manoscritti, che aggiungeranno il tema dell’arca di Noé e si diffonderanno sul tempio di Salomone e sul suo architetto Hiram Abiff. Douglas Knoop e G.P. Jones fanno notare che la leggenda di Hiram Abiff così come i massoni di oggi la conoscono – che comprende la sua uccisione da parte di tre traditori a cui non voleva rivelare la “parola del Maestro” – appare solo in manoscritti settecenteschi (10).
Alexander Horne in uno studio molto dettagliato sul tema pubblicato nel 1972 rintraccia precedenti più arcaici per il ciclo del tempio di Salomone e anche per Hiram Abiff – sostenendo inoltre che temi antichi relativi all’arca di Noé avevano potuto essere trasposti e riferiti al tempio di Salomone (11) – ma ben pochi di questi precedenti hanno a che fare con le corporazioni muratorie. È pertanto possibile che in gran parte la leggenda di Hiram non sia stata trovata ma portata dagli “accettati” e dagli “speculativi” all’interno della massoneria “operativa”.
Che cosa trovavano nelle logge della corporazione muratoria gli “accettati” e gli “speculativi”? Forse trovavano meno di quello che si aspettavano. In Inghilterra le organizzazioni locali “operative” erano chiamate nel Medioevo misteres, parola che più tardi – trascritta in mystery, “mistero” – comprensibilmente emozionava gli esoteristi. Purtroppo i filologi moderni hanno accertato che la parola inglese arcaica mistere era una semplice corruzione dell’italiano “mestiere” (è nota l’importanza dell’Italia per l’attività dei costruttori), e dunque non faceva allusione a nessun “mistero” occulto (8).
Gli elementi decisivi per la formazione del successivo rituale “speculativo” che si trovavano nella massoneria “operativa” britannica erano sostanzialmente due. Da una parte vi era un corpus di leggende contenuto nelle cosiddette “Costituzioni manoscritte della massoneria”, i cui testi principali sono due manoscritti, Regius e Cooke, che risalgono agli anni 1390-1410 (9). Questi manoscritti contengono due diverse leggende sulle origini della muratoria: una più antica – che è stata chiamata la “storia antica breve” – e una più recente, la “storia nuova lunga”.
La “storia antica breve” parte da un mitico viaggio in Egitto di Euclide, che ivi avrebbe fondato una scuola dell’arte della geometria e della costruzione, trasmessa poi a numerosi popoli e in particolare agli inglesi all’epoca del re Athelstan, che avrebbe dato ai liberi muratori i loro regolamenti e costituzioni. La “storia nuova lunga” parte invece da prima del Diluvio e menziona vari personaggi biblici – tra cui Jabal, che sarebbe stato un maestro costruttore impiegato da Caino, ed Enoch – che avrebbero trasmesso i segreti dell’arte muratoria in lamine d’oro o colonne nascoste (più tardi confuse con le colonne Jachin e Boaz del tempio di Salomone, con cui all’origine non si identificavano).
Successivamente questi segreti sarebbero stati rivelati ad Abramo, di cui sarebbe stato allievo Euclide il quale avrebbe insegnato l’arte agli Egizi. Dagli Egizi l’arte sarebbe stata ritrasmessa agli Ebrei, e avrebbe trovato il suo culmine con Salomone e il suo tempio. Dopo la distruzione del tempio l’arte sarebbe passata ai cristiani – fra cui quattro martiri europei, costruttori di professione, i santi Quattro Coronati -, sarebbe stata protetta in Inghilterra da sant’Albano e codificata da Athelstan.
Il materiale dei manoscritti Regius e Cooke – che risale a prima della Riforma, ed è quindi il corpus di leggende di una corporazione cattolica – sarà poi rielaborato in decine di altri manoscritti, che aggiungeranno il tema dell’arca di Noé e si diffonderanno sul tempio di Salomone e sul suo architetto Hiram Abiff. Douglas Knoop e G.P. Jones fanno notare che la leggenda di Hiram Abiff così come i massoni di oggi la conoscono – che comprende la sua uccisione da parte di tre traditori a cui non voleva rivelare la “parola del Maestro” – appare solo in manoscritti settecenteschi (10).
Alexander Horne in uno studio molto dettagliato sul tema pubblicato nel 1972 rintraccia precedenti più arcaici per il ciclo del tempio di Salomone e anche per Hiram Abiff – sostenendo inoltre che temi antichi relativi all’arca di Noé avevano potuto essere trasposti e riferiti al tempio di Salomone (11) – ma ben pochi di questi precedenti hanno a che fare con le corporazioni muratorie. È pertanto possibile che in gran parte la leggenda di Hiram non sia stata trovata ma portata dagli “accettati” e dagli “speculativi” all’interno della massoneria “operativa”.
Comunque sia, i segreti propriamente esoterici non erano certamente numerosi quando i primi “accettati” si fecero ricevere nelle logge “operative” alla fine del Cinquecento. Dopo un secolo, alla fine del Seicento, un certo numero di segreti esoterici nelle logge massoniche britanniche invece c’erano davvero: non, però, perché ci fossero già prima (c’erano, come si è visto, solo alcuni elementi), ma perché li avevano portati nelle logge gli “accettati” di tendenze più esoteriche che in gran numero si erano fatti ricevere nella corporazione.
La data del 24 giugno 1717, comunemente assunta come data di fondazione della massoneria moderna, costituisce la presa d’atto (in origine limitata alla città di Londra) di una nuova situazione, in cui le logge dei liberi muratori sono ormai composte quasi esclusivamente di “accettati”, in maggioranza ormai veri e propri “speculativi”.
La massoneria “speculativa” moderna nasce a Londra, anche se i primi “accettati” erano stati ammessi nella corporazione in Scozia, perché in Scozia ancora ai primi del Settecento “operativi” e “accettati” convivevano nelle stesse logge, mentre in Inghilterra vi erano ormai logge separate composte esclusivamente di non “operativi” (e poteva perfino capitare che un costruttore appassionato di esoterismo appartenesse a due logge: una “operativa”, dove discuteva i problemi della sua professione, e una “accettata”, dove coltivava interessi filosofico-esoterici) (19).
Gli ultimi “operativi” puri – ormai quasi degli estranei – vennero a poco a poco relegati alla periferia delle logge londinesi, e queste decisero di darsi nuove costituzioni, necessarie perché la realtà delle logge era mutata: da corporazioni di arti e mestieri a circoli filosofico-esoterici ormai completamente privi di qualunque funzione corporativa
Le logge londinesi affidano così al pastore presbiteriano James Anderson (1680 o 1684-1739) – massone “speculativo”, ma anche scrittore di professione disposto a preparare libri d’occasione a pagamento – la redazione delle loro nuove Costituzioni. Il testo, pronto nel 1721, venne rivisto da un comitato di massoni, di cui era magna pars il pastore anglicano Jean-Théophile Desaguliers (1683-1744), figlio di un profugo ugonotto francese e terzo Gran Maestro della Gran Loggia di Londra dopo Antony Sayer (1672-1752) e George Payne (1675-1757), e pubblicato nel 1723.
Le Costituzioni di Anderson comportano quattro parti: una storia leggendaria dell’ordine e dell'”arte” massonica (che rimonterebbe ad Adamo, Noè, Salomone e all’architetto del tempio di quest’ultimo, Hiram); i “doveri” o charges; un regolamento per le logge; una serie di canti per i tre gradi di apprendista, compagno e maestro. La parte più importante è quella dei “doveri”, ancora considerata vincolante da diverse massonerie contemporanee e fonte di numerosi scismi nella storia, relativi soprattutto al primo e al secondo “dovere”.
Il primo prevede che un massone “se comprende correttamente l’Arte non sarà mai un ateo stupido né un libertino irreligioso”; non si tratta peraltro di seguire le stesse “denominazioni o credenze religiose” ma solo “quella religione su cui tutti gli uomini sono d’accordo”. Il secondo dovere chiede al massone la lealtà nei confronti dei poteri politici costituiti e vieta alle logge qualunque attività politica diretta.
Qualche controversia hanno causato anche il terzo “dovere” (che esclude tra l’altro dalla massoneria le donne) e il sesto, dove – pur senza usare la parola “segreto” – si raccomanda di essere “prudenti” perché neppure “l’estraneo più acuto sia capace di scoprire o di trovare quel che non conviene neppure suggerire” (20).
Nelle Costituzioni il riferimento all’esoterismo e al segreto coesiste con il deismo illuminista della “religione su cui tutti gli uomini sono d’accordo”. Come abbiamo visto, relativismo ed esoterismo erano già presenti nelle prime formulazioni della leggenda rosicruciana. Questo non significa che l’esoterismo cristianeggiante (seicentesco) e l’illuminismo razionalista (settecentesco) siano riusciti subito a coesistere perfettamente nelle logge massoniche.
Al contrario una reazione contro le Costituzioni di Anderson, considerate troppo inclini al razionalismo e all’illuminismo, determinò lo scisma degli Antients (“Antichi”), con centro nella città di York (e con un quarto grado, quello dell’Arco Reale, di intonazione cabalistica, più tardi accolto da tutta la massoneria), che terminò con la riunione con i Moderns di Londra solo nel 1813.
Un elemento di sincretismo – che ha dato origine a notevoli controversie – è peraltro presente anche nell’Arco Reale, dove viene rivelato (accanto al nome Jehovah) anche un altro nome di Dio, Jahbulon o Jah-Bul-On, sintesi dei nomi semitico (Jah o Jahveh), caldeo (Baal) e egiziano (On) della Divinità. Per quanto riguarda “On” sembra che i primi ritualisti dell’Arco Reale siano caduti in errore a proposito del biblico Putifarre “sacerdote di On” (Genesi 41, 45), interpretando On come se fosse una divinità (forse Osiride) mentre invece si trattava di una città (21).
A prescindere dall’errore, la letteratura anti-massonica cristiana ha spesso protestato vivacemente per l’uso di un nome “pagano” di Dio nell’Arco Reale. Un comitato incaricato di studiare la massoneria dallo stesso Sinodo Generale della Chiesa d’Inghilterra (una comunità tradizionalmente filo-massonica ma che dal 1987 ha cominciato a sollevare serie obiezioni sulla massoneria) ha dichiarato che “Jahbulon (che si tratti di un nome o di una descrizione), che appare in tutti i rituali [dell’Arco Reale], deve essere considerato blasfemo: nella teologia cristiana il nome di Dio (…) non deve essere nominato invano, né può diventare parte di un amalgama con i nomi di divinità pagane” (22).
In realtà sembra che non si tratti tanto di istillare sottilmente il paganesimo ma – attraverso un nome che vuole sintetizzare le divinità di popoli diversi – si voglia indicare l’unità delle religioni se le si considera a un livello più profondo o esoterico. A questa interpretazione, difendendosi dalle accuse della Chiesa d’Inghilterra, si erano avvicinati gli stessi responsabili dell’Arco Reale, i quali però insistevano che l’unità viene ricercata intorno a un “codice morale” comune piuttosto che a una dottrina teologica (23).
In seguito alle polemiche sollevate dalla pubblicazione del best seller anti-massonico del giornalista Stephen Knight The Brotherhood – che insiste sul significato “segreto” della parola Jah-Bul-On (24) – dirigenti dell’Arco Reale hanno insistito che le tre sillabe Jah-Bul-On hanno tutte e tre un significato biblico, giacché la sillaba “Bul” o “Bel” può essere intesa come composta dalla lettera B (Beth, che significa anche “casa”) e dalla parola El (“Altissimo”, cioè Dio, in ebraico) – con il significato complessivo, quindi, di “Casa dell’Altissimo” – e la sillaba “On”, riferendosi precisamente alla città egiziana di cui era sacerdote Putifarre, la cui figlia sposò Giuseppe, intende appunto onorare quest’ultimo personaggio biblico (25).
Lo sforzo filologico è pregevole, ma l’interpretazione è capziosa dal momento che – qualunque cosa ne pensino esponenti dell’Arco Reale di oggi – non c’è dubbio che per i primi ritualisti del grado “Jah-Bul-On” era una parola che intendeva contenere il riferimento a tre diverse divinità
b) Origini degli “alti gradi” L’origine degli “alti gradi” della massoneria (che inizialmente contava solo i tre gradi di apprendista, compagno e maestro) è in relazione alla sua introduzione e diffusione in Francia, in cui giocò un ruolo prominente il cavaliere scozzese André Michel de Ramsay (1686-1743), legato alla spiritualità quietista di Madame Jeanne-Marie Guyon (1648-1717).
Il suo Discours (pronunciato nel 1736 e che avrebbe dovuto essere ripetuto a una grande riunione delle logge di Francia prevista per il 24 marzo 1737, poi vietata dalle autorità) (26) mira a propagandare la massoneria fra i nobili francesi, dissipando l’impressione che si tratti di una realtà nata fra semplici artigiani e muratori e sostituendo all’origine storica muratoria un’origine leggendaria cavalleresca.
Secondo André Michel de Ramsay cavalieri della più alta nobiltà europea si sarebbero infiltrati nella corporazione massonica fin dai tempi delle Crociate per perseguirvi al riparo da occhi indiscreti i loro interessi esoterici. Da molti secoli la massoneria sarebbe dunque, più che una realtà corporativa, una realtà cavalleresca. Sulla base di questa leggenda – creata consapevolmente a tavolino da Ramsay, senza basi storiche – vennero elaborati interi sistemi di “alti gradi” a simbologia cavalleresca, che si aggiungevano ai primi tre detti della massoneria “azzurra” che rimanevano comunque alla base del sistema (e che erano di origine invece effettivamente corporativa).
In Germania il Discours di Ramsay venne letto con grande interesse e collegato alle speculazioni, a loro volta prive di consistenza storica, che fervevano nel Settecento su una prosecuzione segreta dei Templari – in un clima ricco di segreti esoterici e di misteri – dopo la loro soppressione nel 1312. I “cavalieri” di cui Ramsay non aveva precisato l’identità venivano così identificati con i Templari, arricchendo ulteriormente la leggenda e dando origine a un gran numero di sistemi di “alti gradi” in concorrenza fra loro (27).
Non tutti i massoni europei si entusiasmarono per le nuove leggende cavalleresche e templari: in particolare i più legati all’illuminismo e al razionalismo temevano che gli “alti gradi” fossero veicolo per la prevalenza degli elementi più inclini all’esoterismo e all’occultismo. I sostenitori degli “alti gradi” sconfissero i razionalisti su scala francese al Convento delle Gallie (tenuto a Lione nel 1778 e dove giocò un ruolo importante Jean-Baptiste Willermoz, 1730-1824, fondatore di un sistema massonico-esoterico desunto dalle dottrine occulte di Jacques Martinez de Pasqually, 1727-1774, ma insieme alla ricerca di una difficile conciliazione con il cattolicesimo), e su scala europea al convento di Wilhelmsbad nel 1782; pochi anni dopo, la “corrente fredda” razionalista si prese tuttavia una rivincita con la Rivoluzione francese (tra i cui protagonisti figuravano importanti massoni della “corrente fredda” e nel corso della quale i massoni della “corrente calda” più esoterica furono invece perseguitati).
Sul piano massonico internazionale, la massoneria arrivò negli Stati Uniti – paese che in seguito avrebbe acquistato una grande importanza massonica – corredata degli “alti gradi”, e appunto negli Stati Uniti – a Charleston, nel 1801 – fu fondata la versione oggi più nota del sistema in 33 gradi detto Rito scozzese antico e accettato (28), più tardi diffusa in tutto il mondo grazie all’opera di una figura controversa ma influente, Albert Pike (1809-1891) (29).
II. UNA MAPPA
1. Le obbedienze
Per evitare di confondersi nell’arcipelago di nomi e di sigle che costituisce oggi la massoneria occorre anzitutto distinguere fra obbedienze e riti, due realtà che vengono sovente confuse. Le obbedienze sono federazioni amministrative di logge o di gruppi nazionali di logge, che accettano la priorità di una loggia originaria o almeno accettano di sottoporsi a un certo coordinamento.
I riti sono sistemi di gradi massonici, di cui prescrivono non solo le cerimonie ma anche le caratteristiche. All’interno di una stessa obbedienza possono essere praticati diversi riti, senza che questo comporti uno scisma. Per converso lo stesso rito può ritrovarsi in diverse obbedienze. Si può vedere qui un’analogia con il fatto che all’interno della stessa Chiesa cattolica coesistono il rito latino, il rito siriaco, il rito ucraino e così via, senza che si esca dall’unica Chiesa cattolica.
L’analogia, tuttavia, non deve essere presa alla lettera, e vale soprattutto per le variazioni sul tema all’interno dei primi tre gradi (più ricche nel mondo anglosassone). Per i gradi superiori il rito è più di una semplice variante cerimoniale: è una via iniziatica, con caratteristiche e insegnamenti specifici che vengono trasmessi nei diversi gradi.
Tutto questo è chiaro in teoria: ma in pratica questioni di rito hanno spesso determinato scismi anche quanto alle obbedienze, soprattutto perché i riti hanno i loro dirigenti (distinti da quelli delle obbedienze) ed è spesso accaduto che fra i due gruppi dirigenti (che pure dovrebbero in teoria esercitare la loro giurisdizione su ambiti diversi) siano sorte rivalità e conflitti (30).
Sul piano delle obbedienze rivali possiamo distinguere:
a) l’obbedienza della Gran Loggia Unita d’Inghilterra, riconosciuta dalla maggioranza dei massoni mondiali (circa sei milioni) come Gran Loggia Madre per tutto il mondo. Due principali testi – Basic Principles for Grand Lodge Recognition (“Principi per il riconoscimento della Gran Loggia”) del 1929 e Aims and Relationships of the Craft (“Scopi e relazioni dell’Arte”) del 1938 (rivisto nel 1949) – fissano i criteri per il riconoscimento della “regolarità” massonica da parte della Gran Loggia Unita.
Secondo questi documenti la “regolarità” deve essere triplice: di origine (è necessaria la fondazione da parte di una Gran Loggia già riconosciuta come regolare o di tre logge regolari), di territorio (una sola Gran Loggia può essere riconosciuta come regolare in ogni paese) e di dottrina (sono necessarie la credenza in Dio come Grande Architetto dell’Universo, l’uso di un “libro della legge sacra” – normalmente la Bibbia, ma è ammesso un altro libro sacro tradizionale per le logge che operano in paesi diversi dall’Occidente cristiano -, l’esclusione delle donne e il divieto di discussioni politiche nelle logge).
È su questa base – che si afferma dedotta dalle Costituzioni di Anderson, anche se non mancano discussioni sulla loro interpretazione – che le massonerie maggioritarie dei più importanti paesi latini (Francia, Spagna, America Latina) hanno perso a partire dal secolo scorso il riconoscimento della loro “regolarità”, accusate di ammettere nelle loro fila atei (31), di non utilizzare la Bibbia e di occuparsi di temi politici.
In questa situazione si trovava fino al 1972 anche la massoneria del Grande Oriente d’Italia, largamente maggioritaria nel nostro paese (circa seicento logge e 15.500 membri), che appunto nel 1972 era stata riammessa nella comunione con la Gran Loggia Unita d’Inghilterra. Da tale comunione è stata di nuovo esclusa nel 1993 in seguito alle polemiche seguite a indagini giudiziarie sulle attività politiche e affaristiche di alcune logge, e alla crisi interna che ne è derivata.
Dal 1972 chi non crede in Dio avrebbe dovuto essere escluso dalle logge del Grande Oriente d’Italia. Il Gran Maestro, Giuliano Di Bernardo, aveva tuttavia proposto una nozione di Dio come “principio regolatore” (32) che, benché non formalmente condannata da Londra, era al limite di quanto può essere accettabile dalle massonerie “regolari” e ha suscitato più di una obiezione. È stato tuttavia lo stesso Giuliano Di Bernardo a fondare, nella crisi massonica del 1993, una Gran Loggia Regolare d’Italia concorrente del Grande Oriente (per ora minoritaria), che è stata riconosciuta ad experimentum da Londra (ma non dalle potenti massonerie degli Stati Uniti, che pure con Londra sono in comunione).
b) il CLIPSAS (Centre de Liaison et d’Information des Puissances maçonniques signataires de l’Appel de Strasbourg, “Centro di collegamento e di informazione delle potenze massoniche firmatarie dell’Appello di Strasburgo”) riunisce dal 1971 i Grandi Orienti di Francia, Belgio e Germania – in quest’ultimo paese è presente anche una Gran Loggia “regolare” di obbedienza inglese – e le Grandi Logge olandese e danese, nonché la Gran Loggia d’Italia (Palazzo Vitelleschi), la seconda denominazione del nostro paese dopo il Grande Oriente (Palazzo Giustiniani).
La Gran Loggia d’Italia è la più grande fra le numerose obbedienze concorrenti che derivano dalla scisma massonico del 1908 di Saverio Fera (1850-1915), un pastore evangelico particolarmente anti-cattolico (33), ma ostile all’anticlericalismo esasperato del Grande Oriente del suo tempo che talora accoglieva personaggi e tematiche anticristiane.
Nella storia delle obbedienze che risalgono a Fera e al suo successore Raoul V. Palermi (1864-1948), dette spesso “di Piazza del Gesù”, dal nome della piazza romana dove la principale ha avuto sede per molti anni, gli scismi sono frequentissimi – e costituiscono un elemento decisivo per spiegare la compresenza in Italia di numerose obbedienze massoniche minori – e, rispetto al Grande Oriente, vi è stata una maggiore presenza di un elemento “cristiano” e talora anche “filo-cattolico”, che tuttavia “si diluì non poco” a partire dalla seconda metà degli anni 1950 (34).
Le obbedienze che aderiscono al CLIPSAS denunciano “il dogmatismo e il conservatorismo sociale della massoneria anglosassone”, ammettono gli atei e gli agnostici (per il Grande Oriente di Francia, dal 1877, data in cui venne soppresso l’obbligo del riferimento al Grande Architetto dell’Universo, con conseguente separazione dalla Gran Loggia di Londra), talora anche le donne (come fa la Gran Loggia di Palazzo Vitelleschi), e non rinunciano a un’azione politica in favore “dei diritti dell’uomo e della democrazia” (così recita l'”Appello di Strasburgo”). Benché in maggioranza non aderiscano al CLIPSAS le massonerie di lingua spagnola sono in genere su posizioni simili
c) la letteratura della Gran Loggia Unita d’Inghilterra denomina “massoneria di frangia” (fringe masonry) l’insieme delle obbedienze i cui interessi si situano soprattutto sul versante dell’occultismo e della magia. Questi interessi a partire dal secolo scorso sono largamente scoraggiati nella massoneria “regolare” e hanno quindi preso la strada di organizzazioni “di frangia”.
Alcune di queste organizzazioni non sono semplicemente “irregolari” (in quanto affermano di interessarsi solo dei gradi superiori al terzo, riconoscendo alla Gran Loggia Unita la giurisdizione universale sui primi tre gradi, di cui soltanto essa dichiara di occuparsi). Tuttavia la loro ideologia si allontana notevolmente dallo spirito e dalla mentalità della massoneria “regolare” per cui spesso finiscono per dotarsi anche di gradi azzurri propri, diventando così, oltre che “di frangia”, anche “irregolari”.
Le obbedienze “di frangia” più diffuse adottano una simbologia ispirata all’antico Egitto e costituiscono la famiglia (divisa in numerose obbedienze rivali) delle massonerie “egiziane”, il cui antecedente storico è rappresentato dall’Alta massoneria egiziana creata da Cagliostro (1743 o 1749-1795) (35);
d) certamente “irregolari” (nel senso di considerate non regolari dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra, fedele alle Costituzioni di Anderson che come abbiamo visto escludono le donne) – oltre che “di frangia” – sono le obbedienze femminili e miste nate con lo scopo precipuo di riconoscere alle donne a pieno titolo l’appartenenza massonica: la principale è l’ordine misto Le Droit Humain, fondato nel 1893 in Francia dalla femminista Maria Deraismes (1828-1894) e dal senatore Georges Martin (1844-1916).
Dalle obbedienze femminili e miste vanno distinte le logge “di adozione”, semplici ausiliari della massoneria che organizzano le spose e le figlie dei massoni senza che queste ultime rivendichino in alcun modo una effettiva appartenenza all’ordine (di questo tipo è la Stella d’Oriente, che ha nel mondo circa tre milioni di adepte).
È opportuno precisare – per non dare luogo a equivoci – che questo schema ha un semplice valore di mappa, non di giudizio: non è possibile risolvere tutti i problemi sulla base della semplice dicotomia “regolare”/”irregolare” o dei riconoscimenti internazionali (talora indubbiamente concessi tenendo conto anche di ragioni di opportunità politica); piuttosto, ogni obbedienza deve essere esaminata nelle sue caratteristiche e nella sua storia
2. I riti
Le enciclopedie massoniche riportano diverse centinaia di riti diversi, che sarebbe certamente troppo lungo esaminare in questa sede. Al cuore della storia massonica si situa il rito Emulation, il più diffuso per i primi tre gradi di apprendista, compagno e maestro nelle logge inglesi. Largamente praticati – e retti da gerarchie proprie – sono i cosiddetti gradi complementari: il grado dell’Arco Reale, complementare a quello di maestro, e il grado di Mark Master, complementare a quello di compagno.
Molto diffusi in ambiente anglosassone sono pure i gradi di Knights Templar (“cavalieri templari”), che rappresentano quanto sopravvive della leggenda templare nella massoneria maggioritaria. Negli Stati Uniti è largamente diffuso il Rito di York che fonde insieme Arco Reale, massoneria del Marchio (gradi dal quarto al settimo), gradi “criptici” (ottavo e nono, più decimo in alcune giurisdizioni) e quattro ulteriori gradi “templari”. Con il Rito di York rivaleggia per diffusione il Rito Scozzese Antico e Accettato (il più diffuso in Italia) in 33 gradi (da cui l’abitudine a considerare i massoni più elevati in grado come necessariamente dotati della qualifica di “33°”, il che è vero per questo Rito ma non per altri).
Nel Grande Oriente di Francia si segue un Rito francese, assai più scarno e semplificato. Nelle massonerie “egiziane” dominano il rito di Memphis (92 gradi) e quello di Misraïm (90 gradi), nonché varie loro combinazioni. In alcuni paesi varianti del Memphis e/o del Misraïm sono riconosciute come riti anche da obbedienze “regolari”.
3. Gli organismi para-massonici e pseudo-massonici
Nella letteratura specializzata si incontra spesso il riferimento a organismi “para-massonici”, “simil-massonici” e “pseudo-massonici”. In genere gli specialisti riservano l’appellativo “para-massonico” agli ordini e alle società che non fanno tecnicamente parte della massoneria ma che ammettono nel loro seno esclusivamente massoni.
La più importante organizzazione di questo tipo è la Shrine (il cui nome completo è Ancient Arabic Order Nobles of the Mystic Shrine, “Antico Ordine Arabico dei Nobili del Santuario Mistico”), fondata nel 1871 negli Stati Uniti dal medico Walter Millard Fleming (1838-1913) e dall’attore William Jermyn Florence (1831-1891).
La Shrine adotta una simbologia “islamica” e orientale (talora grandiosa: alcuni suoi “templi” sembrano grandi moschee, possiedono autentici cammelli arabi e così via), non senza un’intenzione ludica di messa in scena e di scherzo; riunisce però una élite della massoneria americana e gode di prestigio anche per le sue imponenti attività benefiche nel settore degli ospedali infantili.
Un altro esempio di organismo para-massonico è costituito dalla Societas Rosicruciana in Anglia, fondata da Robert Wentworth Little (1840-1878) nel 1865-1866, riservata ai massoni e luogo di incubazione nel 1888 del più famoso ordine di magia cerimoniale moderno, l’Ordine Ermetico della Golden Dawn. La Golden Dawn, a sua volta, non è un organismo massonico perché – sebbene fondata da massoni – ha sempre ammesso nei suoi ranghi i non massoni e anche le donne. In genere i vari “nuovi movimenti magici” moderni (36) – benché talora fondati e frequentati da massoni – non vanno confusi con la massoneria.
Lo stesso vale, a più forte ragione, per movimenti a metà strada fra la religione e la magia come la Società Teosofica o la Società Antroposofica (37), per i quali la definizione di organismi “massonici” è chiaramente sbagliata, anche se i loro fondatori e loro esponenti di spicco hanno avuto interesse per vari tipi di massoneria, specialmente “di frangia”.
Possiamo chiamare “simil-massonici” i numerosi organismi e fraternità sorti, soprattutto negli Stati Uniti (ma anche altrove), a imitazione e in concorrenza con la massoneria, spesso (ma non sempre) rivolgendosi a classi sociali più basse rispetto a quelle da cui la massoneria traeva i suoi membri: gli Odd Fellows, i Knights of Pythias, l’Improved Order of Red Men, e così via (38). Questi ordini – oggi in marcato declino, ma in parte tuttora esistenti – non sono massonici, e mostrano che la massoneria è la species di un genus – la “fraternità” moderna – che si esprime anche in forme diverse, le quali talora si rivolgono, in ambienti diversi, allo stesso tipo di bisogni e di aspettative sociologiche.
La letteratura massonica ama chiamare “pseudo-massonici” gli organismi che utilizzano nel loro nome la parola “massoneria” ma sono considerati al di fuori del mondo massonico dalla maggioranza degli organismi “regolari” o ufficiali. In questo ambito rientrano le iniziative messe in atto di tanto in tanto da meri avventurieri che vendono gradi “massonici” a puro fine di lucro (attività repressa negli Stati Uniti – ma non sempre altrove e certamente non in Italia – dai tribunali, che oltre Oceano riconoscono alla massoneria “regolare” un monopolio sulla parola “massoneria”) e anche da gruppi che inventano “massonerie” senza alcuna derivazione da obbedienze note per coprire semplici attività illecite o criminali (se ne sono avuti diversi esempi nell’Italia Meridionale negli ultimi anni).
Alcuni chiamano “pseudo-massoneria” anche la cosiddetta Prince Hall Freemasonry, nata fra i neri americani che per lunghi anni sono stati esclusi dalle logge degli Stati Uniti (e ancora oggi, in vari Stati, sono discretamente scoraggiati dall’aderire). Alcuni neri costituirono così una massoneria nera chiamata Prince Hall dal nome del suo mitico fondatore settecentesco; più tardi le organizzazioni massoniche e para-massoniche bianche acquisirono il loro corrispettivo nero (alla Shrine venne a corrispondere una Black Shrine e così via).
Le relazioni fra massoneria e Prince Hall Freemasonry sono però migliorate negli ultimi anni; varie logge americane hanno sviluppato relazioni cordiali, non utilizzano più l’espressione “pseudo-massoneria” e dirottano discretamente verso le logge Prince Hall i neri che si presentano per aderire alla massoneria “bianca” che pure ufficialmente non sarebbe più segregata.
III. LE ORIGINI DEL PROBLEMA
1. Esiste una dottrina massonica?
Le Costituzioni di Anderson (secondo e sesto “dovere”) escludono dai soggetti di cui si può parlare in loggia le “discussioni di religione, di nazione o di politica”. Sembra che rimanga molto poco, e in effetti è difficile ricavare dalle Costituzioni una vera e propria dottrina. Gli unici riferimenti precisi sono quelli alla legge morale (naturale) e alla “religione su cui tutti gli uomini sono d’accordo”.
Nelle Costituzioni della Gran Loggia Unita, del 1815, il deismo di Anderson si orienta verso un teismo personale: si parla di un Dio capace di “vedere i cuori” degli uomini e del dovere di credere in un “glorioso architetto del cielo e della terra”, “qualunque sia la religione di un uomo e il suo modo di adorare”.
La massoneria come emerge dalle sue carte di fondazione anglosassoni non è una dottrina, ma un metodo che propone la libera discussione dei problemi e la loro soluzione secondo quanto sembra vero e giusto alla maggioranza dei fratelli. La discussione ha un limite positivo: non è permesso mettere in discussione l’esistenza di Dio; ma Dio può essere concepito in una grande varietà di modi, anche lontani da quanto propongono le religioni tradizionali.
Gli stessi tentativi di restringere la nozione di Dio ammessa in massoneria al solo “monoteismo” sono sempre stati respinti anche dalla massoneria anglo-americana “regolare” (39). E, in realtà, la discussione ha anche un limite negativo: tutto può essere messo in questione, tranne il metodo stesso.
Chi per esempio proponesse l’unicità di una verità, di una religione, di una via si porrebbe automaticamente al di fuori del metodo massonico. È in questo senso che l’ex-Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Armando Corona, poteva recentemente dichiarare che il “fondamentale principio massonico” è quello secondo cui “non esiste un’unica religione per arrivare alla Salvezza”, mentre “la Chiesa cattolica ha i dogmi e considera la propria l’unica vera religione” (40).
In un’altra “famiglia” massonica, quella del Grande Oriente di Francia, un dirigente massonico che aveva partecipato a un dialogo con cattolici, Alain Gérard, confermava che “la massoneria del Grande Oriente di Francia non è né una religione né una filosofia, ma soltanto un metodo”. Questo metodo, secondo Alain Gérard, non impedisce a nessuno di avere opinioni ben definite – per esempio al cattolico di essere cattolico – ma impone a tutti di “mettere in discussione” le loro opinioni quando il lavoro di loggia comincia, accettando l’ipotesi che possano eventualmente essere false (o debbano essere superate in una sintesi superiore).
Il metodo massonico “non significa che non si abbiano idee chiare; significa soltanto che si accetta di metterle in questione. Questa messa in discussione non può veramente avere luogo se si dichiara prima che, qualunque sia l’esito della discussione, ci sono dei punti su cui si continuerà a essere convinti di avere ragione” (41).
Non si potrebbe esporre meglio una posizione che accomuna tutte le famiglie massoniche: chi accetta il metodo massonico deve essere disposto a mettere sul tavolo le sue idee, a “metterle in questione” e ad accettare il verdetto che emergerà dalla discussione condotta secondo i principi del libero dibattito. Qui sta la radice del problema: perché le Chiese e comunità cristiane – soprattutto la Chiesa cattolica – pensano che alcune delle verità che insegnano ai loro fedeli siano, per usare un termine sociologico, non negoziabili; non siano di origine umana ma divina, e quindi non possano essere “messe in questione” senza escludere a priori la prospettiva di rivederle o abbandonarle.
Questa problematica, naturalmente, deve essere considerata in relazione alle esigenze sociologiche da cui nasce storicamente e psicologicamente la massoneria, che risolve il dramma del pluralismo ideologico moderno offrendo come sua chiave di comprensione il relativismo.
Spesso autori massonici non accettano l’espressione “relativismo”, considerandola ingiusta e riferita a una sorta di disinteresse per la verità che non sembra loro di professare. Essi osservano che, al contrario, vi sono stati nella storia numerosi massoni così convinti di una loro idea – nazionale, politica o sociale – da dare per questa idea la vita (42).
Ma vi è qui una confusione fra due categorie filosofiche diverse: lo scetticismo e il relativismo. Mentre lo scettico teorico pensa che non esista la verità, e lo scettico pratico che non sia importante, il relativista talora è sinceramente affezionato a una verità relativa ma, nonostante questo, considera “la verità come qualche cosa di dipendente da una variabile indipendente che, come tale, la determina”.
Questa “variabile indipendente” può essere la ragione umana, per cui il razionalismo e l’avversione per i dogmi non riducibili ai “limiti della sola ragione” non escludono il relativismo. Anzi, spesso il razionalismo finisce per “sboccare nel relativismo, nel senso che solamente è vero quanto si relaziona gnoseologicamente in forma diretta con la ragione umana, variabile indipendente in funzione della quale si determina la verità” (relativa) (43).
Affermare che il metodo massonico si situa nell’orizzonte del relativismo non significa accusare i massoni nel loro insieme – o singoli massoni – di negare la conoscibilità filosofica o la rilevanza esistenziale della verità. Significa solo constatare che si tratta di un metodo che promuove una visione della verità come relativa e condizionata da variabili indipendenti che la determinano: e questa, precisamente, è la definizione del relativismo
È in questo senso, appunto, che il metodo massonico è collegato all’origine sociologica della massoneria e del suo successo. In una delle più serie indagini sul significato storico-sociologico della massoneria negli Stati Uniti, Lynn Dumenil ha scritto che “per gli uomini disturbati dalle grandi controversie sulla Bibbia e sulla validità del cristianesimo la massoneria offriva un’esperienza religiosa che era confortevole e che non arrecava disturbo. [Una Convenzione massonica dichiarava che] ‘l’anima perplessa per le divergenze fra le religioni può rifugiarsi nella sala della loggia e lì trovare riposo’… [Una rivista massonica scriveva che] ‘mentre la guerra promossa dalla scienza costringe il rigido dogmatismo dei credi ecclesiastici ad arretrare, questa guerra non ha potere sulla religione soggettiva del cuore, sulla quale sola gli uomini possono essere condotti a convenire, e che è quindi la religione della massoneria’. La massoneria esercitava una speciale forza di attrazione sugli uomini che continuavano a credere, ma che erano incerti su che cosa realmente credevano” (44).
Naturalmente – come le osservazioni di Lynn Dumenil si riferiscono solo alla massoneria negli Stati Uniti in una certa epoca storica – così non tutte le massonerie si attengono alle Costituzioni di Anderson. A partire dal secolo scorso (ma con prodromi già nel Settecento) soprattutto le massonerie latine hanno talora ripudiato l’obbligo di non prendere posizione in materia religiosa, sociale e politica e hanno elaborato una serie di posizioni dottrinali più precise promuovendo l’anticlericalismo, il laicismo, il naturalismo in tutti i settori.
Battaglie come quella per la laicità della scuola (45), per il divorzio e più tardi in alcuni paesi anche per l’aborto sono state promosse apertamente da alcune obbedienze massoniche latine, il cui anticlericalismo ha assunto in varie epoche storiche toni virulenti. La massoneria “regolare”, naturalmente, tiene a precisare che si tratta di posizioni tipiche di obbedienze separate da Londra, che hanno violato il divieto di prendere posizioni religiose o politiche.
D’altro canto si tratta di conseguenze che non possono essere considerate soltanto “deviazioni” estranee alle premesse massoniche, giacché dal deismo e dal relativismo non è illogico dedurre, con varie sfumature, anche forme di laicismo.
È vero, in ogni caso, che quello che tutte le massonerie hanno in comune è il metodo, così come molti calcolatori possono avere in comune lo stesso programma (o programmi con variazioni così modeste da potere essere considerate secondarie). Quello che esce dal programma può variare a seconda dei dati immessi (e così diverse obbedienze e diverse massonerie possono assumere posizioni diverse su quasi tutti i problemi), ma il metodo rimane comune.
Il metodo massonico, peraltro, non è una semplice tecnologia. La sua pratica implica un orizzonte etico-filosofico che deve essere condiviso da chi partecipa ai lavori di loggia; diversamente, il metodo rischierebbe da una parte di non essere compreso, dall’altra di portare non a risultati variabili all’interno dei limiti che abbiamo esaminato ma a un’assenza di risultati che impedirebbe il suo stesso funzionamento.
Il volume più influente sulla mentalità dei massoni americani nel nostro secolo è probabilmente The Builders del reverendo Joseph Fort Newton (1876-1950), un pastore che fu al servizio di diverse comunità protestanti e che pubblicò per la prima volta negli Stati Uniti quest’opera fondamentale nel 1914.
Newton ammette la centralità del metodo, ma lo fonda su quella che definisce “la filosofia massonica” (masonic philosophy) il cui principio centrale sarebbe il seguente: “poiché l’anima umana è affine a Dio, ed è dotata di poteri a cui nessuno può fissare un limite, è in fatto, e deve essere in diritto, libera. Pertanto, secondo la logica della sua filosofia non meno che secondo l’ispirazione della sua fede, la massoneria è stata spinta a presentare le sue storiche domande per la libertà di coscienza, per la libertà dell’intelletto e per il diritto di tutti gli uomini di ergersi senza timore e senza paura, uguali tutti di fronte a Dio e alla legge, ognuno pronto a rispettare i diritti dei suoi simili” (46).
Il riferimento a Dio e alla fede certamente non si ritroverà negli stessi termini nelle massonerie che si ispirano al Grande Oriente di Francia: ma neppure in queste ultime mancherà il riferimento a un orizzonte etico e filosofico che fonda e regge il metodo. Dal punto di vista etico il metodo si fonda sul primato della tolleranza e della libertà di coscienza (che si espande in una prospettiva più generale – variamente intesa da diversi autori massonici – sulla libertà e la solidarietà). Dal punto di vista filosofico l’orizzonte del metodo massonico – senza il quale il metodo stesso diventerebbe inintelligibile o impraticabile – comprende:
a) un principio epistemologico di tipo realista, secondo cui il mondo e l’uomo hanno un’esistenza indipendente su cui è possibile enunciare affermazioni che, se non sono definitive e “dogmatiche”, sono però ragionevoli; benché esponenti importanti dell’idealismo filosofico siano stati massoni, tutti i tentativi più autorevoli di costruire una masonic philosophy – e gli stessi documenti di fondazione – sembrano dare per scontato un orizzonte epistemologico di tipo realista;
b) un principio antropologico di tipo antropocentrista, secondo cui l’uomo è libero ed è al centro del suo mondo: se così non fosse, vi sarebbero elementi per mettere in dubbio la validità di qualunque risultato del metodo massonico;
c) un principio filosofico di tipo spiritualista, secondo cui nel mondo e nell’uomo vi è qualcosa di più di quanto cade sotto il dominio dei sensi e delle scienze, sia questo “di più” immanente o trascendente; una prospettiva puramente materialista – che escluderebbe dagli argomenti a cui può essere applicato il metodo massonico quelli che attengono al “di più” dichiarandoli semplicemente privi di senso – sarebbe in contrasto con i documenti di fondazione della massoneria ed è stata coltivata solo in ambienti del Grande Oriente di Francia (con paralleli in alcuni paesi di lingua spagnola) in un periodo storico specifico, a proposito del quale si è parlato di un influsso “patologico” e onnipervadente dell’anticlericalismo che ha indotto a una (temporanea) limitazione dell’ambito di applicazione del metodo sostanzialmente estranea alla massoneria (47).
In questa chiave molto generale – che fa riferimento a un orizzonte piuttosto che a una dottrina – è legittimo parlare non solo, al plurale, di diverse filosofie massoniche (proposte da singole obbedienze o singoli autori a sostegno della loro prospettiva particolare) ma anche di quella che Newton (preceduto e seguito da numerosi autori massonici) chiama “la filosofia massonica”, dal momento che proporre un metodo significa già proporre – in modo esplicito o implicito – l’orizzonte filosofico su cui il metodo si fonda e in assenza del quale non esisterebbero argomenti per suggerire che un metodo è preferibile a un altro.
Nello stesso senso si ritrova l’espressione “filosofia massonica” in critiche che provengono dal magistero cattolico. Tali critiche – per distinguerle da altre solo apparentemente simili – vanno però inquadrate in una tipologia più comprensiva delle prospettive da cui, nella storia, hanno preso le mosse forme diverse di opposizione alla massoneria.
2. Una tipologia degli anti-massonismi
Prima ancora che la massoneria moderna venisse fondata, nel 1717, si erano già manifestate reazioni anti-massoniche. Nel 1698, per esempio, un certo M. Winter fece diffondere un volantino indirizzato “A tutte le persone timorate di Dio nella città di Londra” in cui si metteva in guardia dal “male perpetrato di fronte a Dio dai cosiddetti Massoni”: “essi sono l’Anticristo che viene ad allontanare gli uomini dal timore di Dio. Perché mai certi uomini dovrebbero incontrarsi in luoghi segreti e con segni segreti, stando attenti che nessuno li veda, se fosse per compiere l’opera di Dio?
Non sono questi i modi degli operatori di iniquità?”. “Non mescolatevi con questa gente corrotta – consigliava il volantino – per non trovarvi con loro quando verrà la consumazione del mondo” (48). Come si vede, l’anti-massonismo è almeno antico quanto la massoneria. Tuttavia, come è più opportuno parlare di massonerie, al plurale, così esistono diversi tipi di anti-massonismo.
A proposito delle critiche alle cosiddette “sette” la letteratura sociologica distingue oggi fra un movimento anti-sette laico e un movimento contro le sette religioso, e, all’interno di quest’ultimo, fra una interpretazione che analizza le dottrine dei diversi movimenti e un’altra che insiste sulla presenza del Demonio che opererebbe dietro le “sette” in modo diretto e immediato (49).
Sembrerebbe che tutti gli oppositori delle “sette” siano alleati o possano facilmente collaborare, ma in realtà non è così. Il movimento anti-sette laicista rimprovera alle “sette” di essere, in un certo senso, ancora troppo religiose in una società secolarizzata; il movimento contro le sette cristiano accusa invece i nuovi movimenti di essere troppo poco religiosi nel senso che il Cristianesimo dà alla religione, da cui deduce tutta una serie di conseguenze a cui le “sette” vogliono sfuggire. I due tipi di critica possono talora appoggiarsi sugli stessi dati e sugli stessi fatti: dal punto di vista dottrinale sono invece non solo diversi, ma opposti. Lo stesso – mutatis mutandis – avviene per le critiche alla massoneria.