Da Gilles de Rais alla gender theory si è fatta molta strada. Fuori dalla chiesa.
di Francesco Agnoli
Detto questo sarebbe bene riportare la polemica nei giusti binari. Evitare, intendo, di utilizzare l’ennesimo fatto di cronaca per accusare sempre il solito imputato: la Chiesa. Partiamo dalla realtà e mettiamo da una parte l’ideologia.
La pedofilia, purtroppo, è sempre esistita, come forma di perversione particolarmente attraente per certune personalità molto “disturbate”. Nel XV secolo, in Francia, vi fu la celebre vicenda di Gilles de Rais: questo nobile uomo, forte e inquieto, che aveva combattuto a fianco di Giovanna d’Arco, confessò di aver compiuto svariate violenze sui molti bambini.
Lo scrittore francese Karl Joris Huysmans, nel suo “L’abisso”, così ricostruisce i fatti: “Con voce sorda raccontò i ratti dei fanciulli, le orribili insidie, gli stimoli infernali, gli assassinii impetuosi, gli implacabili stupri.Ossessionato dalla visione delle sue vittime, descrisse minuziosamente le agonie lente o rapide, gli appelli e i rantoli, narrò di essersi avvoltolato nell’elastico tepore degli intestini, confessò di avere strappato cuori palpitanti da piaghe allargate, spaccate come frutti maturi. L’assemblea, atterrita, era immersa in un silenzio da incubo, rotto solo di tanto in tanto da un grido. Allora bisognava portare fuori di corsa donne svenute, folli di orrore.
Gilles sembrava non sentire nulla, non vedere nulla, continuava a recitare la spaventosa litania dei propri delitti. Poi la voce gli si arrochì. Era arrivato alle effusioni macabre, a narrare il supplizio di quei bambini che vezzeggiava, per potere tagliare loro il collo durante un bacio. Si dilungò nei particolari, li enumerò tutti. Fu talmente terribile, talmente atroce, che anche i vescovi impallidirono sotto i copricapi d’oro”.
Gilles andò pentito, e contento, al patibolo. Dopo di lui i pedofili più o meno macabri, hanno continuato ad esistere. Ma con una innegabile crescita nell’ultimo periodo della storia. Ancor di più, negli ultimi anni. Lo dicono le cronache, lo dicono i tribunali dei minori. Le violenze sui bambini piccoli, anche piccolissimi, cioè di pochi mesi, sono sempre più numerose, e vengono compiute al 90 % e oltre da genitori, zii, amici di famiglia.
La spiegazione di questo aumento, dimostrabile statistiche alla mano, sta certamente in una cultura sempre più decadente, in cui il sesso diventa una mania, una ossessione continua: viene trasmesso ad ogni ora del giorno in tv, sui giornali, entra nelle scuole dove a fanciulli di quarta elementare viene talora spiegato, brutalmente, l’atto sessuale, nella sua “tecnicità”.
Un grigio diluvio di pornografia inonda le nostre menti, tanto che anche i quotidiani “seri” online, dal Corriere a Repubblica, il posto per le foto porno non omettono mai di riservarlo…un lettore bavoso in più fa sempre comodo. Si può credere che tutto ciò non abbia effetti? Vogliamo sempre fingere che la pedofilia sia un problema di alcuni preti, e non della società nel suo insieme.
Vogliamo proprio soffermarci solo e soltanto sui 17 casi di violenza su bambini, secondo le denunce del governo austriaco, compiuta da religiosi, e dimenticare, come se non esistessero, gli altri 510 casi denunciati dallo stesso governo e avvenuti in ambienti laici di svariati tipi? (Analogamente in Germania dal 1995 sono stati denunciati 210 mila casi di abusi su minori; di questi 94 sarebbero, il condizionale è doveroso, imputabili a religiosi cattolici)
Il Corriere della sera on line dell’11 marzo ricorda: “Cinquecento siti web pedofili con violenze sessuali su bambini dai 3 ai 12 anni sono stati segnalati oggi in meno di un’ora e 20 minuti alla Polizia postale dai volontari dell’associazione Meter onlus di don Di Noto: “e’ un orrore senza fine, un fenomeno inarrestabile – commenta il sacerdote – che coinvolge milioni di bambini e tutte le classi sociali”.
Don Di Noto è un sacerdote; un eroe quasi solitario: la sua battaglia di ogni giorno ha certamente una grande efficacia, ma non argina certo la diffusione sempre maggiore di quel materiale pedopornografico che è sicuramente all’origine di molte azioni criminali, in quanto spinge all’emulazione, e influenza molte menti deboli.
Foto raccapriccianti di bambini violentati, su cui degli adulti compiono le più svariate efferatezze, circolano sulla rete e fanno “cultura”. Eppure questo non interessa affatto ai nemici della pedofilia a senso unico. Non interessa, diciamo la verità, neppure a molti politici e giornalisti, quasi a nessuno.
Così come nessuno si è veramente indignato allorché in Olanda, alcuni anni orsono, nacque il partito pedofilo. L’Olanda, si sa, è paese estremamente libero, estremamente laicizzato, forse per questo gli si può perdonare tutto: dall’invasione islamica, alla droga libera, al divorzio lampo, alla perversione sessuale diffusa….
Eppure la nascita dell’NVD (“Amore del prossimo, libertà, diversità”), avrebbe dovuto far riflettere di più. Tale partito infatti rivendica la diffusione in tv di pornografia (infantile e non) anche durante il giorno, e la liceità del sesso con i bambini e con gli animali, come “semplici varianti” dei gusti sessuali. Della serie: a te piace così, a me cosà!
Non è forse lo stesso messaggio veicolato, più o meno, da molti sostenitori, politicamente correttissimi, della teoria del gender? Non è quello che si sente dire sempre più spesso? Cioè che nessuno ha il diritto di affermare cosa sia l’amore vero, cosa sia la famiglia, cosa sia morale e cosa no? Non si dice sempre più spesso che nessuno ha il diritto di limitare la libera sessualità di chicchessia? Il relativismo trionfante odierno afferma proprio questo, spesso contro la “sessuofobia cattolica”. Non facciamo finta di non capirlo.
Pochi anni fa i radicali – che non cessano di indignarsi selettivamente per le malvagità dei preti, e che arrivano a manifestare, come è accaduto qualche giorno fa a Bologna, “contro la pedofilia clericale e per sostenere l’istituzione di un’apposita commissione d’inchiesta sui numerosi casi di abuso, perpetrati da ecclesiastici su minori”-, ebbero a sostenere in un pubblico e ben pubblicizzato convegno a favore della libertà in internet, e in parte contro le richieste giustamente severe di don Di Noto, che la pedofilia come gusto sessuale è lecita, basta che non diventi azione criminale!
Leggiamo alcune delle loro considerazioni: “La legge prevede il sequestro, la chiusura, la revoca delle licenze per coloro che distribuiranno anche per via telematica materiale pornografico minorile. È uno scenario che ben conosciamo: quando un nuovo mezzo di comunicazione mette in discussione i meccanismi di controllo sulla comunicazione di massa ritornano di attualità censura e autocensura (sic).
Non meno grave è tutta l’attività di investigazione che questa legge mette in movimento: dalla schedatura di coloro che accedono a siti o newsgroup pornografici della rete Internet, alla intercettazione della posta elettronica per accertare che non vi sia scambio di materiale “pedofilo”, fino alla realizzazione simulata da parte del Ministero dell’interno di siti “pedofili” per incastrare i perversi.
È insomma evidente che tabù e ossessioni sessuali diventano pretesto e strumento per limitare e imbavagliare uno dei più straordinari strumenti di comunicazione e di libertà che l’umanità abbia fino a oggi inventato…Infine, la pedofilia senza virgolette. Contestare le forme di questa crociata antipedofila non significa riconoscere il “buon diritto” di qualcuno a intrattenere relazioni sessuali con bambini in tenera età; si tratta di difendere il “buon diritto” di ciascuno a non essere giudicato e condannato solo sulla base della riprovazione morale suscitata dalle proprie preferenze sessuali.
Nessuno sembra rendersi conto dei rischi connessi a una normativa, che autorizza ogni sorta di sospetto, e consente ogni sorta di persecuzione giudiziaria o di criminalizzazione pubblica nei confronti di individui non già responsabili di atti concreti, ma “colpevoli” di sentimenti o desideri giudicati – a torto o a ragione – anomali, deviati, perversi e patologici. D’altra parte, cosa intendiamo parlando di pedofilia e, soprattutto, di violenza sessuale contro minori?
Certo, esistono casi in cui è evidente una coercizione fisica o psicologica dei minori ad attività sessuali, cui essi non possono consentire in modo consapevole. Ma siamo certi, come osserva Gianni Vattimo, che gli adolescenti a cui in molti Paesi del mondo attribuiamo la capacità di rispondere in giudizio delle proprie azioni non abbiano invece pari consapevolezza e responsabilità nell’ambito sessuale?
In ogni caso in uno Stato di diritto essere pedofili, proclamarsi tali o anche sostenerne la legittimità non può essere considerato reato; la pedofilia, come qualsiasi altra preferenza sessuale, diventa reato nel momento in cui danneggia altre persone” (http://www.interlex.it/regole/convped.htm)
Si crede veramente che sia possibile scindere la cultura della pedofilia dalle azioni pedofile? Che la pedofilia sia uguale a “qualsiasi altra preferenza sessuale”? Che la “libera” diffusione di materiale pedopornografico, di fotografie di bambini violentati in tutti i modi, sia espressione di libertà, e non invece l’anticamera di concretissime azioni pedofile?
Se lo chiedeva già Renato Farina anni fa su Libero, ricordando proprio quel convegno radicale da una parte, e il tentativo dei radicali di enfatizzare il fenomeno dei religiosi pedofili dall’altra. Gli risposero i radicali Maurizio Turco e Daniele Capezzone, con un linguaggio di straordinaria ambiguità, un capolavoro di relativismo, volto a giustificare ancora una volta la pedofilia come un “orientamento sessuale” tra i tanti: “Premesso che i fatti di oggetto delle cronache di questi anni non sono episodi di ”pedofilia”, ma di pura violenza e criminalità (vi è dunque distinzione tra le due cose?, ndr), e come tali devono essere considerati e perseguiti, voglio aggiungere che, in termini liberali, è del tutto inaccettabile la criminalizzazione di un orientamento sessuale in quanto tale, di un modo di “essere”, di uno “stato” si tratta di affermare il diritto – senza virgolette – di tutti e di ciascuno a non essere condannati – e nemmeno giudicati – sulla base della riprovazione morale che altri possono provare nei confronti delle loro preferenze sessuali. Criminalizzare i “pedofili” in quanto tali, al contrario, non serve a “tutelare i minori”, ma solo a creare un clima incivile, né umano né – vorrei dire – cristiano”. (Libero, 27/4/2002).
Esiste dunque un “modo di essere”, quasi una natura, pedofilo? Uno “stato” di pedofilia, indipendente dalla volontà del soggetto? Non ci si rende conto che siamo dinnanzi allo sdoganamento della pedofilia come scelta di vita? Alla fine di queste brevi considerazioni sulla schizofrenia di una certa cultura attuale, che difende ogni licenza sessuale, compresa la pedofilia, per poi “stupirsi” dei singoli atti pedofili, ma solo di certi, mi permetto di passare brevemente all’esperienza personale. Insegno in una scuola cattolica che esiste da 150 anni. Non si ha notizia di alcuna violenza, in tanto tempo.
Come studente ho frequentato, invece, un Liceo statale “in” della mia città: 5 anni di tempo, non di più. In questi anni quanti casi di piccole molestie! Professori che facevano capire alle ragazze che apprezzavano, e premiavano, la gonna molto corta, che tenevano atteggiamenti ambigui, che facevano quantomeno apprezzamenti pesanti, ad alta e bassa voce. Fino, alcuni anni dopo, al caso eclatante: un professore vive una relazione con una alunna, che poi si suicida.
Il professore, per anni, ha continuato ad esercitare nella stessa scuola, senza che nessuno lo importunasse, sicuro del suo posto pubblico. Nella stessa scuola un sacerdote che insegnava religione, venne accusato di avere inclinazioni pedofile. Una signora si presentava tutte le mattine davanti a scuola per accusarlo. Spiegò ai giudici, che la condannarono per menzogna e molestie, di aver saputo delle nefandezze del prete, dalla Madonna in persona, in una visione. Ma intanto il poveretto, riconosciuto poi innocente, finì sui giornali e sulla bocca di tutti e dovette lasciare l’insegnamento.
Un’ultima annotazione: poniamo tutta l’attenzione possibile a questa terribile pestilenza della pedofila; chiediamo leggi più severe, severissime, per tutti, ma non lasciamoci trascinare dalle psicosi, tipiche delle società schizofreniche. Nella mia città una famiglia si è vista togliere i figli per molti anni: la bimba, all’asilo, diceva di aver paura dei serpenti.
Qualcuno con ruolo ufficiale ha pensato bene di fare il Freud della situazione. “Dice di aver paura di un serpente, non può che essere il pene del padre che la violenta”: questo è stato l’acutissimo ragionamento. “Quindi la bimba va tolta alla famiglia”. Si scoprì poi che il serpente era un gioco di plastica regalato alla bimba dai genitori. Un regalo che non era stato molto apprezzato.
Un caso analogo: un sacerdote delle mie zone viene accusato di pedofilia, assolto in primo grado, poi condannato. Non posso certo giurare sulla sua innocenza, ma leggendo la genesi dell’accusa sorgono molti, molti dubbi. Infatti i fatti criminosi subiti da un ex giovane parrocchiana del prete “sono riemersi dalla sua memoria dopo un lungo trattamento di psicanalisi, 350 sedute di un metodo chiamato «distensione meditativa » e che ha molti punti in comune con l’ipnosi.
Dapprima è l’interpretazione di un sogno, nel quale la ragazza viene violentata da un gruppo di marocchini in un bar che si chiama San Giorgio, nome che simboleggia una crasi della realtà presunta, che indirizza le indagini. Le violenze reali e denunciate sarebbero infatti avvenute in un oratorio chiamato San Pio X, e perpetrate da don Giorgio” (Corriere 26 marzo 2009).
Attenti, insomma, perché esistono i pedofili, ed oggi, ecco il progresso, anche una forte cultura pro-pedofilia veicolata quasi liberamente! Ma ci sono anche, e in abbondanza, i mitomani, e coloro che hanno capito che, con certe accuse, si distruggono le persone e si possono fare i soldi. Poi non mancano, invece, quelli che al posto dei soldi ci fanno gli articoli. Così, con quella superficialità tipica di moti giornalisti che non esitano a dare nomi propri in pasto alla pubblica opinione, anche senza conferme processuali e condanne definitive.