Evangelizzò gli indios, li difese dai conquistatori, ma per i violenti “antirazzisti” le sue statue vanno abbattute. Parla Enrico Mori, presidente Serra international Italia
di Emanuele Boffi
Fra le tante statue abbattute e imbrattate dalla furia dei “democratici” antirazzisti della galassia dei Black Lives Matter vi è anche quella di un santo: san Junipero Serra, il “padre degli indios”. A San Francisco il suo monumento è stato divelto con delle funi, a Palma di Maiorca è stato deturpato con una scritta rossa: «Razzista».
Non è la prima volta che succede, già nel 2017 a Santa Barbara, a nord di Los Angeles, una sua immagine aveva subito atti vandalici. Sul francescano spagnolo, canonizzato da papa Francesco nel settembre 2015, da anni circola una leggenda nera senza fondamento.
Secondo alcuni suoi detrattori, quest’uomo che nel XVIII secolo evangelizzò la California è colpevole di aver rubato le terre e ridotto in schiavitù le popolazioni dei nativi americani. Niente di più falso, come testimonia, tra le altre cose, il fatto che alla sua morte fu pianto come un santo da quegli indios che egli aveva convertito e difeso dalle grinfie dei conquistatori spagnoli.
Se oggi tante città della California portano il nome di santi (San Diego, San Francisco, San Buenaventura, Sant’Antonio, Santa Clara) è merito della sua instancabile opera missionaria. Dal suo carisma è nato il 27 febbraio 1935 il Movimento Serra oggi presente in 35 Paesi dei 5 continenti con 700 Club e con circa 20.000 soci.
Tempi ha voluto rivolgere qualche domanda al suo presidente italiano, Enrico Mori, per comprendere meglio la figura del santo. «San Junipero – ci spiega Mori – fu definito il padre degli indios, perché i nativi, che erano fuggiti dai villaggi per andare a nascondersi sulle montagne, fecero ritorno, confortati dall’ombra della Croce e dal suono delle campane.
Sotto la guida del santo e dei missionari eressero ben cinque bellissime chiese che, più di 200 anni dopo, sono ancora un tesoro dell’arte barocca, simbolo dell’inculturazione ispano-indigena. Il tempio di Santiago de Jalpan fu opera personale di fra Junipero.
Indossato un vecchio abito rattoppato, egli si mise a fare il muratore, impastando il cemento e portando a spalla i mattoni. L’esperienza apostolica in questo posto sperduto, oggi chiamato Jalpan de la Sierra, fu il vero noviziato che in seguito gli permise di intraprendere la grande avventura apostolica che lo aspettava».
Perché oggi è presentato come un”razzista”?
In verità Junipero Serra, uomo del suo tempo che arrivò in America dalla Spagna, che allora dominava politicamente quel continente, fu uno strenuo difensore dei diritti dei nativi, ai quali dedicò il proprio servizio missionario di evangelizzazione e promozione umana.
Che cosa fece?
Lungo tutto il suo cammino fondò Chiese, scuole, comunità, dalle quali sorsero poi alcune delle più grandi città della California, Los Angeles, San Francisco, San Diego, tanto che nel Campidoglio di Washington una sua statua si trova fra quelli che gli Usa considerano i padri della Patria ed a Washington papa Francesco lo ha canonizzato nel 2015, riconoscendone le virtù eroiche e ritenendo che il suo motto, «siempre adelante», incarni perfettamente il senso di missionarietà insito in ogni vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata.
Perché la sua statua è stata abbattuta?
È stata abbattuta nell’ambito della furia iconoclasta scatenata dai disordini razziali conseguenti la morte di George Floyd, riproponendo il problema mai risolto della discriminazione razziale negli Stati Uniti. Questi deprecabili episodi sono responsabilità di piccoli gruppi di estremisti violenti, che accomunano in un unico contesto tutto quello che ritengono connesso alla colonizzazione ed alla segregazione. I gesti sconsiderati con i quali se ne è colpita l’immagine sono frutto di un clima esasperato e non potranno mai offuscare la grandezza di un santo che ha speso la propria vita per il bene degli altri, nel nome di Gesù.
Cosa fa oggi il movimento Serra?
Il Serra International Italia è un’associazione cattolica che, con la tipica struttura del “club service”, si propone la diffusione della cultura cristiana e si impegna a promuovere nella società civile una cultura favorevole alle vocazioni fondamentali della vita, in particolare a quelle al sacerdozio e alla vita consacrata. I suoi membri, laici, si impegnano a raggiungere questo scopo attraverso una coerente testimonianza di fede e di servizio nella quotidianità della loro vita e del loro lavoro.
La sincera amicizia che si sviluppa fra i soci grazie a questa comunione d’intenti si esprime in programmi volti ad approfondire la propria fede cristiana, a sviluppare azioni e progetti mirati a favorire le vocazioni nei giovani, a sostenere concretamente i seminaristi nel loro percorso di formazione e ad essere di sostegno a sacerdoti e consacrati, con spirito di amicizia e di servizio.