dal sito: Libertà e Persona, 4 ottobre 2010
di Giuliano Guzzo
E’ davvero lunga, purtroppo, la lista di coloro che non possono applaudire Robert Geoffrey Edwards, “padre” della fecondazione in provetta a cui oggi è stato assegnato premio Nobel per la medicina.Mancano anzitutto le donne- sono l’82% del totale – che, nonostante aver speso una fortuna ed essersi sottoposte alle non gradevoli terapie di stimolazione ovarica, il figlio tanto cercato non l’hanno mai avuto.
Manca anche la donna deceduta pochi giorni fa all’ospedale Buzzi a Milano in seguito ad un’emorragia, dopo aver dato alla luce con parto cesareo tre gemelli concepiti grazie a una fecondazione assistita; e con lei tutte le decine di aspiranti madri che cercando un figlio con la fecondazione hanno purtroppo trovato la morte.
Tra le assenti si segnalano anche la madri dei bambini concepiti in vitro con maggior rischi, rispetto agli altri, di basso peso alla nascita (“Arch Gynecol Obstet“, 5/8/2003), di malformazioni cardiache (“British Medical Journal“, 15/6/2010), di avere un cancro (“Pediatrics“, 7/4/2010), di complicazioni (“Gynaecol Can”. 28/3/2006), di paralisi cerebrale (“Pediatrics“, 2/8/2006), di sequele neurologiche, (“Lancet” 9/2/2002).
Non partecipano ai festeggiamenti, per ovvi motivi, nemmeno gli embrioni – e sono un numero incalcolabile – creati in laboratorio e scartati, strada facendo, perché poco adeguati alle richieste di mercato.
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Il Foglio 5 ottobre 2010E la chiamano medicina
Il Nobel a Edwards e i corifei del Mondo Nuovo
Può sembrare irriguardoso ricordare che la tecnica di fecondazione umana in vitro, che ha guadagnato al pioniere britannico Robert Edwards la punizione del Nobel per la Medicina, altro non era che il perfezionamento di un procedimento veterinario già largamente usato su conigli e mucche. I corifei della provetta, che ieri hanno celebrato il loro festival della banalità e della menzogna (la Fiv non guarisce affatto la sterilità.
La aggira in un numero tuttora modesto di casi, visto che, a trentadue anni dalla nascita della prima bambina concepita in vitro, la percentuale di successo delle tecniche non si schioda dal trenta per cento), glissano sulle illusioni, le mitologie, i sogni di padroneggiare i meccanismi della creazione che rappresentano la vera “ragione sociale” di quelle tecniche.
Il big bang antropologico inaugurato da Edwards è quello che oggi ci fa parlare di “prodotto del concepimento” e non di figlio. E’ l’idea della “creazione” della vita in laboratorio, materiale biologico tra gli altri; è la separazione della procreazione dal sesso, dopo che il sesso era stato separato dalla procreazione con la contraccezione; è il cambiamento nel modo di rappresentare la generazione, i rapporti di parentela, il venire al mondo.
Dalle provette di Edwards sono uscite le anticipazioni di quel Mondo Nuovo alla Huxley che oggi vive lautamente di compravendita di ovociti, di uteri in affitto, di fabbricazione di embrioni umani a fini di ricerca, magari ibridati con embrioni animali, di invenzione di coppie di genitori dello stesso sesso, di embrioni sovrannumerari conservati nell’azoto liquido e poi distrutti, o selezionati in provetta per ottenere un figlio dal corredo genetico “ottimale”. E la chiamano anche medicina.