I “no global” combattono la globalizzazione con i soldi dei capitalisti. Ricevono denaro da ricchissimi finanzieri e da fondazioni ultramiliardarìe. Perchè gli uni e gli altri perseguono un fine comune: distruggere gli Stati sovrani.
di Maurizio Blondet
Il mistero è stato in parte svelato da un articolo apparso sul Wall Street Journal (il quotidiano finanziario di New York) il 13 agosto 2001. Qui, ci si spiega che il Genoa Social Forum è ricalcato sul modello di un International GlobaI Forum, che ha sede a San Francisco. Questo “è generosamente finanziato dalla Foundation for Deep Ecology”, una fondazione “culturale” creata dal miliardario Douglas Tompkins, e dotata di 150 milioni di dollari (320 miliardi di lire). Tompkins è il padrone della Esprit Clothing Co., una multinazionale dell’abbigliamento giovanile.
Grazie a questi fondi, l’International GlobaI Forum, scrive il Journal “funziona come una finanziaria che fornisce i capitali iniziali per il lancio di gruppi antiglobai in tutto il mondo”. Altro denaro arriva dai sindacati. Precisamente, dai “fondi di solidarietà” che molte organizzazioni sindacali hanno creato, inizialmente, per l’aiuto economico ai lavoratori in caso di scioperi prolungati.
Ora, parte di questi fondi finisce ai movimenti antiglobal. Ma mobilita miliardi per la “causa” anche la cosiddetta “Sinistra al caviale” (Gauche-Caviar) francese, i gruppi radicaichic che fanno capo a Danielle Mitterrand (la vedova del presidente socialista), grande protettrice dei movimenti secessionisti “rossi” – dall’ETA basca agli zapatisti del Chiapas – il cui organo è il mensile Le Monde Diplomatique (pubblicato in Italia dal Manifesto).
Il direttore del mensile, Bernard Cassens, è uno dei capi di ATTAC, il più importante movimento antiglobal francese. Però l’apporto sostanziale viene da alcuni grandi capitalisti e finanzieri. Oltre a Tompkins di Esprit, va citato Theodore (Teddy) Goldsmith: ebreo anglo-francese, speculatore mondiale in metalli preziosi, ha fondato The Ecologist, la rivista dell’ecologismo estremo, cui sono affiliati intere reti mondiali di gruppi ecologisti, dal WWF (fondato da Filippo di Edimburgo, marito della regina britannica) a Greenpeace e alle reti neo-anarchiche.
Il figlio di Teddy, Zac Goldsmith, dirige la rivista ed è anche il leader del gruppo anarchico “Reclaim the Street” (Riprendiamoci la strada), contiguo ai Black Bloc e attore fra i più violenti delle manifestazioni. A luglio, mentre a Genova si svolgevano gli scontri attorno al G8, Teddy Goldsmith osservava la situazione dalla sua splendida villa di Siena.
Un altro miliardario finanziatore è George Soros, l’ebreo ungherese-americano diventato famoso per le sue speculazioni contro la lira. Soros finanzia decine di “fondazioni” come il Lindesmith Center (che promuove la liberalizzazione delle droghe e l’eutanasia) e l’Human Right Watch, un ente che veglia contro “il risorgere del nazionalismo nell’Est europeo”, ed ha lo status di ONG: bell’esempio di come certe organizzazioni non-governative “nate spontaneamente dal basso” siano in realtà creazioni di altissimi finanziatori. è importante capire che tutte queste potenze sono collegate fra loro, e con alcuni dei più discutibili movimenti “rivoluzionari”.
Al principio del 2001, in Messico, il capo del cosiddetto “esercito zapatista” del Chiapas, il celebre Subcomandante Marcos, intraprese coi suoi fidi una marcia “pacifica” su Città del Messico. Ad aspettarlo c’erano tutti: da Danielle Mitterrand al nostro Fausto Bertinotti; il Lindesmith Center di Soros diffuse allora un volumetto dove gli zapatisti erano presentati come “campioni dei diritti umani”. Il World Social Forum (finanziato dal miliardario Tompkins) invitò Marcos al suo prossimo convegno.
I servizi segreti canadesi hanno segnalato in quell’occasione che la guardia del corpo personale del Subcomandante non era formata da poveri contadini del Chiapas, bensì “da anarchici francesi e italiani”, ossia gli stessi che partecipano ai disordini aritiglobai a Genova, Seattle, Washington. Ma perchè miliardarì, finanzieri globali spesso a capo di multinazionali promuovono gli anti-globai anticapitalisti? C’è una sottile affinità ideologica che unisce gli uni agli altri. Nel ’94, va ricordato, Teddy Goldsmith e suo fratello James (ora defunto, uno dei dodici uomini più ricchi del mondo) lanciarono un progetto chiamato “Eurotopia”: lo smembramento degli Stati d’Europa in 75 “macro-regioni” senza sovranità.
La grande finanza globale, è noto, considera nemici gli Stati sovrani, perchè coi loro confini e leggi porrebbero ostacoli alla “libera circolazione di merci uomini e capitali”, ossia alla globalizzazione compiuta. Sono, non vi stupirà, le stesse idee espresse da Toni Negri (l’ex cattivo maestro, arrestato per terrorismo) nel suo ultimo saggio, Empire: “Lo Stato nazionale è sempre stato un nemico” per noi, dice Negri, perchè “integra i lavoratori”, potenzialmente rivoltosi, nella cittadinanza, dove esercitano diritti e doveri.
Questo non piace a Negri, perchè toglie forza all’insurrezione permanente. “L’Impero globale è il benvenuto”, perchè riduce i cittadini a “moltitudini”, nuovo proletariato planetario. Non a caso, il libro di Negri è stato entusiasticamente recensito sia da Monde Diplomatique, dal New York Times (il giornale della finanza ebraica americana) e dal Corriere della Sera.
Da non perdere
“Perchè una folla indistinta e vociante, eterogenea e rissosa, si addensa in giro per il mondo protestando contro la globalizzazione? Chi sono coloro che, abbigliati in tute bianche o in tute nere, manifestano non di rado con violenza contro le strategie internazionali dei potentati economici senza tuttavia esibire alcun riconoscibile progetto alternativo? Che cos’hanno in comune i settecento diversi gruppi e sigle che nel luglio 2001 si accalcavano per le strade di Genova e, prima ancora, in quelle di Seattle, di Quebec, di Praga? Da dove vengono? Quale cultura li ha generati? [—]
Maurizio Blondet spiega come e perchè siano sorti, contemporanei e complici, la nuova burocrazia planetaria e il nuovo indomabile Quinto Stato: due caste contrapposte negli scopi, ma apparentate dallo sprezzo per la civiltà democratica e dalla capacità di mobilitazione. L’una vuole il Controllo globale; l’altra, propriamente, non vuole perchè non è capace di intendere e di volere (ed è per questo che il supercapitalismo l’apprezza come il migliore degli antagonisti). La battaglia è cominciata e già divampa. Ma non è questione di Talebani o di Black Bloc. In gioco è l’intera dinamica educativa delle nuove generazioni”. (Maurizio Blondet, No Global. la formidabile ascesa dell’antagonismo anarchico, Edizioni Ares , Milano 2002, IV di copertina).