Articolo pubblicato su il Giornale
del 21 maggio 2004
di Massimo Introvigne
Il dibattito parlamentare italiano sull’Irak mostra che sta emergendo un nuovo partito: quello dei nostalgici di Saddam. In realtà, dire che la guerra non si doveva fare ha sempre voluto dire che si doveva lasciare Saddam al suo posto. Ma quello che era implicito ora diventa esplicito. Lo stesso Andreotti loda il rais perché «garantiva la convivenza tra le etnie e le religioni all’interno di uno Stato laico». Ma è proprio così?
Appena andato al potere con un colpo di Stato nel 1979, Saddam scatena la guerra contro l’Iran, che dura otto anni e fa almeno un milione di morti. In questa guerra usa armi chimiche vietate dalla Convenzione di Ginevra, e fa torturare e uccidere almeno cinquemila prigionieri di guerra iraniani. Il 28 marzo 1988 il dittatore scatena l’inferno delle armi chimiche sulla città curda di Halabja: cinquemila morti, in maggioranza donne e bambini. Nella campagna contro il Kurdistan in generale muoiono ammazzati circa centomila curdi, molti vittime dei gas asfissianti.
Dopo aver perso la Guerra del Golfo, Saddam si trova di fronte alla rivolta degli sciiti: repressa anche questa, lasciando sul terreno sessantamila morti. Ma in realtà i morti sciiti sono molti di più, perché la cosiddetta campagna di bonifica delle paludi del Sud è un vero e proprio genocidio di popolazioni tribali sciite ostili al regime, implacabilmente private dell’acqua e dei mezzi di sussistenza.
Lo documenta un rapporto del 1999 della Commissione diritti umani delle Nazioni Unite, che parla anche di pulizia etnica nei confronti delle popolazioni di origine turcomanna e persiana (con migliaia di donne violentate), e di almeno diecimila omicidi ed esecuzioni di oppositori politici, molti dei quali sunniti, fra il 1991 e il 1999. Forse per «garantire la convivenza fra le religioni» Saddam massacra con uguale zelo i dirigenti dell’organizzazione fondamentalista sunnita dei Fratelli Musulmani e i grandi ayatollah sciiti, che nessun governante irakeno aveva mai osato toccare, fra cui i padri del leader del partito SCIRI, al-Hakim, e dello stesso Muktada al-Sadr.
Infine, quando il divieto di sorvolare il Nord del paese fa nascere di fatto un Kurdistan autonomo, Saddam si allea con Osama bin Laden, e dall’intesa nasce la formazione di terroristi curdi ultra-fondamentalisti Ansar al-Islam. Saddam finanzia, arma e cura nei suoi ospedali i terroristi di Ansar al-Islam, e li rafforza talmente da permettere loro di costituire una rete in Europa, di cui si sono scoperte cellule in Italia e che ha collaborato alla preparazione dell’attentato di Madrid.
Che se ne trovino tracce o che siano state tutte fatte sparire in Siria e altrove, Saddam non solo era in possesso di armi chimiche di distruzione di massa – lo provano le migliaia di cadaveri di morti ammazzati dal gas che si continuano a scoprire nelle fosse comuni – ma era egli stesso un’arma di distruzione di massa pericolosissima.
Senza contare l’inutile guerra con l’Iran, ha massacrato almeno duecentomila irakeni, ha organizzato e scatenato i terroristi di Ansar al-Islam, ha torturato migliaia di persone. Secondo un sondaggio, quasi il novanta per cento degli irakeni pensa che andasse tolto di mezzo a qualsiasi costo. In Italia invece non solo si sono viste in piazza le bandiere del regime di Saddam Hussein, ma si sente dire sempre più apertamente che – pur di non dare ragione a Bush e a Berlusconi – era meglio lasciare al suo posto quello che è stato uno dei più feroci e sanguinari dittatori della storia.