di padre Albert Hisham Naoum
ROMA – I martiri della chiesa di Nostra Madre “Signora del Perpetuo Soccorso” hanno mostrato al mondo, ancora una volta, chi siamo noi, cristiani dell’Iraq, e si sono uniti ai martiri della nostra Chiesa, coloro che hanno sacrificato la loro vita, per offrirla a Cristo, nostro Signore, che ci ha insegnato a testimoniare per la risurrezione, per la vita, per il perdono, per la speranza, per l’amore, per la fede, per la gioia. Il sangue dei nostri eroi caduti, grida al mondo e a tutta l’umanita, e spinge noi cristiani dell’Iraq, ovunque siamo, a “predicare” al mondo il Cristo sofferente e risorto che vive nella nostra terra ferita.
I cristiani dell’Iraq ben conoscono il Cristo risorto cha ha vinto la morte, non perché sono fedeli battezzati, ma piuttosto perché, con Lui, hanno sperimentato parecchie volte la morte sulla croce, e perché come Lui hanno bevuto l’amaro calice e hanno vissuto l’abbandono degli altri. E fianco a fianco con Lui hanno percorso la via della sua croce, e sono caduti sotto il peso della loro croce, una volta nell’attacco alle loro chiese, e un’ altra con la morte, e un’altra ancora col massacro di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, e nonostante ciò, continuano ad alzarsi e a vivere la loro fede come hanno sempre fatto lungo la storia, camminando lungo la via della sofferenza.
Per i cristiani dell’Iraq, il 31 ottobre non è stata la prima volta che hanno sofferto, e nessun essere umano, e specialmente coloro che pretendono di volere la pace ma in realtà non la vogliono, può pretendere che questa sarà l’ultima volta. Ma loro non ci interessano, perché la nostra speranza non è mai stata e mai lo sarà in loro, ma in Colui che ha portato la sua croce e ha camminato sulla via della morte per garantirci che la vita alla fine continuerà e vincerà.
I cristiani dell’Iraq hanno sperimentato in maniera profonda il senso della vita perché ne hanno vissuto le gioie dopo averne gustato l’amaro delle tristezze; ne hanno vissuto la speranza dopo aver sperimentato la potenza della tragedia; ne hanno vissuto il riso dopo aver versato le lacrime; e ne hanno vissuto il sorriso dopo aver visto la volontà rotta dalla violenza. Questi sono realmente i cristiani dell’Iraq con il loro cuore buono, che ama tutti e la patria e la vita; questi sono coloro che perdonano i loro nemici e seminano il bene ovunque si trovino, e diffondono lo spirito della pace che sa del loro profumo. E nonostante le loro tante sofferenze, non hanno mai dimenticato di vivere il loro spirito cristiano in ogni luogo.
Volete un esempio di tutto questo?! Bene, ve lo mostra la chiesa di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, che vi parlerà a nome di tutti i cristiani dell’Iraq e vi darà esempi scritti col sangue dei suoi martiri. Avete sentito in che modo sono morti in questo massacro i due preti coraggiosi, Wasim Sabieh e Thaier Saad Abdal?! Sapevate che hanno difeso i fedeli e hanno cercato di salvarli offrendo la loro vita non appena i criminali hanno messo piede in chiesa?!
Lo sapevate che un padre ha protetto il suo figlioletto coprendolo totalmente con il corpo mentre erano sdraiati a terra, ed è morto con una raffica di proiettili per far soppravvivere il figlio?! Avete sentito che gli assassini hanno ucciso una bimba di 4 mesi e una giovane che nel giono della sua morte aveva ricevuto la notizia più bella, e cioè che era incinta, e per questo era andata in chiesa per ringraziare il Signore per questo dono?!
O popoli del mondo, questi sono i cristiani dell’Iraq. Udite e testimoniate a tutti!
E voi cristiani dell’Iraq, se la tristezza riempie le vostre anime e non vedete il futuro, guardate lassù, al Dio dei Cieli e della Terra, e ricordatevi bene di chi siete e fatelo sapere al mondo! Cristo non lascerà soli noi che siamo il suo “piccolo gregge” e ci vorrà sempre con Lui, a vivere la nostra fede e il nostro amore per tutti come abbiamo sempre fatto, perché ci dice “da questo tutti sapranno che siete miei discepoli” (Giovanni 13: 35).
Testimoniamo con la nostra vita, affinché le coscienze vedano quanto ci sta accadendo, e affinché sentano coloro che hanno tappato gli orecchi e parlino coloro che hanno serrato le labbra. Noi siamo i cristiani dell’Iraq!
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Internazionale n.871 5-11 novembre 2010
L’esodo dei cristiani d’Oriente
articolo tratto da: Le Monde, Francia
Difficile parlare di “terrorismo cieco” quando dei preti e dei fedeli che assistono alla messa sono uccisi nella loro chiesa, alla vigilia di Ognissanti. È accaduto a Baghdad, dove un tentativo di sequestro si è concluso con una strage, il 31 ottobre, dopo l’intervento dell’esercito iracheno. Bilancio: più di 50 morti, in maggioranza donne e bambini. Obiettivo dell’attentato era la comunità cristiana del paese, spesso presa di mira dalle “milizie islamiste” che destabilizzano l’Iraq da quando è caduto Saddam Hussein.
È l’ultimo atto di una lunga tragedia: l’esilio dei cristiani d’Oriente. Islamismo, conflitti vari – in particolare quello israelo-palestinese -, povertà: sono molte le cause che spiegano questo dramma. I cristiani fuggono dai luoghi che sono la culla della loro fede. Quasi la metà della popolazione cristiana irachena è fuggita dal paese negli ultimi vent’anni. Dall’invasione statunitense del 2003 e dopo anni di violenze l’esodo si è accelerato.
Il problema riguarda l’intera regione. Per il gesuita egiziano Samir Khalil Samir, la scomparsa dei cristiani d’Oriente non è “una semplice ipotesi”: in un secolo, la popolazione cristiana della Turchia è passata dal 20 allo 0,2 per cento. Nello stesso periodo la percentuale dei cristiani nell’insieme dei paesi che hanno visto nascere e prosperare il cristianesimo è scesa dal 15 al 6 per cento.
Una serie di motivi economici, politici, demografici e religiosi spiega il fenomeno. Ma da qualche anno il clero e i fedeli mettono tra le cause la crescente islamizzazione delle società in cui vivono. Al di là dell’isiam radicale, è ormai il confrontarsi quotidianamente con l’isiam politico a rendere difficile la sopravvivenza della cultura cristiana.
Il Vaticano ha protestato. Non dovrebbe rimanere solo: l’esodo dei cristiani d’Oriente è un dramma che riguarda tutti.
+ oda