Ogni uomo è unico e irripetibile. Ma come si può rendere desiderabile la vita? Solo riscoprendo quanto essa sia preziosa.
di Giacomo Samek Lodovici
L’apparato massmediatico solletica sistematicamente molti desideri: quello sessuale, come appetito che cerca il solo godimento; il desiderio di successo e di prestigio sociale; il desiderio di apparire ed essere famosi; quello dell’estremo (dell’occulto, dello sport pericoloso); quello della trasgressione, ecc.
Però non si prodiga mai per alimentare il desiderio per la vita (a meno che non sia il desiderio per la vita mediante la fecondazione artificiale, cioè per la vita a tutti i costi, cioè anche quando la natura non acconsente).
Come si può invertire questa tendenza pervasiva di svalutazione della vita umana? Come si può rendere desiderabile la vita? Solo riscoprendone l’incommensurabile preziosità-dignità. Kant affermava che mentre le cose hanno un prezzo, gli uomini hanno una dignità, cioè sono talmente preziosi da non avere alcun prezzo.
Ora, Oscar Wilde diceva che apprezzeremmo di più i tramonti se li dovessimo pagare. È un aforisma che può darci un suggerimento: noi svalutiamo la vita per una sorta di inflazionamento, perché non sappiamo cogliere la bellezza di ciò che è pur abituale, e non ci rendiamo conto che ogni nuova nascita di un essere umano è una meraviglia, che ogni vita umana è un miracolo e un rinnovato mistero. Le righe che seguono cercheranno di dimostrarlo.
Infatti, anche solo dal punto di vista biologico, ogni singolo corpo umano è composto da molteplici organi e costituito da circa 100.000 miliardi di cellule, ognuna delle quali è composta da migliaia di miliardi di molecole: è un enorme laboratorio chimico che compie operazioni sofisticatissime. E al centro di ognuno di questi laboratori si trova il DNA, a sua volta composto da 4 miliardi di caratteri.
Anche solo dal punto di vista fisico, la vita non sarebbe sorta se fossero stati minimamente diversi i parametri delle forze fisiche fondamentali, che determinano sia la struttura dell’universo, sia le sue leggi fisico-chimiche, sia l’articolazione delle fasi della sua evoluzione. Solo un esempio: se il valore della costante gravitazionale fosse stato anche assai di poco più alto, l’universo sarebbe subito collassato; se fosse stato anche assai di poco minore non sarebbero nate le stelle e dunque nemmeno i pianeti.
Ma se già dal punto di vista biologico e fisico la vita è un prodigio, in più l’uomo è un essere unico tra i viventi: “Molte cose sono mirabili al mondo, ma l’uomo le supera tutte” (Sofocle), come si può vedere considerando alcune sue caratteristiche, che lo distinguono dagli animali.
1) L’uomo, diversamente dall’animale, non si limita a cogliere la piacevolezza/dolorosità delle cose, ma è un essere conoscitivo che vuole conoscere la verità sulle cose, percepisce il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, il bello e il brutto. 2) L’uomo è connotato dalla socialità. 3) L’uomo è capace di amare, che non significa cercare l’utile o il piacere personale per mezzo di un altro uomo, ma vuol dire cercare il suo bene, promuovere la sua felicità. 4) L’uomo possiede la libertà, cioè la volontà umana è capace di dare a se stessa delle motivazioni e di scegliere. 5) L’uomo è artista, perché è in grado di cogliere la bellezza e cerca di immortalarla in opere che non hanno una finalità pratica, bensì sollecitano l’ammirazione e lo stupore disinteressato. 6) L’uomo è costituito di corpo ma anche di spirito. 7) L’uomo è capace di religiosità: molti filosofi (per es. Cicerone ed Hegel) hanno rimarcato ciò che anche gli antropologi e gli etnologi affermano: l’uomo da sempre esercita delle attività religiose mentre gli animali non hanno una religione.
Insomma, davvero “l’uomo è il culmine e quasi il compendio dell’universo, e la suprema bellezza dell’intera creazione” (S. Ambrogio).
Se fin qui abbiamo sinteticamente visto la preziosità comune ad ogni uomo, ora dobbiamo aggiungere che ogni singolo uomo è unico ed irripetibile, perché è un io, come non ne è esistito e non ne esisterà mai uno identico.
Il filosofo Levinas dice che ogni figlio è un figlio unico, anche se ha molti fratelli, perché non è la reduplicazione di nessuno, neanche del suo eventuale gemello: ha un’interiorità che lo distingue dal gemello, che gli è solo fisicamente identico.
Ebbene, un io non soltanto va desiderato, ma altresì amato. In effetti possiamo fare un ulteriore progresso nella nostra riflessione, sulla scorta del documento della Cei: “la vita […] chiede amore”.
Il desiderio ha per oggetto ciò che non esiste ancora, ciò a cui si anela, è l’espressione di una mancanza che si agogna di eliminare. Invece l’amore è una premura affettuosa per chi c’è già. Amare qualcuno significa dirgli: “è bene che tu sia, è meraviglioso che tu esista, gioisco per il tuo esserci” (anche, per es., se sei disabile). Significa provare stupore e meraviglia per l’esistere dell’altro, per ciò che l’altro è, e non per ciò che l’altro fa o possiede.
Di più, amare significa cercare il bene dell’altro nella sua singolarità e unicità e non per le sue qualità e caratteristiche psicofisiche, che possono essere riproducibili: la simpatia, la bellezza, l’arguzia di una persona possono avere reduplicazioni in altre persone; ma l’io di ciascuno è un unicum nell’intera storia dell’universo.
Amare non significa intrattenere un rapporto con una persona che può essere sostituita con un’altra avente le stesse qualità, nemmeno se fosse il fratello o la sorella gemella. L’amore dischiude lo scrigno interiore dell’identità dell’altro, come diceva lo psicoterapeuta Viktor Frankl: “Nel caso in cui un perfetto doppio occupasse il posto di una persona amata, un doppio che disponesse anche di tutte le informazioni relative ai ricordi comuni – forse noi non ci accorgeremmo dell’inganno; tuttavia se avvertissimo che si tratta di un inganno […] allora ci sentiremmo traditi. L’altro non sarebbe più l’uomo amato, a meno di non incominciare ad amare anche lui. Ma in tal caso si tratterebbe di un altro amore”.
Ancora, ogni uomo è un singolo irripetibile, perché può intrattenere un rapporto personale con Dio: “ogni singolo uomo, qualunque sia la sua condizione: uomo, donna, ragazza di servizio, ministro, commerciante, studente ecc. […] esiste davanti a Dio! Questo singolo uomo che forse sarebbe orgoglioso di aver parlato una volta in vita sua col re, quest’uomo che si vanta tanto di vivere in rapporti cordiali con questa e quest’altra persona famosa, ecco che quest’uomo esiste davanti a Dio, può parlare con Dio in qualsiasi momento, sicuro di essere ascoltato: insomma quest’uomo è invitato a vivere nei rapporti più familiari con Dio!” (Kierkegaard).
Se riusciremo a comprendere che ogni io è unico ed irripetibile potremo affrancarci dal conformismo dei desideri indotti culturalmente dai media e prendere l’iniziativa personale e controcorrente, di amare singolarmente e in modo speciale l’uomo singolo in cui ci imbattiamo, di gioire per il suo esserci.
È questo il nostro compito: noi proveniamo dall’amore di qualcuno (e di Qualcuno) e siamo chiamati ad amare. Lo diceva stupendamente Giovanni Paolo II, con un ragionamento che, per altro, non richiede la fede: “l’uomo non può vivere senza amore […] la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non s’incontra con l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente”. Siamo chiamati ad amare e ad amare singolarmente.