Chiesa, crollo degli studenti all’ora di religione.

Il Messaggero venerdì 28 marzo 2025

Chiesa, crollo degli studenti all’ora di religione: dai dati resi pubblici, Bologna e Firenze le città italiane più laiche tra tutte.

Il report sulla Chiesa italiana

di Franca Giansoldati

Il dato impietoso fotografa l’autentica debacle della Chiesa italiana nel far fronte al processo inarrestabile di secolarizzazione in atto da decenni nel nostro paese. E’ cresciuto ancora il numero degli studenti che a livello nazionale hanno rifiutato l’insegnamento alla regione cattolica. Stavolta sono 82 mila in più. I dati ufficiali a disposizione fanno riferimento all’anno scolastico 2022-2023 dove gli studenti erano pari a 1.096.846 mentre l’anno precedente erano pari a 1.014.841. I dati ufficiali del Ministero della Pubblica Istruzione sono stati diffusi non tanto dalla Cei ma dall’associazione Uar, Unione degli atei agnostici e razionalisti a seguito di un accesso civico richiesto ai dati ministeriali. Solo così questi numeri preoccupanti sono fuoriusciti e diventati oggetto di una riflessione comune.

DEBACLE

«Già due anni fa, in collaborazione con l’associazione OnData del progetto #DatiBeneComune, abbiamo presentato una richiesta di accesso civico ai dati, in base a quanto previsto dal decreto legislativo 33/2013. Ne era emerso che in quell’anno scolastico gli studenti che avevano detto no all’Irc erano più di un milione. Poiché sul Portale Unico dei dati della scuola continuano a mancare le informazioni circa la frequenza e non frequenza dell’Irc, con DatiBeneComune abbiamo deciso di reiterare la richiesta e di liberare così i dati relativi agli ultimi due anni, analizzandoli e rielaborandoli per metterli a disposizione di tutti», racconta il segretario dell’Uaar, Roberto Grendene.

LE CITTA’ PIU’ LAICHE

Dall’esame delle città spicca il sorpasso laico di Firenze (51,51%). Seguono i Comuni di Bologna (47.29%) dove risiede il presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi, Aosta (43,58%), Biella (40,62%), Mantova (40,54%), Brescia (38,6%), Trieste (37.94%) e Torino (37,67%). In fondo alla classifica Taranto, Benevento e Barletta, con percentuali inferiori al 3%. Considerando l’intero territorio provinciale restano in testa Firenze (39,79%) e Bologna (38,15%), mentre si distingue in negativo Napoli al terzultimo posto con il 2,93% seguita solo da Barletta-Andria-Trani (2,13%) ed Enna (1,99%).

A livello regionale in testa c’è la Valle d’Aosta con il 32,53%.Segue al secondo posto l’Emilia Romagna con il 29,33% e al terzo posto la Toscana con il 29,01%. Il Nord Italia mantiene percentuali intorno al 25% (Liguria, Piemonte, Lombardia e Friuli Venezia Giulia), scendendo al 21,29% in Veneto e al 17,84% in Trentino Alto Adige. Nel Centro Italia Marche, Lazio, Umbria restano intorno al 15%, mentre andando verso Sud, Sardegna e Abruzzo si attestano intorno al 10% e tutte le altre regioni meridionali si confermano sotto il 5% (Sicilia, Calabria e Puglia intorno al 4%, Basilicata e Campania sul 3%).

RELIGIONE CATTOLICA

Nella top 5 degli Istituti con il record di studenti che non vogliono seguire gli insegnamenti della religione cattolica a scuola troviamo in testa il professionale e tecnico “Olivetti” di Ivrea classificatosi al primo e al secondo posto con il 90,7% e l’87,88%. In molti casi il numero degli studenti adulti degli istituti tecnici e professionali che frequentano le scuole serali influenza la percentuale complessiva dell’Istituto. Segue al terzo posto l’Istituto tecnico “Sassetti-Peruzzi” di Firenze con l’86,78% di non avvalentisi, al quarto la primaria “Nazario Sauro” di Monfalcone (GO) con l’86,45% e al quinto l’Istituto professionale Carrara di Novellara (RE) con l’86,29%.

Primi tra i licei il “Leon Battista Alberti” di Firenze (84,65%), tra le secondarie di primo grado le “Rodari” di Torre Pellice (TO) con l’83,70% mentre con l’83,58% dei bambini di 3-5 anni di età sono le “San Giacomo” di Brescia a risultare in testa alle scuole dell’infanzia. Il dato nazionale per tipo di scuola vede al primo posto gli Istituti professionali con il 27,83%, al secondo gli Istituti tecnici con il 25,31 e al terzo i licei con il 18,48%. Scuola secondaria di primo grado, primaria e scuola dell’infanzia si posizionano tra il 15,77 e il 12,4%.

«Per l’ennesima volta l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti – dichiara Roberto Grendene, segretario nazionale Uaar – colma carenze ministeriali e rende pubbliche informazioni che incredibilmente mancano dal Portale unico dei dati della Scuola. Il ministro Valditara sembra un po’ troppo impegnato a privilegiare l’insegnamento religioso, con concorsi farsa per assumere in ruolo docenti scelti dal vescovo e con la recente trovata di far studiare in chiave identitaria la Bibbia ai bambini di sei anni. Dovrebbe invece tutelare i diritti delle sempre più numerose famiglie che chiedono una scuola laica e iniziare a pensare a un sistema nazionale d’istruzione privo del fardello dell’ora di religione cattolica».

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Snadir 28 marzo 2025

L’ossessione dell’UAAR per l’insegnamento della religione cattolica

Orazio Ruscica (segretario nazionale Snadir)

L’UAAR e chi la dirige, in questo periodo dell’anno, acuisce la sua ossessione verso il mondo dell’insegnamento della religione cattolica. Non si spiega altrimenti il perché l’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti compulsi il Ministero dell’Istruzione e del Merito dopo avere recuperato – a proprio uso e consumo, però, e dunque in modo parziale e ‘sospetto’ – i dati sulla frequenza dell’Insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali italiane.

Un’analisi parziale e fuorviante

È facile dire che ci sono 1 milione e 164 mila studenti che dicono no e tirare fuori le percentuali di un teorico aumento. Un po’ più serio sarebbe invece dire che aumentano nelle nostre scuole anche ragazze e ragazzi di altre religioni e magari (ma con loro è chiedere troppo…) citare anche quanti continuano a dire sì a questo insegnamento!

E farlo, magari (ma anche qui siamo davvero oltre ogni ottimismo della ragione) senza tacciare, ad esempio, di “dato negativo” (leggiamo così dalle loro pagine) realtà come Enna, Napoli o la provincia di Andria-Barletta-Trani dove la percentuale dei no all’Irc è sotto il 3%! Perché se si dà l’accezione ‘negativo’ a questo dato, vuol dire un’azione di disonestà intellettuale e di poca serietà.

Inoltre, il dato nazionale racconta un’altra storia: in trent’anni il numero di studenti che si avvalgono dell’Irc è diminuito mediamente dello 0,36% all’anno. Una flessione lieve e del tutto fisiologica, se consideriamo un periodo così ampio. Anzi, il dato complessivo dice chiaramente che l’Irc tiene eccome: negli ultimi trent’anni la media degli studenti che si sono avvalsi di questo insegnamento si è attestata attorno al 90,6%. Un segnale evidente che l’Irc continua ad essere scelto e gradito dalla stragrande maggioranza degli studenti italiani.

Dati che si ritorcono contro l’UAAR

Anche guardando i dati delle realtà sbandierate dall’UAAR come – secondo il loro lessico e il loro pensiero – ‘positive’ e dove si impone il ‘no’ all’ora di religione, notiamo che, Firenze a parte, nessuna supera il 50%. Bologna, ad esempio, è a poco più del 47%, ancor meno Aosta, Biella o Mantova, poco oltre il 40%. E sotto questa soglia si trovano tutte le altre 90 e più aree provinciali del Paese.

Il che significa – se la matematica non è un’opinione e se un’onestà intellettuale dovrebbe portare ad argomentare in maniera seria le proprie opinioni – che più di tre quarti dei nostri studenti vuole l’ora di Insegnamento della Religione Cattolica. Il che significa, con buona pace dell’UAAR, che i loro numeri sono claudicanti per i motivi per cui li sbandierano e, anzi, gli si ritorcono contro. Non si tratta di punti di vista, ma di dati oggettivi. Spiace per l’UAAR, ma è così e se ne dovranno fare una ragione.

Uno sguardo alle Regioni: il dato complessivo

Se poi lo sguardo si allarga alle Regioni, nessuna (Val d’Aosta esclusa) supera il 30% di ‘esonerati’ da quell’ora così importante, a nostro parere, per la crescita delle nuove generazioni. E anche la ‘rossa’ Emilia è al 29,33%, vale a dire un luogo dove più di due studenti su tre la nostra ora di insegnamento la vogliono e la frequentano.

Un’ombra di razzismo territoriale

Tra l’altro, nel comunicato stampa in cui l’UAAR urla il suo ‘no’ all’insegnamento della Religione cattolica nelle nostre scuole, si nota una sorta di strisciante e spiacevole razzismo territoriale. C’è infatti un marcato distinguo tra Nord e Sud che è retrogrado e degradante. Non tanto per chi, teoricamente, lo subisce, quanto per chi, come loro, lo evidenzia. Ma, leggendoli, non ci sorprendiamo…

L’ignoranza sull’ora di religione

Un’ultima cosa. Prima di definire “fardello” l’ora di religione cattolica, l’UAAR dovrebbe conoscere cosa si fa in quei 60 (o quasi) minuti, il grado di attenzione e di interesse di chi la frequenta e la preparazione di chi la conduce, i nostri insegnanti.
Ma chiedere loro di informarsi, conoscere, ascoltare e poi capire, ci rendiamo conto che è davvero troppo…

Però siccome siamo insegnanti, siamo lieti di spiegare ancora una volta all’Uaar che l’insegnamento della religione è svolto secondo le finalità della scuola. Insegnare religione oggi significa molto più che trasmettere contenuti disciplinari: è un’arte educativa che intreccia metodo e passione, traducendo i saperi in competenze concrete, obiettivi formativi chiari, conoscenze vive e abilità da allenare ogni giorno. È un percorso che punta a sviluppare negli studenti non solo capacità intellettuali, ma anche l’attitudine al dialogo autentico, alla libertà interiore, al senso di giustizia e alla costruzione della pace.

I docenti di religione cattolica sono così protagonisti di un’azione educativa che apre spazi di comprensione, rispetto e riflessione profonda. La loro presenza rappresenta un pilastro fondamentale per un’educazione integrale, capace di accompagnare i giovani nella loro crescita personale e culturale, con uno sguardo ampio, inclusivo e profondamente umano.

Appuntamento al prossimo anno

All’UAAR un ironico ciao ciao e appuntamento al prossimo anno, quando – come da copione – arriveranno nuovi numeri e dati. Noi ci sentiamo rafforzati nelle nostre ragioni di esserci e di continuare a dare il nostro impegno per le nostre ragazze e i nostri ragazzi.