In Cina ci sono organi nazionali e locali che dovrebbero rappresentare il popolo. In realtà sono istituzioni manipolate per censurare ogni idea contraria al regime
di Li Datong,
articolo tratto da Open Democracy (Gran Bretagna)
Una relazione del presidente del comitato permanente del Cnp, Wu Bangguo, ha delineato i princìpi guida del congresso, sottolineando che il percorso di riforme istituzionali della Cina non imiterà l’occidente: nessun sistema multipartitico, nessuna separazione dei poteri e nessun bicameralismo. Bangguo ha anche detto che i rappresentanti del popolo cinese sono diversi dai parlamentari degli altri paesi: sono “rappresentanti generali, non rappresentano un partito e un gruppo d’interesse”.
In teoria il Cnp è l’autorità suprema della Cina, ma in realtà è un’assemblea manipolata e quindi senza potere effettivo. Ogni anno più di tremila rappresentanti arrivano a Pechino da ogni parte del paese, ma vengono isolati nei loro alberghi, senza la possibilità di incontrarsi e discutere tra loro.
Durante i lavori, i discorsi vuoti e noiosi producono anche momenti di umorismo involontario, che fanno subito il giro della rete: per esempio, la proposta di nominare il primo ministro Wen Jiabao “lavoratore modello della nazione” o l’idea che l’Unesco possa nominare lo spirito dell’eroe di guerra Lei Feng patrimonio culturale dell’umanità.
Come fanno queste persone a rappresentare i cinesi? Come cittadino cinese residente a Pechino, ho il diritto di eleggere un rappresentante del mio distretto al congresso del popolo di Pechino. Ogni tre anni qualcuno mi consegna una scheda elettorale e un pezzo di carta con i nomi di tre o quattro persone.
Non so niente delle loro opinioni politiche, delle loro capacità né di quello che hanno fatto. Mi interessa di più sapere come sono diventati dei “candidati sicuri”. Ma nessuno me lo dirà, né saprò mai i risultati finali. Dal momento che non sono disposto a votare qualcuno che non conosco, mi astengo. Non ho altra scelta. La finta elezione di questi rappresentanti del popolo è il principale diritto concesso agli elettori.
Internet, però, permette di scoprire almeno chi sono i rappresentanti nazionali del popolo. Ho dato un’occhiata all’elenco per un a provincia media come l’Hebei: novanta dei suoi 121 rappresentanti sono membri del partito, 43 sono segretari del partito, 72 funzionari del governo e 40 dirigenti d’azienda. La delegazione più piccola, quella della provincia di Hainan, è composta esclusivamente da funzionari governativi, nessuno con una carica inferiore a quella di segretario distrettuale del partito.
Il Cnp è praticamente un’assemblea dì membri e funzionari del partito e di imprenditori. Sono rappresentanti del popolo quasi tutti i funzionari principali: dal presidente della Cina al premier fino ai governatori delle province, ai sindaci delle grandi città e ai capi dei distretti.
Ma il problema è che i congressi fanno di tutto per eliminare il dissenso. Nel 2003 un mio collega è stato eletto al congresso distrettuale. Poiché non apparteneva al partito, era entusiasta all’ idea di poter fare qualcosa di buono. Ma in un voto durante la prima sessione plenaria del congresso è stato l’unico ad alzare la mano per indicare la sua astensione. A quel punto sono cominciati i guai.
A fine giornata sono andati a parlargli alcuni funzionali. “Non capisci che non puoi alzare la mano come se niente fosse? Non puoi votare al vecchio modo” dissero. “Non astenerti né votare contro niente. Capito? Pensi che avere posizioni contrarie o divergenti sia democratico? Non essere così ingenuo”. Il mio collega ha capito che ai rappresentanti del popolo non è consentito avere opinioni personali. Dopo quella volta, durante le votazioni si è ritrovato sempre seduto vicino a un rappresentante della polizia e non si è più astenuto. E allo scadere del mandato non è stato ricandidato”
Massima sicurezzaII sistema usa due metodi per assicurarsi che il Cnp e la Ccppc siano un puro ornamento: fa in modo che il 70 per cento dei delegati sia composto da membri del partito e filtra le nomine per eliminare i rappresentanti indipendenti che hanno il coraggio di esprimere le loro opinioni.
A chi è al potere questo atteggiamento può sembrare un mezzo per garantire la massima sicurezza. In realtà ci sono molti rischi: un’elite di governo che non ascolta mai le critiche favorirà inevitabilmente i propri interessi nelle decisioni politiche. E questo con il tempo provocherà il malcontento sociale. I funzionari che non devono preoccuparsi delle critiche diventeranno arroganti. Inoltre, se i rappresentanti del popolo sono una semplice appendice del governo, non possono fare da intermediari in caso di gravi rivolte sociali. E questo va a scapito sia del governo sia del popolo.
Ma c’è anche una buona notizia: trecento membri della Ccppc si sono rifiutati di partecipare all’assemblea. Un nuovo record. Un centinaio di loro non ha neanche presentato le proprie scuse, un modo per esprimere pubblicamente il loro disprezzo. E un segnale che questa finta democrazia alla fine sarà abbandonata. Nm
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Li Datong è un giornalista cinese, È stato uno dei fondatori di Bing dian, il supplemento settimanale del Quotidiano della gioventù cinese chiuso dalle autorità nel gennaio del 2006. Vive a Pechino