In Cina e nell’estremo Oriente la cultura tradizionale rende estremamente difficile reperire organi umani per i trapianti, perciò la “carità comunista” ha risolto il problema avviando un lucroso commercio di corpi, quello dei condannati a morte.
di Andrea Bartelloni
La “carità comunista”, come titola in inglese il volume Cina, traffici di morte (Guerini e associati, 2008) che la Laogai research foundation (http://www.laogai.org/) ha prodotto, ha risolto il problema culturale utilizzando materiale umano che è presente in abbondanza in Cina: giovani, sani e robusti condannati a morte che danno il loro “consenso informato” all’espianto dei loro organi.
Spesso le famiglie restano addirittura all’oscuro di tutto e vengono depistate sul luogo della cremazione dei loro cari. Personale carcerario corrotto, medici e paramedici compiacenti prestano la loro professionalità per quello che sempre più appare un vero e proprio commercio di organi.
A seconda delle necessità del mercato le esecuzioni avvengono in maniera finalizzata al tipo di espianto: per i reni non occorrono particolari precauzioni, mentre invece per il cuore o altri organi, occorre sia una preparazione pre-esecuzione del donatore, che un’esecuzione attenta a non pregiudicare l’espianto. In alcuni casi gli espianti-esecuzioni avvengono i ambiente ospedaliero; in questi casi il ricevente deve essere una personalità o qualcuno che non bada a spese!
Questo traffico è imponente se si pensa che ogni anno in Cina si contano dalle 8000 alle 10000 condanne a morte, come ricorda il dissidente Harry Wu, sopravvissuto per 19 anni in un laogai (l’equivalente cinese del GULag sovietico) che ha raccontato la sua esperienza nel volume Controrivoluzionario. I miei anni nei gulag cinesi, San Paolo, 2008.
Nel 2006 Amnesty International ha denunciato questo traffico e grazie alle pressioni della Laogai research foundation Italia della quale è presidente Toni Brandi, anche il parlamento italiano, nel 2007, si è pronunciato contro il sistema carcerario e repressivo cinese. Amnesty ha anche richiesto la cessazione della raccolta di organi dai detenuti.
Drammatiche sono le testimonianze di medici e pazienti residenti fuori dalla Cina raccolte dallo stesso Harry Wu e riportate nel volume della Laogai foundation che testimoniano di questi traffici legati alla grande disponibilità di organi in questo che è un vero e proprio mercato. Questi trafficanti si vantano della grande disponibilità e scelta dovuta al gran numero di criminali in attesa di sentenza, sentenze legate a confessioni spesso estorte con la tortura.
Pensavamo che l’abisso degli orrori fosse già stato descritti, invece ciò che ieri non era immaginabile oggi, grazie ai progressi della scienza e della medicina, è possibile; un buon fine, la salute di un malato, non giustificherà mai il male commesso.
Che fare? «Perché il male trionfi è sufficiente che gli uomini buoni non facciano nulla» questo ci ricordava già nel XVIII secolo, Edmund Burke; lo stesso concetto fu espresso anche da un sopravvissuto all’orrore comunista, Aleksandr Sozenicyn, con sul «vivere senza menzogna».
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Laogai research foundation Cina. Traffici di morte Il commercio degli organi dei condannati a morte. A cura di Maria Vittoria Cattanìa e Toni Brandi. Prefazione di Harry Wu – Guerini e Associati, 2008.