E’ in corso da anni una strategia mediatica per far recepire l’omosessualità. Ecco le modalità impiegate al cinema e in televisione. In prodotti che hanno scarso successo di pubblico.
di Armando Fumagalli
Uno dei cambiamenti più forti avvenuti negli ultimi 15 anni nella pubblica opinione – anche se siamo sicuri che è meno forte di quello che appare sui media – riguarda la valutazione morale dei comportamenti omosessuali. E’ un altro dei molti campi in cui cinema e tv, ben prima di arrivare ai dibattiti parlamentari, hanno giocato la loro battaglia movendo i sentimenti dell’opinione pubblica per portarla a valutazioni diverse da quelle che la morale cristiana – e di molte altre religioni – insegna.
Negli ultimi anni questa campagna mediale a favore dello stile di vita omosessuale si è intensificata. In Italia abbiamo avuto recentemente vari programmi tv su reti minori come La 7 o Fox Life, ma anche trasmissioni in tarda serata su Italia 1. La questione omosessuale è tornata alla ribalta con la recente messa in onda di una fiction di Raduno che ha messo in evidenza come il fenomeno omosessuale sia ormai stato “sdoganato”. Il cinema da molti anni porta avanti la sua battaglia: ormai nella gran parte del cinema europeo su tre personaggi almeno uno “deve” essere omosessuale.
Un regista osannato e pluripremiato come Almodòvar in modo più o meno esplicito a seconda dei film conduce una sua personale battaglia contro la Chiesa e contro la distinzione sessuale fra maschile e femminile. L’ultimo suo film, La mala educaciòn, è tanto estremo nel portare avanti l’ideologia gay che il pubblico lo ha in buona parte rifiutato. I due precedenti, Tutto su mia madre e Parla con lei erano meno diretti, ma per questo molto più efficaci per i suoi scopi.
Infatti, fra i tanti tranelli della propaganda gay (dove per propaganda gay intendiamo l’ideologia che dà una certa lettura della condizione omosessuale, proponendo i gay pride, il matrimonio tra persone dello stesso sesso, ecc.), non bisogna credere che ogni prodotto televisivo o cinematografico con questo marchio sia garantito da successo: in generale i programmi “trasgressivi” hanno largo spazio sui giornali, sulle riviste, nel “dibattito”, ma poi la gente li rifiuta.
I giornali parlano di “grandi successi”, ma si tratta di fenomeni di culto e/o di nicchia. Basti solo un esempio: la serie Sex and the City, che ha fatto versare fiumi di inchiostro ai giornalisti, ha avuto una media di circa 500.000 spettatori in Italia: un decimo di quello che raccoglie una fiction di scarso successo. Il film Eros, di cui si parlava da anni prima che uscisse, firmato da “maestri” come Antonioni, Wong-Kar-wai e Soderbergh, si è inabissato al botteghino. Lo stesso vale per molte trasmissioni gay che non raggiungono se non pubblici di nicchia: I magnifici cinque, dove 5 omosessuali aiutano un malcapitato a migliorare la proprie maniere, veleggia su uno share dell’1,5%.
La morale cristiana insiste nell’insegnare una distinzione fra il rispetto che va dato alla persona – a tutte le persone, compreso naturalmente le persone omosessuali – e quindi il fatto che nessuno possa essere discriminato nei suoi diritti fondamentali, dalla valutazione morale degli atti omosessuali, che (tanto per gli omosessuali quanto per gli eterosessuali) sono non solo leciti, ma buoni, solamente all’interno del matrimonio e in un contesto di reciproca donazione nella stabilità di una vita insieme e di apertura alla vita. E il matrimonio è l’unione di un uomo e di una donna per fondare una famiglia aperta – almeno in potenza – alla procreazione e all’educazione dei figli.
La strategia della ideologia gay invece è stata di confondere queste due idee (no alla discriminazione per le persone e valutazione morale dei comportamenti), presentando gli omosessuali soprattutto come vittime: dal suscitare rifiuto per ingiuste discriminazioni si faceva scivolare verso l’accettazione dello stile di vita omosessuale tout court. Il “manifesto” di questa strategia è stato il film Philadelphia (1993), che utilizzava per la prima volta, in un film per il grande pubblico, questa efficacissima retorica: l’omosessuale subisce una grave ingiustizia (viene licenziato da uno studio di avvocati solo perché è malato) e quindi il pubblico empatizza giustamente con lui.
Da qui però la storia vuole convincere – in modi narrativamente molto efficaci – su qualcosa di molto ulteriore, e cioè che la scelta omosessuale è in tutto e per tutto equiparabile a quella eterosessuale. La strategia per far penetrare questa mentalità tra la gente comune era già stata lucidamente delineata in un articolo programmatico di una rivista gay (Cristopher Street) del dicembre 1984 (cfr. il bel saggio del critico cinematografico M. Medved, resoconto su Aceprensa, n° 56 del 1999).
Tale strategia consisteva in: Normalizzazione: abbattere i sentimenti negativi presentando continuamente situazioni di omosessuali per far passare l’idea che si tratti di comportamenti diffusi e comunque “normali”. Da qui anche la continua manipolazione dei dati sulla quantità di omosessuali, presentati come se fossero il 10% della popolazione, mentre in Paesi dove sono state fatte ricerche approfondite, anche recenti, i dati non superano l’1 o il 2%.
Presentare gli omosessuali come vittime. E’ il tasto su cui continua a battere l’deologia gay, che si illude e vuole illudere che le difficoltà esistenziali, relazionali, affettive degli omosessuali siano dovute solo alla mancanza di riconoscimento sociale, quando moltissima letteratura psicologica (tranne quella recentissima, che in buona misura è stata “silenziata” dalle pressioni dei gruppi gay) manifestano la condizione omosessuale come una condizione radicalmente instabile e difficile, frutto e causa di frustrazioni. Da qui, per es. (e non dal mancato “riconoscimento sociale”), l’alta percentuale di suicidi che si trova, purtroppo, fra gli omosessuali.
Demonizzare chi si oppone. Gli “omofobi” sono spesso “incarnati” da nazisti o membri del Ku Klux Klan, oppure sono militaristi repressi, o fanatici religiosi violenti e ripugnanti. Bisogna riconoscere che di fatto questa strategia è stata realizzata e in buona misura ha funzionato. Spesso perché, come dicevamo, fa leva su sentimenti “buoni” (la compassione, il rifiuto delle discriminazioni), ma poi li aggira con sofismi emotivi per far arrivare le persone li dove non vorrebbero.
Certamente nel riflettere sul percorso fatto in questi anni non si può non pensare anche a quale è stata e quale deve essere la presenza di cattolici non ingenui nei media di maggior diffusione e impatto culturale, come la ty e il cinema, per dare un po’ più di verità alla situazione e ai – purtroppo veri – problemi delle persone omosessuali, ma anche e soprattutto per presentare in modo convincente ed efficace il valore della famiglia vissuta secondo il progetto di Dio.