La Croce quotidiano 17 maggio 2016
Emergenza immigrazione senza fine nel Mediterraneo: lo certifica Frontex, l’Agenzia europea per la gestione delle frontiere esterne dell’Unione europea. Per la prima volta, dall’estate scorsa, gli arrivi di migranti sulle coste del Belpaese sono state superiori a quelle registrate nel medesimo lasso di tempo sulle coste elleniche. Chiaramente un problema dell’Europa non può essere solo italiano
Giuseppe Brienza
Sono dati ufficiali: il numero degli arrivi di migranti in Italia ha superato lo scorso aprile, per la prima volta dal giugno del 2015, quello degli arrivi in Grecia. Lo ha reso noto Frontex, l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Ue.
Gli arrivi in Grecia sono stati, secondo l’agenzia diretta dal francese Fabrice Leggeri, circa 2700 (il 90% in meno rispetto al mese precedente) mentre quelli registrati nel Mediterraneo centrale sono stati 8370. L’inversione di tendenza tra Grecia e Italia, precisa Frontex in una nota pubblicata venerdì scorso, si è verificata nonostante il fatto che gli 8370 arrivi registrati nel Mediterraneo centrale rappresentino riduzioni del 13% rispetto al dato di marzo e del 50% rispetto a un anno fa. La maggior parte dei migranti giunti in Italia sono di nazionalità eritrea, egiziana e nigeriana e, secondo quanto si legge nella nota dell’agenzia dell’Ue, «non ci sono segnali di un significato spostamento di migranti dalla rotta del Mediterraneo orientale», cioè quella passante per la Grecia.
«C’è stata una drastica riduzione degli arrivi sulle isole greche», ha commentato il direttore di Frontex Leggeri. Gli arrivi di aprile, infatti, «sono ben al di sotto al numero di persone che spesso abbiamo visto arrivare quotidianamente sull’isola di Lesbo durante i mesi di picco dell’ultimo anno». Secondo Frontex, a determinare questo calo sono stati diversi fattori, in primo luogo il recente accordo Ue-Turchia ma, anche, i maggiori controlli messi in atto dalla Macedonia lungo le sue frontiere con la Grecia.
Sabato, poi, sono stati soccorsi in Sicilia dalla Guardia Costiera quasi mille migranti in arrivo dal Mediterraneo orientale sui soliti barconi ma, le previsioni per l’immediato futuro, sono allarmanti. Vari osservatori parlano di almeno mezzo milione di persone in viaggio dalla Libia verso le coste italiane. L’allerta è stata lanciata dal ministro degli Esteri dell’Uganda Kirunda Kivejinja e trova conferme in uno studio dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. «La chiusura dei campi profughi in Kenya provocherà l’arrivo nel Mediterraneo, e soprattutto in Italia, di almeno 600mila persone entro pochi mesi» (cit. in Frontex, il sorpasso dell’Italia. Più sbarchi che in Grecia, in Il Sole 24Ore, 14 maggio 2016).
Al ministero dell’Interno guardano ai prossimi mesi con preoccupazione perché, come ha detto qualche giorno fa in Parlamento il capo del Dipartimento immigrazione del Viminale Mario Morcone, «tutto è legato a variabili come le condizioni del meteo e la situazione in Libia. Si tratta di numeri che non ci danno tranquillità e in prossimità della stagione estiva è probabile vi sia un numero significativo di sbarchi». Per questo, ha spiegato Morcone, si sta lavorando per non farsi trovare impreparati e spingendo sull’Europa affinché le dislocazioni decise dall’agenda Juncker (il presidente della Commissione europea) vadano finalmente a regime. Finora infatti sono solo 600 i migranti ricollocati, un risultato «deludente».
Frontex è stata istituita con decreto del Consiglio Europeo n. 2007 del 26 ottobre 2004, ma ha iniziato ad operare solo un anno dopo, il 3 ottobre 2005. Con sede a Varsavia, in Polonia, l’Agenzia ha lo scopo di migliorare la sicurezza alle frontiere, assicurando il coordinamento delle iniziative degli Stati membri intese ad attuare le misure comunitarie per la gestione delle frontiere esterne.
Il suo scopo è il coordinamento del pattugliamento delle frontiere esterne aeree, marittime e terrestri degli Stati della UE e l’implementazione di accordi con i Paesi confinanti con l’Unione europea per la riammissione dei migranti extracomunitari respinti lungo le frontiere. Frontex opera in stretto collegamento con altri organismi comunitari dell’Ue responsabili in materia di sicurezza alle frontiere esterne, come EUROPOL, European Asylum Support Office (EASO), Eurojust, European Pollice Centre (CEPOL), l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), e di cooperazione nel settore delle dogane e dei controlli fitosanitari e veterinari, al fine di garantire la coerenza complessiva del sistema.
Le frontiere esterne sono oggi considerate strategiche anche ai fini della lotta anti-terrorismo, in quanto le attività operative condotte da parte delle autorità di controllo delle frontiere degli Stati membri dell’Unione europea sono basate sui dati di intelligence raccolti dalla stessa agenzia Ue di cooperazione. Va aggiunto inoltre che le autorità pubbliche hanno riconosciuto la necessità dell’incremento dei controlli alle frontiere esterne a cominciare dall’evento terroristico delle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001 e che successivamente il controllo delle migrazioni è stato intensificato anche nel quadro della lotta contro il terrorismo.
Figure istituzionali di riconosciuto prestigio come il magistrato Giovanni Salvi, già nel 2015 (allora era procuratore capo di Catania, procuratore generale di Roma), hanno rilevato che, le modalità operative con le quali Frontex opera, sono «meno efficaci per le indagini di polizia giudiziaria, rispetto a Mare Nostrum che consentiva la presenza a bordo delle navi, di personale della polizia giudiziaria, con una immediata attivazione delle indagini, che ha consentito di individuare e catturare trafficanti». Quello del rapporto fra immigrazione e sicurezza, anche in chiave anti-terrorismo, dunque, non è affatto un problema campato in aria. Occuparsene, non deve far rientrare automaticamente nel campo degli allarmisti o dei leghisti…