Il Sole 24 Ore lunedì 4 maggio 2015
Stefano Carrer
SEUL – Si è tenuta a Seul la riunione mondiale annuale della Commissione Trilaterale, che ha affrontato i più scottanti temi geopolitici ed economici del momento: dalla sicurezza energetica ai problemi globali della sanità, fino ai nuovi equilibri in Asia orientale. Per l’occasione, l’Assemblea Nazionale della Repubblica di Corea si è aperta alle centinaia di autorevoli membri, esponenti del mondo della politica (non attiva), del business e dell’accademia.
Ospite d’onore, l’ex segretario di Stato e generale a quattro stelle Colin Powell, che nei suoi interventi ha citato vari aneddoti sulla fine della Guerra Fredda ed è parso – probabilmente memore degli errori della seconda guerra irachena – un convinto pacifista. Più problematico, invece, l’ammiraglio Dennis Blair, che ha evidenziato i perduranti problemi nel raggiungere un accordo internazionale definitivo con l’Iran e non ha escluso futuri sfracelli se l’intesa diplomatica dovesse fallire.
Sotto la guida dei tre presidenti regionali – Joseph Nye per le Americhe, Jean-Claude Trichet per l’Europa e Yasuchika Hasegawa per l’Asia – una parte importante delle discussioni ha riguardato i nuovi delicati equilibri geopolitici in un’Asia e un mondo caratterizzati dalla forte ascesa della Cina.
Lo stesso Nye ha definito un grave errore l’opposizione manifestata dall’Amministrazione Obama al decollo della nuova banca asiatica per le infrastrutture promossa dalla Cina (Aiib), mentre vari esponenti giapponesi hanno indicato che prima o poi anche il Giappone farà meglio ad aderirvi – sia pure previo “understanding” americano – come hanno già fatto gli altri alleati di Washington sia in Europa (Italia compresa) sia nella regione asiatica (Corea del Sud, Australia).
Un discorso piuttosto triste è stato quello tenuto – durante la cena all’Assemblea Nazionale –dall’ex premier sudcoreano Lee Hong Koo, che ha lamentato come i tre grandi vicini del suo Paese mostrino recentemente la tendenza a nostalgie delle passate glorie imperiali: la Russia della grandezza dell’Unione Sovietica (e persino di quella zarista); la Cina del suo percepito ruolo storico di centro del mondo (Middle Kingdom); il Giappone nel dilemma tra rimorso per la militarizzazione imperialistica che lo portò alla rovina e il rimpianto del suo primato asiatico di modernizzazione e influenza regionale.
Il rischio, a parere di Lee, è il “il revival della geopolitica al centro della politica internazionale” accompagnato da maggiori difficoltà per i Paesi più piccoli a inalberare la bandiera della democrazia e dell’internazionalismo.
Quanto ai temi economici, le previsioni di Martin Feldstein sull’evoluzione della politica monetaria della Federal Reserve (avvio del rialzo dei tassi in settembre con obiettivo 3% nel 2017) hanno lasciato in molti la sensazione di grandi problemi in vista, dai mercati emergenti al Giappone.
E’ anche emerso come sia sostanzialmente improvvido ed errato considerare la Trans-Pacific Partnership (l’accordo multilaterale di libero scambio tra 12 Paesi, incentrato su Usa e Giappone) in funzione anti-cinese: a parte le perduranti difficoltà nel raggiungere l’intesa – legate all’atteso e non scontato ok del Congresso alla concessione di speciali poteri negoziali a Obama, prima che l’approssimarsi delle presidenziali Usa faccia rinviare tutto – le liberalizzazioni commerciali hanno proprio lo scopo non secondario di contribuire a smussare i contrasti internazionali.
La prossima riunione mondiale si terrà nell’aprile 2016 a Roma, come ha anticipato Carlo Secchi, presidente del gruppo italiano dell’associazione fondata nel 1973 da David Rockefeller(18 membri su un totale di circa 400, tra cui Mario Monti, John Elkann, Marta Dassù, Patrizia Grieco, Marco Tronchetti Provera, Enrico Letta, Gianfelice Rocca, Marcello Sala, Maurizio Sella) Secchi sottolinea le caratteristiche di dialogo multilaterale permanente di una associazione votata ad approfondire i problemi e cercare di individuare possibili soluzioni. In primo piano, a Roma, ci sarà la questione, sempre più geopolitica, dell’immigrazione.