da Il Sabato n. 33 – 19 Agosto 1989
Uno studioso russo riscrive la storia dei rapporti fra Stalin e Hitler. L’Urss patteggiò con il Reich per soggiogare l’Europa.
di Pierluca Azzaro
Accadeva cinquant’anni fa: a Mosca, il 23 agosto 1939, i plenipotenziari delle due parti tedesca e sovietica firmavano un documento comune che sanciva le rispettive sfere d’influenza sull’Europa orientale. Era il famigerato patto Ribbentrop-Molotov, che confermava l’esistenza di un asse ben solido tra le due ideologie in apparenza opposte che in quegli anni tenevano in scacco mezzo vecchio continente.
Per decenni attorno a quei protocolli d’intesa era calata una cortina di silenzio; del resto era evidente l’imbarazzo dei sovietici davanti a quelle strette di mano tra Stalin e l’uomo inviato da Hitler. Ma alla vigilia del cinquantennale dell’inizio del Secondo conflitto mondiale era inevitabile che l’attenzione degli storici si appuntasse proprio su quell’accordo.
Uno dei documenti più interessanti in proposito è appena uscito in Germania: si tratta della pubblicazione di un autore russo – Victor Suworow, ex alto ufficiale dell’esercito sovietico ora in asilo in Inghilterra -, dal titolo (Klett-Cotta, Ausgabe 1989), «il rompighiaccio della rivoluzione – Hitler nel calcolo di Stalin».
Suworow nel suo libro tenta sostanzialmente di capovolgere la tesi, ancora oggi ufficialmente sostenuta dallo Stato sovietico attraverso gli storici ad esso più vicini (vedi Schielin, recentemente nominato da Gorbaciev storico dell’Armata rossa), per cui responsabili allo scoppio della Seconda guerra mondiale furono tutti gli Stati capitalistici.
La tesi di Suworow è che Stalin, molto prima di Hitler aveva intensamente voluto e progettato un secondo conflitto «tra le diverse nazioni capitalistiche». Solo un altro cruento ed estenuante conflitto tra i diversi Stati europei avrebbe infatti potuto, secondo Stalin, scardinare una volta per tutte l’ordine politici e sociale di questo continente permettendo così «un’azione liberatrice» da parte delle truppe sovietiche e la successiva ed inevitabile bolscevizzazione del continente.
Suworow però non vede alcuna originalità in questo progetto staliniano. Il dittatore sovietico voleva infatti «semplicemente» realizzare un’idea che fu di Lenin e prima ancora di Marx e di talin consisterebbe invece nell’aver trovato e sfruttato a pieno lo strumento più adatto all’attuazione di quel progetto: Hitler e la Germania nazional-socialista.
Nel marzo del ’18 Lenin firma una sorprendente pace con i tedeschi concedendo al Reich vastissimi territori e pagando un fortissimo indennizzo per i danni di guerra. Perché questo armistizio, perché questa resa se la guerra era praticamente finita e la Russia, stando dalla parte dei vincitori, avrebbe potuto sfruttare al meglio questa sua condizione di privilegio?
Suworow non ha dubbi: a Lenin non interessa una vittoria nella «guerra imperialistica». A lui, al contrario, interessa, attraverso la pace Brest Litovsk, far divampare nel suo Paese una grande guerra civile e realizzare poi quello che di lì a poco, grazie a questa, sarebbe successo in Russia (la dittatura dei bolscevichi) anche in un’Europa dilaniata da una guerra che proprio Lenin, foraggiando la Germania, aveva prolungato.
Ed effettivamente, spiega Suworow, Lenin cercò di sfruttare la prima occasione utile che gli si presentò per estendere la bolscevizzazione dell’Europa partendo proprio dalla Germania. Nel 1920 le armate comandate dal generale Tuchacevskij tentano di invadere la Germania attraversando la Polonia ma sono sconfitte dalle armate polacche davanti a Varsavia. Lenin a questo punto capisce che la guerra mondiale e lo sbandamento da essa provocato non sono stati sufficienti a far divampare la «Rivoluzione mondiale».
Il 6 marzo 1920 davanti all’Assemblea dei soviet di Mosca dichiara che «un nuovo conflitto mondiale è inevitabile per la liberazione e la bolscevizzazione del mondo», Nel ’20 Hitler non pensava ancora ad un altro conflitto: Lenin invece vi pensava. Nello stesso anno infatti egli dichiara ancora: «La prima parte della guerra è finita. Bisogna prepararsi per la seconda parte».
Dopo la morte di Lenin, è Stalin che prende le redini del Paese e, fedele al suo maestro, è pronto a concretizzare il progetto di Lenin a tutti i costi. Stalin, però, da un lato segue convintamente l’insegnamento di Lenin (il proseguimento di una guerra civile europea che laceri il continente per poi invaderlo partendo dalla Germania), dall’altra cerca di organizzare la politica interna ed estera del suo Paese in modo tale da evitare gli errori commessi da Lenin.
Primo: Stalin capisce che l’Unione sovietica ha bisogno di un esercito potente ed esclusivamente offensivo. Suworow infatti dimostra dando innumerevoli dettagli tecnici come quell’esercito fosse pensato e realizzato solo in quanto arma di attacco e non di difesa. Ne è conferma la facilità con cui i tedeschi riuscirono a penetrare fino a Stalingrado.
Secondo: Stalin si convince che, per la rapida invasione della Germania prima e dell’Europa poi, era indispensabile la creazione di una frontiera diretta con la prima. Bisognava eliminare quella barriera (la Polonia) che nel 1920 era stata il motivo principale della disfatta di Tuchacevskij. A questo riguardo è illuminante quello che scrive lo stresso Stalin sulla Pravda del 5 marzo del ’39: «La storia ci insegna che quando uno Stato vuole attaccare un altro Stato cercherà di creare una frontiera diretta con lo Stato che ha intenzione di invadere». Il senso della spartizione della Polonia nel ’39, tra Russia e Germania, in quest’ottica, appare chiarissimo. Stalin voleva liquidare quello Stato che lo divideva dall’Europa centrale, voleva assicurarsi la via più diretta che legava l’Unione sovietica alla Germania, «prima ed inevitabile tappa della liberazione dell’Europa centrale e dell’Est» (Trockij – Bollettino dell’opposizione, n. 24 del 1939, pag. 9).
Terzo ed ultimo punto: il ruolo di Hitler e del nazional-socialismo nel calcolo di Stralin. Non è un caso che il dittatore georgiano abbia forgiato per Hitler la definizione di «Rompighiaccio della rivoluzione». A Stalin infatti interessa innescare una miccia per cui «i capitalisti europei si sarebbero azzannati tra di loro come cani» (Stalin sulla Pravda del 14/5/1939).
A Stalin serviva qualcosa che, annientando tutte le forze democratiche e pacifiste, avrebbe fatto divampare una sanguinosa guerra civile nel continente europeo. Quale miglior strumento per questo fine se non la Germania nazional-socialista? Stalin vede nel nazional-socialismo un elemento indispensabile per il suo progetto di occupazione dell’Europa. Il suo calcolo in proposito era essenzialmente questo: lasciamo che i nazisti polverizzino tutte le democrazie europee, lasciamo che Hitler spacchi l’Europa perché è proprio questo che a noi serve. A Stalin serve un’Europa affamata e distrutta. Questa Hitler gliela può garantire.
Stalin ebbe secondo l’autore un ruolo determinante nella nascita e nell’ascesa al potere del nazional-socialismo; basti citare a questo proposito un’impressionante dichiarazione di Trockij sul Bollettino dell’opposizione del 18/3/1936: «Senza il volere di Stalin non ci sarebbe stato né Hitler né il nazional-socialismo».
E un’altra dichiarazione di Trockij sul Bollettino dell’ opposizione n.79 del novembre 1938 ci fa capire come Stalin veramente avesse sfruttato Hitler per i suoi fini: «Stalin ha definitivamente liberato le mani di Hitler e ai suoi oppositori e ha trascinato l’Europa in un’altra grande guerra».
Solo in questo senso, sostiene Suworow, va interpretato il patto Molotov-Ribbentrop attraverso il quale da un lato veniva assicurata alla Germania la neutralità russa, nel caso in cui il Reich fosse stato «trascinato» in una guerra mondiale (vedi distruzione dell’Europa), dall’altro Stalin si creava concretamente la possibilità di tenersi fuori da questo conflitto fino a quando le condizioni per l’invasione dell’Europa non fossero state ideali.
Dichiara Trockij sul Bollettino dell’opposizione del 21/6/1939: «La Germania si scatenerà contro l’Europa e l’Unione Sovietica trarrà il maggior vantaggio da questa situazione». Ma Hitler attacca inaspettatamente contro le previsioni staliniane, la Russia il 22 giugno del ’41 probabilmente, ipotizza Suworow, perché capisce che l’invasione della Germania da parte della Russia era inevitabile.
I piani di Stalin sono stravolti. L’invasione russa della Germania, la così chiamata «missione temporale» che avrebbe dovuto avere il suo inizio il 6 luglio 1941, va a rotoli. E a questo proposito è interessante sentire la dichiarazione del generale sovietico Ivanov all’indomani dell’invasione tedesca: «Alle truppe tedesche è riuscito di anticiparci letteralmente di due settimane».
A questo punto, conclude Suworow, Stalin ci dà un’altra prova della sua genialità: comprendendo che l’invasione della Germania non è più possibile con le proprie forze, sfrutta gli alleati, i difensori dell’Europa, proprio per assicurarsi una parte di questa. Non dimentichiamo, sembra suggerirci Suworow, che con l’invasione di metà della Germania la vera vincitrice della guerra fu di fatto solo la Russia.