Il Borghese n. 4 aprile 2018
di Giuseppe Brienza
Stefano Bataloni, biologo cattolico, curatore del sito “Piovono miracoli” (https://piovonomiracoli.wordpress.com/), ha scritto questo libro con la moglie Anna Mazzitelli per raccontare l’esperienza di accoglienza di un figlio ammalatosi ad appena due anni di leucemia fulminante che l’ha portato ben presto alla morte.
La scomparsa del figlioletto Filippo ha posto duramente i due coniugi romani di fronte all’insondabile mistero della morte, vissuto però con la fiducia reciproca e con una fede in Dio che, per loro stessa ammissione, gli ha dato la forza di aprirsi a una nuova visione dell’esistenza.
«La malattia di Filippo ha iniziato a spogliarci, ci ha mostrato quanto effimere fossero le cose su cui avevamo fatto affidamento fino ad allora e ci ha mostrato quale era la nostra parte più preziosa», scrivono Stefano e Anna. «Abbiamo accolto la Grazia di saper obbedire, di ascoltare veramente, e in questo ci siamo ritrovati liberi, liberi dalla paura, dalla delusione, dalla tristezza, dalla morte – proseguono i coniugi –. Qualcuno ha dato significato a quello che stavamo vivendo. Qualcuno ha spezzato le nostre certezze e le ha rese nutrimento per noi; non ha tolto la malattia di Filippo ma l’ha resa cibo per noi. Qualcuno, attraverso Filippo, attraverso la sua malattia, ha ascoltato le nostre preghiere di madre e di padre e non si è limitato ad assecondarle, ci ha donato infinitamente di più».
La storia di Filippo ha commosso tante persone, a partire dalla comunità frequentata dalla famiglia Bataloni, la parrocchia romana di San Giovanni Battista de’ Rossi, facendo quindi il giro dei social networks. A distanza di quasi quattro anni, Stefano e Anna hanno sintetizzato la loro toccante esperienza nel libro che, non a caso, porta la prefazione di un sacerdote, don Luigi Maria Epicoco (pp. 7-9), cappellano universitario a L’Aquila e docente di teologia alla Pontificia Università Lateranense (noto anche per le sue trasmissioni su TV2000.
La vicenda di Filippo serve d’insegnamento a tanti genitori che non si riescono a rendere conto dell’infinito dono dei figli, perché solo quando si subisce un lutto si possono comprendere quelle che dovrebbero essere vissute come grandi gioie della vita quotidiana, a cominciare dalla vita in famiglia.
Tornando alla storia del piccolo Filippo, nel libro si spiega la scelta del titolo, quella “maglietta al rovescio” che è la metafora di ciò che è “interno” ed invisibile, di ciò che pensiamo sia la “parte sbagliata o contraddittoria” e invece è soltanto la “parte più vera” e, per ciò stesso, “più bella” di una esistenza terrena. Bataloni junior è infatti stato un bambino che, scoprendo di essere affetto da una grava malattia, ha manifestato innanzitutto alla sua mamma e al suo papà una forza e un coraggio che solo nell’affidamento a Dio possono trovare spiegazione.
Filippo amava portare le magliette al contrario, rovesciandole con caparbietà, perché la parte esterna per lui non contava. «Allo stesso modo – scrivono i genitori – ci siamo resi conto che il Signore ha rovesciato la nostra storia di sofferenza e di paura, e l’ha trasformata in una storia di amore e di speranza».
Anche per questo le legislazioni civili dovrebbero rispettare se non difendere il diritto di ogni bambino ad essere accolto come un “dono” dalla società e, soprattutto, a ricevere l’amore e l’educazione, anche religiosa, innanzitutto da parte di un padre e di una madre. Perché solo così le nuove generazioni potranno crescere armonicamente e secondo norma naturale e cristiana.
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Stefano Bataloni – Anna Mazzitelli
Con la maglietta a rovescio. Storia di Filippo Bataloni
Edizioni La Porziuncola,