Alleanza Cattolica 5 Febbraio 2018
La studiosa francese, già esperta vaticana di Medioriente, spiega le sfide che il mondo musulmano porta all’Occidente, ma anche le potenzialità che si possono sfruttare
Silvia Scaranari
Annie Laurent, francese, studiosa di dinamiche religiose del mondo arabo, specialista d’islam, fu chiamata da Papa Benedetto XVI in qualità di relatrice all’assemblea speciale sul Medioriente del sinodo dei vescovi del 2010. In Francia, ha pubblicato nel 2017 L’Islam. Pour tous ceux qui veulent en parler (mais ne le connaissent pas) edito a Perpignano da Artége.
La sua competenza viene da lontano, da quando, giovane studentessa nell’Università di Parigi, è partita per Il Cairo, capitale dell’Egitto, ospite di una famiglia melchita (i melchiti sono una Chiesa cattolica sui iuris di rito bizantino, guidata dal patriarchia di Antiochia dei melchiti, che si considera erede dell’antico cristianesimo siriaco). Quel viaggio è stato l’occasione che l’ha portata a scoprire la complessa religiosità del Medioriente.
Da lì la Laurent passa poi in Libano dove il contatto con la realtà locale la convince a rinunciare agli studi di Diritto per dedicarsi alle Scienze politiche nel tentativo di scuotere l’indifferenza occidentale di fronte a quanto sta succedendo ai cristiani mediorientali, a cui dedica, nel 2008, lo studio Les chrétiens d’Orient vont-ils disparaître? (Salvator, Parigi), pubblicato con prefazione dell’arcivescovo di Bagdad dei latini, mons. Jean-Benjamin Sleiman.
Il suo nuovo libro, L’Islam, ha suscitato un certo interesse e sollevato polemiche causa a del titolo giudicato provocatorio. Purtroppo, secondo l’autrice, l’islam che si sta sviluppando in Occidente, genera forti malintesi. Nonostante l’apprezzabile lavoro di alcuni intellettuali musulmani che, consapevoli della crisi che affligge le loro comunità, cercano di promuovere una modernizzazione del pensiero islamico, la maggioranza del mondo musulmano conserva una visione “integralista” della fede.
L’ampio studio della Laurent esamina molti aspetti dell’islam: il Corano, la figura dei Muhammad, la divisioni interne, l’islam ideologico, lo jihad e il martirio, la democrazia, i diritti umani e il matrimonio, il rapporto con le altre religioni nonché la vita dei cristiani in un terra musulmana.
Un indubbio punto di forza del libro è la dimostrazione che non tutte religioni monoteiste sono la stessa cosa. Esistono infatti punti significativi di rottura che la studiosa individua in:
1. Nell’islam l’unicità divina si oppone alla Trinità. Per i musulmani Gesù (Issa in arabo, nome che contrariamente a Yeshoua in ebraico e Yasouth in aramaico, non significa “Dio salva”) non è altro che un profeta inviato da Dio per rettificare gli errori e annunciare la venuta di Maometto, l’ultimo profeta. Nel Corano, Gesù non è il Salvatore. In più, l’islam ignora il concetto di salvezza e di redenzione perché il racconto delle origini nasconde il peccato originale di Adamo ed Eva.
2. Le Scritture. Per i musulmani, il Coranoè un libro increato, presente presso Dio da tutta l’eternità fino a quando Dio ha deciso di rivelarlo agli uomini attraverso Maometto. Visto che è scritto in lingua araba, molti musulmani pensano che questa sia la lingua di Dio. L’uomo non ha avuto alcun ruolo nella sua redazione. L’islam ignora la dottrina dell’ispirazione del testo sacro proposta dalla Chiesa Cattolica per la Bibbiache è dunque stata redatta da uomini su azione dello Spirito Santo.
3. Il Corano prende in prestito della Bibbia diversi personaggi ma li islamizza, a cominciare da Adamo che è descritto come il «primo sottomesso» (muslim) a Dio. Per i cristiani, invece, Dio si è incarnato in una persona vivente, Gesù Cristo, non in un libro scritto e muto. Conviene quindi rinunciare, perché sono ambigue, alle tre formule con le quali di solito s’indicano oggi l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam: religioni monoteiste, religioni abramitiche, religioni del libro.
Altro tema importante affrontato dalla Laurent è l’atteggiamento spesso ingenuo che l’Occidente ha dimostrato ‒ a partire soprattutto da dopo la Seconda guerra mondiale (1939-1945) ‒ e dimostra quando ritiene assolutamente inammissibile la pur triste ma reale possibilità della guerra e l’esistenza di nemici.
Il pacifismo è infatti un’eresia che ostacola la verità. In effetti, lo stesso Gesù ha avuto nemici e non ne ha negato la realtà, una realtà che dipende dal peccato originale. Non si tratta di negare insomma l’esistenza di nemici, ma di vedere come Gesù si sia comportato verso di loro per imitarlo. Cristo ha amato i propri nemici, li ha perdonati. Questo è l’atteggiamento cristiano vero, peraltro molto diverso da quello di negare, o di tacere, quanto la dottrina islamica afferma su questo tema spinoso.
Il dialogo è dunque difficile, ma nonostante ciò qualcosa si potrebbe fare. L’autrice sottolinea che i musulmani hanno il senso di Dio e sono spesso sconcertati dalla secolarizzazione che tocca le nostre società occidentali. Una convivenza è possibile se gli europei ritrovano la realtà del proprio essere creature e smettono di considerarsi la fonte della propria esistenza, il che implica un gesto di umiltà. Molti musulmani si aspettano, più o meno coscientemente, che i cristiani siano dei veri credenti, pii e virtuosi, quindi degni di rispetto e anche imitabili. Sotto questo aspetto i cristiani hanno una grande responsabilità.
Ho dunque colto l’occasione della recensione suo libro per porre una domanda alla Laurent: come vede il futuro dell’Europa e dell’Occidente con una presenza sempre più consistente di musulmani?
«Il futuro dipende in parte dai cristiani», risponde la studiosa. «Occorre prendere molto sul serio la sfida esistenziale che l’islam rappresenta per l’Occidente». Bisogna amare i musulmani, come insistono le conclusioni del suo libro, ma amarli nella verità, dando cioè loro quanto noi abbiamo di meglio: la fede in Gesù Cristo, il rispetto per il diritto naturale (sconosciuto nell’islam) nonché la pratica virtuosa nella vita privata come in quella pubblica.
«Un vasto cantiere è aperto davanti a noi con questa nuova realtà a cui non eravamo preparati», prosegue la scrittrice, «e proprio ora che l’Occidente attraversa una crisi spirituale d’estrema gravità. Conviene prima di tutto ricordare che l’islam fiorisce sulla debolezza degli altri, come la storia del Vicino Oriente insegna. In fondo la presenza dell’islam tra di noi è un invito a ritornare verso il Signore e a convertirci. Otterremo la pace solo a questo prezzo».