di Massimo Introvigne
Il Ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu e il sottosegretario Alfredo Mantovano, che lo ha pensato e voluto, hanno inaugurato la settimana scorsa a Roma presso l’Università Europea un master in Scienze delle migrazioni che è il primo nel nostro continente. Parte in causa, come docente del nuovo master, non posso non osservare che gli allievi – forse suggestionati da certe profezie di sventura di Romano Prodi – ci chiederanno se è proprio inevitabile che presto o tardi quel che è avvenuto in Francia succeda anche in Italia.
La Francia raccoglie i frutti di anni di politiche miopi, che da una parte hanno permesso la formazione di ghetti sovraffollati e disperati, dall’altra hanno lasciato predicare imam e attivisti musulmani incendiari che sembravano compagni di strada naturali di una politica francese anti americana e anti israeliana. Nel lungo periodo, la Francia spera di placare l’incendio rendendo i ghetti meno sovraffollati e riducendo il numero dei disoccupati. Nel breve, ha dato più poteri alla polizia e intensificato le espulsioni degli imam e dei militanti che predicano violenza.
La situazione è la stessa in Italia? Non ancora. Benché ci siano quartieri a rischio, particolarmente a Torino e a Milano, secondo le statistiche più attendibili in Italia ci sono novecentomila musulmani e in Francia da quattro a cinque milioni. Per di più in Francia i musulmani sono in gran parte cittadini francesi, spesso di terza o quarta generazione, in Italia la maggioranza per ora non ha la cittadinanza. I numeri da noi sono ancora relativamente sotto controllo.
Vigilando sull’immigrazione clandestina, espellendo i clandestini identificati, ammettendo all’immigrazione solo chi ha un lavoro la legge Bossi-Fini ha per ora impedito la nascita di quei ghetti alla francese che scoppiano di musulmani disoccupati. Semmai, il piatto piange sulle espulsioni dei predicatori di odio: non perché prefetture e Ministero degli Interni non provvedano (lo fanno), ma perché una magistratura politicizzata cerca quando può di vanificarne l’opera.
In breve siamo messi meglio che in Francia. Per ora. Perché l’Unione di Prodi ha un programma che mira a rendere più difficile il controllo dei clandestini, e conta nelle sue fila partiti che strepitano ogni volta che un musulmano è espulso. La previsione di Prodi di un Italia che brucia come la Francia sarebbe allora più sensata se fosse espressa in questi termini: «Se vincerò io, finirà come a Parigi».