Informazione Cattolica 9 gennaio 2021
Caritas in Veritate, Quell’importantissima enciclica sociale di Benedetto XVI
di Don Gian Maria Comolli*
Benedetto XVI è stato Papa per 8 anni (2005-2013), terminando il suo servizio il 28 febbraio del 2013, quando decise di rinunciare al ministero petrino.
Nel suo pontificato Joseph Ratzinger dovette affrontare complessi problemi e assumere decisioni notevoli. Noi lo ricordiamo per due “lotte” in particolare che lo accompagnarono negli anni: quella contro il relativismo e quella per la riaffermazione di alcuni beni da lui definiti “non negoziabili” (tutela della vita, della famiglia e dell’educazione).
Tutto cominciò nell’omelia della Messa “Pro Eligendo Romano Pontefice” del 18 aprile 2005. In tale circostanza il cardinale Ratzinger pronunciò frasi memorabili: «Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero… La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde, gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo a un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore (cfr. Ef. 4,14). Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, è spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie».
Quella dei beni (o principi) “non negoziabili” è una categoria concettuale particolarmente presente nel Magistero di Benedetto XVI. Nell’invocare «una particolare attenzione su principi che non sono negoziabili» rivolgendosi ai partecipanti al Convegno promosso dal Partito Popolare Europeo (30 marzo 2006), Papa Ratzinger li sintetizzò in questo modo: «La “tutela della vita” in tutte le sue fasi, dal primo momento del concepimento fino alla morte naturale. Il “riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia”, quale unione fra un uomo e una donna basata sul matrimonio, e la sua difesa dai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale. La tutela del “diritto dei genitori di educare i propri figli”». Questi principi essenziali, avvertì il Pontefice, «non sono verità di fede», ma «sono iscritti nella natura umana stessa e quindi sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa».
Nella sua prima enciclica sociale, la Caritas in Veritate (“La carità nella verità”), pubblicata il 29 giugno 2009, Benedetto XVI cercò di attualizzarli in una situazione storica e societaria nella quale si affermava che la “globalizzazione” avrebbe unito la famiglia umana. Ratzinger assume come punto di partenza del suo documento la Populorum Progressio di Paolo VI (1967), dato che quello scritto aveva profetizzato gli sviluppi del XXI secolo, centrando la tematica principale dell’età contemporanea, quella dello sviluppo.
Qual è il messaggio centrale della Caritas in Veritate? Anzitutto l’analisi di contesto: in un mondo che si globalizza tutti dobbiamo rispettarci pur nella diversità. Di conseguenza, è doveroso operare per incrementare ed espandere lo “sviluppo umano integrale” che intrecci tutte le dimensioni della persona: da quelle materiali a quelle culturali, morali e spirituali, dal desiderio di bellezza all’armonia con la natura.
Il Papa offre in tal senso delle preziose indicazioni nei sei capitoli che delineano un’ampia analisi della realtà che lo circonda. Ma prima di partire compie un “passo indietro”, riproponendo la visione della vita “come vocazione”. La vita, infatti, nessuno se le dà ma la riceve come dono di Dio. E già in questo primo concetto, Benedetto XVI evidenzia il dovere dell’uomo a operare per lo sviluppo di ogni persona da promuovere senza riserve e senza condizionamenti.
Vocazione a che cosa? All’amore e alla verità. Chi non ama o non è amato fatica a realizzarsi. Lo stesso vale per l’approfondimento della verità. Accanto a queste due caratteristiche il Papa ne pone un’altra: la forza della ragione che deve oltrepassare il materiale per far scoprire all’uomo il suo costitutivo legame con Dio, che non è un ostacolo ma il compimento più elevato della ragione stessa. E, alla ragione, Benedetto XVI si rivolge anche trattando della globalizzazione, essendo prima di un evento sociale una sfida alla ragione stessa, poiché i cambiamenti più autentici non riguardano unicamente l’economia e le condizioni di vita ma toccano nell’intimo il significato di persona umana.
Nella globalizzazione, si chiede Ratzinger, le persone sono soggetti attivi o qualcuno rimane ai margini ed è travolto? La gestione della globalizzazione è democratica, unitaria e partecipativa oppure è lasciata ai più potenti e agli interessi di pochi?
Per superare ogni rischio il Papa indica tre percorsi.
Sul piano sociale si dovrà realizzare la fratellanza, cioè la “civiltà dell’amore” edificata sulla solidarietà. È vero che la globalizzazione ha plasmato un mondo più compatto e avvicinato le persone, ma ciò non significa automaticamente maggiore fraternità poiché spesso le relazioni sono divenute più complesse e più macchinose.
Sul piano economico andrà riscoperta l’economia sorretta da principi, valori e virtù non badando unicamente al profitto e ai redditi. Di conseguenza la proposta di un’economia alternativa come mostrano l’Altromercato, i Fondi etici, il credito e il microcredito basati sulla fiducia. È questa la sfida per ricondurre l’economia alle sue origini, cioè a servizio «della casa e della causa di ogni uomo».
Sul piano politico, il Papa, osserva la reciprocità tra diritti e doveri; il dovere di ogni persona nel compiere la propria parte per favorire il bene di tutto l’uomo e di ogni uomo.
Insieme e intersecandosi, questi tre percorsi, supportati dalla ragione, cioè da una laicità positiva, creeranno una piattaforma etica comune che permetterà all’umanità globalizzata di rapportarsi nella giustizia e nella fraterna, educandosi alla libertà responsabile che significa anche assumersi la fatica del pensare.
Da ultimo, Benedetto XVI, ricorda la “coscienza religiosa” che deve incontrarsi con la storia, poiché la fede non può essere rinchiusa unicamente nell’ambito personale, dato che il messaggio cristiano è alquanto indicativo anche per i non credenti, partendo dalla Trinità, maestra di relazioni profonde e umane.
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*Don Gian Maria Comolli, ordinato sacerdote nel 1986, da trent’anni è cappellano ospedaliero. Dopo aver conseguito un dottorato in Teologia, una laurea in Sociologia ed aver frequentato diversi master e corsi di perfezionamento universitari, attualmente collabora con l’Ufficio della Pastorale della Salute dell’arcidiocesi di Milano ed è segretario della Consulta per la Pastorale della Salute della Regione Lombardia. Testo pubblicato per gentile concessione dell’autore (tratto dal blog: www.gianmariacomolli.it).