Tratto dal sito di MicroMega
Un centinaio di intellettuali francesi -dallo storico Pierre Nora all’ex ministro della Salute (presidente Mitterand) e degli Esteri (presidente Sarkozy) Bernard Kouchner, tra i fondatori di Medici senza frontiere- che hanno firmato un appello contro “le separatisme islamiste”, un fenomeno che -come si legge nel documento pubblicato in prima pagina sul Figaro del 20 marzo 2018 – “menace la liberté en général et pas seulement la liberté de penser“.
E che per questa ragione i firmatari dell’appello non esitano a definire “le nouveau totalitarisme islamiste”, il nuovo totalitarismo islamista che -per paradosso, in una società liberale e tollerante- prova (citiamo ancora dal documento) “à passer pour une victime d’intolérance”, vittima dell’intolleranza, cioè di un preteso (e inesistente) “racisme d’ètat” che è la bandiera ideologica degli Indigènes de la République.
Di seguito il testo integrale dell’appello tratto dal sito della rivista della sinistra italiana MicroMega [nota do Rassegna Stampa]
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L’appello di 100 intellettuali contro il “separatismo islamista”
Da Le Figaro, traduzione di Ingrid Colanicchia
Siamo cittadini con opinioni diverse e molto spesso opposte che si sono trovati d’accordo nell’esprimere, al di fuori di ogni attualità, la propria inquietudine di fronte al crescere dell’islamismo. Non sono le nostre affinità a unirci ma la sensazione che un pericolo minacci la libertà e non solo quella di pensiero. Ciò che ci unisce oggi è più importante di ciò che certamente ci separerà domani.
Il nuovo totalitarismo islamista cerca di guadagnare terreno con ogni mezzo e di passare per una vittima dell’intolleranza. È stato possibile osservare questa strategia qualche settimana fa, quando il sindacato degli insegnanti SUD Éducation 93 ha proposto uno stage di formazione comprensivo di laboratori di riflessione sul “razzismo di Stato” vietati ai “bianchi”. Alcuni animatori erano membri o simpatizzanti del Collectif contre l’islamophobie en France e del Parti des indigènes de la République. Esempi di questo tipo si sono moltiplicati negli ultimi tempi. Abbiamo anche appreso che il miglior modo di combattere il razzismo consisterebbe nel separare le razze. Se questa idea ci offende è perché siamo repubblicani.
Sentiamo anche dire che, dal momento che le religioni in Francia sono oggetto di scherno da parte di una laicità “strumentalizzata”, è necessario garantire alla religione minoritaria, vale a dire l’islam, un posto speciale affinché cessi di essere umiliata. E ancora: sembra che coprendosi con un velo le donne si proteggano dagli uomini e che segregarle permetterebbe loro di emanciparsi.
Il punto comune di questi proclami sta nel pensare che il solo modo di difendere i “dominati” (non è un termine nostro ma quello usato da SUD Éducation 93) consisterebbe nel separarli dagli altri e nel concedere loro dei privilegi.
Non molto tempo fa, l’apartheid regnava in Sudafrica. Fondata sulla segregazione dei neri, voleva mettersi la coscienza in pace creando dei bantustan in cui era concessa ai neri un’autonomia fittizia. Un sistema che fortunatamente è scomparso.
Ed ecco che oggi è un apartheid di nuovo tipo che viene proposto in Francia, una segregazione al contrario grazie alla quale i “dominati” preserverebbero la loro dignità mettendosi al riparo dai “dominanti”.
Ma questo significa che una donna che si tolga il velo ed esca per strada sarebbe una preda? Significa che una “razza” che frequenti le altre sarebbe umiliata? Significa che una religione che accetti di essere una tra le altre perderebbe la faccia?
E i francesi musulmani, o di cultura musulmana ma non credenti, che amano la democrazia e vogliono vivere con tutti? L’islamismo ha previsto di segregare anche loro? E le donne che rifiutano di essere segregate: chi deciderà per loro? E gli altri, quelli che apparentemente non meritano di essere protetti: saranno rinchiusi nel campo dei “dominanti”?
Tutto ciò va contro quanto è stato fatto in Francia per garantire la pace civile. Da molto tempo, l’unità del paese è stata fondata sull’indifferenza rispetto ai particolarismi che potrebbero essere causa di conflitto. Ciò che viene chiamato universalismo repubblicano non consiste nel negare sesso, razza o religione ma nel definire lo spazio pubblico indipendentemente da questi aspetti affinché nessuno ne sia escluso. E come non vedere che la laicità tutela anche le religioni minoritarie? Metterla in pericolo ci espone al ritorno delle guerre di religione.
A cosa può dunque giovare questo segregazionismo di nuovo tipo? Deve solo permettere ai sedicenti “dominati” di salvaguardare la loro purezza vivendo distaccati dagli altri? Il suo scopo non è soprattutto quello di affermare la secessione dalla comunità nazionale, dalle sue leggi e dai suoi costumi? Non è espressione dell’odio più caratteristico nei confronti del nostro paese e della democrazia?
Che ciascuno viva sotto la legge della propria comunità o casta e nel disprezzo di quella degli altri, che ciascuno non sia giudicato che dal proprio gruppo, è contrario allo spirito della Repubblica. Questa è stata fondata sul rifiuto dei diritti privati applicati a categorie specifiche ed esclusive, sull’abolizione dei privilegi. Le stesse leggi per tutti, ecco cosa al contrario ci garantisce la Repubblica. Ciò che semplicemente va sotto il nome di Giustizia.
Il nuovo separatismo avanza sotto mentite spoglie. Vuole apparire benigno ma in realtà è l’arma di conquista politica e culturale dell’islamismo. L’islamismo vuole la separazione perché rifiuta gli altri, compresi i musulmani che non condividono le sue idee. L’islamismo detesta la sovranità democratica perché questa gli nega ogni legittimità. L’islamismo si sente umiliato quando non domina.
Accettare tutto ciò è fuori discussione. Noi vogliamo vivere in un mondo completo in cui i due sessi si guardano senza sentirsi insultati dalla presenza dell’altro. Vogliamo vivere in un mondo completo in cui le donne non siano giudicate inferiori per natura. Vogliamo vivere in un mondo completo in cui le persone possano frequentarsi senza avere paura le une delle altre. Vogliamo vivere in un mondo completo in cui nessuna religione detti legge.
Firmatari:
Waleed al-Husseini Arnaud d’Aunay Pierre Avril
Vida Azimi Isabelle Barbéris Kenza Belliard
Georges Bensoussan Corinne Berron Alain Besançon
Fatiha Boudjahlat Michel Bouleau Rémi Brague
Philippe Braunstein Stéphane Breton Claire Brière-Blanchet
Marie-Laure Brossier Pascal Bruckner Eylem Can
Sylvie Catellin Gérard Chaliand Patrice Champion
Brice Couturier Éric Delbecque Chantal Delsol
Vincent Descombes David Duquesne Luc Ferry
Alain Finkielkraut Patrice Franceschi Renée Fregosi
Christian Frère Claudine Gamba-Gontard Jacques Gilbert
Gilles-William Goldnadel Monique Gosselin-Noat Gabriel Gras
Gaël Gratet Patrice Gueniffey Alain Guéry
Éric Guichard Claude Habib Nathalie Heinich
Clarisse Herrenschmidt Philippe d’Iribarne Roland Jaccard
Jacques Jedwab Catherine Kintzlerì Bernard Kouchner
Bernard de La Villardière Françoise Laborde Alexandra Laignel-Lavastine
Dominique Lanza Philippe de Lara Josepha Laroche
Alain Laurent Michel Le Bris Jean-Pierre Le Goff
Damien Le Guay Anne-Marie Le Pourhiet Barbara Lefebvre
Patrick Leroux-Hugon Élisabeth Lévy Laurent Loty
Mohamed Louizi Jérôme Maucourant Jean-Michel Meurice
Juliette Minces Marc Nacht Morgan Navarro
Pierre Nora Robert Pépin Céline Pina
Yann Queffélec Jean Queyrat Philippe Raynaud
Robert Redeker Pierre Rigoulot Ivan Rioufol
Philippe San Marco Boualem Sansal Jean-Marie Schaeffer
Martine Segalen André Senik Patrick Sommier
Antoine Spire Wiktor Stoczkowski Véronique Tacquin
Pierre-André Taguieff Maxime Tandonnet Sylvain Tesson
Paul Thibaud Bruno Tinel Michèle Tribalat
Caroline Valentin David Vallat Éric Vanzieleghem
Jeannine Verdès-Leroux Emmanuel de Waresquiel Ibn Warraq
Yves-Charles Zarka Fawzia Zouari
(27 marzo 2018)