Comunità Ambrosiana, 3 maggio 2016
di Marco Invernizzi
In silenzio, senza attenzione da parte della stampa, l’ex ddl Cirinnà sta diventando legge dello Stato. Come ladri, ci stanno rubando l’unicità del modello familiare, tentando di non suscitare altre reazioni, dopo quelle di piazza San Giovanni e del Circo Massimo.
Entro il 12 maggio, infatti, le unioni civili verranno approvate anche dalla Camera dei deputati, dove la maggioranza di Renzi non ha problemi. Eppure, sembra che la stessa maggioranza imporrà la fiducia, come in Senato, perché non vuole correre il minimo rischio di un cambiamento alla legge, che la costringerebbe a tornare in Senato e probabilmente ad impantanarsi.
Una legge iniqua, dunque, piena di contraddizioni perché scritta male, salvo un miracolo passerà fra pochi giorni. Qualora ciò accadesse, tuttavia, non dobbiamo lasciarci prendere dalla disperazione politica, ma riflettere con realismo sulla situazione e riprendere la battaglia. Cominciando dalla realtà.
La realtà, infatti, ci dice che i milioni di persone che hanno riempito il Circo massimo non erano virtuali, ma esprimevano un pezzo di corpo sociale reale, che ha risposto con entusiasmo a un appello lanciato dal Comitato Difendiamo i Nostri Figli che non aveva e non ha altro potere che quello di dire la verità.
Quelle due manifestazioni rappresentano un fatto epocale, che può segnare la nascita di un movimento culturale fondato sulla cellula fondamentale della vita comune e, a partire da questo fondamento, allargare il proprio orizzonte. Dalla famiglia alla società, passando per il municipio, per i corpi intermedi che accompagnano le professioni e organizzano i lavoratori, fino allo Stato. Questa è la dottrina sociale della Chiesa, “parte integrante della concezione cristiana della vita” come diceva San Giovanni XXIII, ma valida per ogni uomo che ricerchi il bene comune.
Tuttavia questo movimento culturale deve radicarsi sul territorio dando vita a comitati locali per potere avere un corpo, per penetrare con il progetto che saprà costruire dentro la società. Questo è il grande compito che sta davanti al Comitato, il cui portavoce Massimo Gandolfini ha ricevuto il 29 aprile l’invito del Santo Padre ad “andare avanti”, durante un’udienza privata in Vaticano.
Premessa per avviare questo iter è vincere ogni forma di scoraggiamento. Quest’ultimo può nascere da improvvide fughe in avanti di tipo partitico, oppure potrà penetrare dopo l’approvazione della legge sulle unioni civili, ma può anche nascere dallo zelo amaro di tanti militanti pro-family, sempre più pronti al giudizio corrosivo dell’operato degli altri che a cercare di sanare le divisioni.
Il mondo nel quale viviamo sta morendo, come si può vedere dal suicidio demografico del nostro Paese e dell’Europa in generale, e come conferma la stessa legge sulle unioni civili, che esprime una cultura di egoismo che conduce al nichilismo.
Ma per fare nascere un mondo nuovo dentro il mondo che muore ci vogliono persone che sappiano caricarsi delle responsabilità che Dio chiede loro. Spesso sono uomini semplici e certamente devono imparare a essere umili. Ma se ci sono, e se rispondono, sono il seme del mondo che nasce. Sono quelle donne e quegli uomini che si sposano e mettono al mondo dei figli, che costituiscono le famiglie normali per cui siamo scesi in piazza a San Giovanni e al Circo Massimo.