Perchè non si deve cedere al ricatto dei fuorilegge
di Amicone Luigi
Qui il multiculturalismo, il dialogo, l’integrazione, non c’entrano nulla.Qui c’entrano i fatti, e il fatto è uno solo: è in corso un braccio di ferro tra le istituzioni democratiche e gente che ha violato le leggi e che rivendica con spavalda arroganza il diritto di continuare a violarle. Secondo le leggi italiane, infatti, la madrassa islamica di via Quaranta è un caso particolarmente eclatante di evasione dell’obbligo scolastico.
Come ha denunciato Magdi Allam (e come leggete nell’inchiesta di Emanuele Boffi qui a pagina 10) l’unica cosa certa di quello che da anni accadeva in via Quaranta è che invece della normale istruzione scolastica elementare e media cui avevano diritto come cittadini italiani, nei locali di una ex fabbrica (locali per altro dichiarati inagibili per la mancanza delle condizioni igieniche, sanitarie e di sicurezza previste dalla legge), cinquecento piccoli figli di famiglie musulmane ricevevano lezioni di lingua araba e di catechesi coranica in versione fondamentalista. In casi come questi di patente evasione dall’obbligo, in Italia (come in tutto il mondo civile) si usa mandare i carabinieri a casa e spedire i fuorilegge davanti a un giudice (e questo sarebbe probabilmente successo se genitori e gestori della scuola fossero stati cattolici).
Per gli estremisti di via Quaranta invece niente. Non solo si è rinunciato ad ogni azione legale, ma per cercare di salvaguardare il bene dei bambini abbiamo accettato il dialogo. Così, per non far perdere un altro anno scolastico ai 500 ragazzi musulmani, le istituzioni hanno individuato due soluzioni: l’immissione dei bambini nella scuola pubblica o, in estrema ratio, la cosiddetta “istruzione paterna” prevista dalla legge. La risposta degli interessati è stata arrogante e minacciosa.
Li avete visti sui giornali, no? Hanno lasciato a casa le donne, hanno mandato avanti a far chiasso e strepito di diritti violati la pasionaria italiana convertita all’islam e duecento maschi, padri e militanti islamisti, al liceo milanese Einstein. Liceo dove il direttore scolastico regionale e il provveditore agli studi di Milano hanno convocato i musulmani non per un’assemblea (come hanno voluto fare intendere gli organizzatori della sceneggiata a base di urla dalla platea e votazioni non richieste, tranello mediatico ad uso della stampa, che in effetti un po’ ci è cascata), ma lo ripetiamo, semplicemente per comunicare loro le uniche due via di uscita possibili dall’illegalità.
La risposta di questi musulmani facinorosi è stata un “no” secco su tutta la linea e l’immediata mobilitazione in piazza per costringere il Comune di Milano a mettere a loro disposizione un edificio (possibilmente gratis?) per proseguire nel loro esperimento (islamista). Così sintetizza il Corriere della Sera: «Dicono no alla scuola pubblica italiana», «c’è poco arabo nell’offerta prospettata ai nostri ragazzi», «vogliono una sede per tenere aperta la scuola».
Avete letto bene. Adesso è il nostro stato democratico e il nostro modello di istruzione pubblica che devono piegarsi alle richieste di chi pratica l’illegalità. Il problema è che in Italia di “scuole” sul modello di via Quaranta ce ne sono decine. Avete già capito qual è la posta in gioco e cosa ci aspetta se le autorità civili italiane si piegheranno al ricatto.
Se si cede, via Quaranta sarà lo storico precedente per risolvere i tanti casi analoghi sparsi in tutta Italia. E così, invece che l’integrazione, avremo i ghetti del Londonistan. Invece che il rispetto delle leggi democratiche, avremo la benedizione dello stato democratico ai nemici della democrazia.