La Libertà 26 Settembre 2021
di Gustavo Roccella
“Dobbiamo formare uomini che anzitutto trasmettano i fondamentali”, soleva dire Giovanni Cantoni, uomini «controrivoluzionari», in grado cioè di opporsi tenacemente all’onda della rivoluzione (francese) che dal 1789 ancora si allunga a “distruggere gli ultimi brandelli della cristianità”.
C’era un sapore eroico negli interventi che ieri a Palazzo Galli hanno celebrato la figura di Giovanni Cantoni, piacentino scomparso nel 2020 a 82 anni, fondatore negli anni ’60 nella nostra città di un’associazione, Alleanza Cattolica, che con un manipolo di arditi giovani ha saputo diffondere in tutta Italia a difesa, in senso tradizionalista, di una Chiesa ritenuta a rischio mortale sotto il tiro incrociato di relativismo, laicismo e edonismo consumistico.
Un respiro di eroismo, di santità se si preferisce. Perché “si può andare in paradiso anche partendo da Alleanza Cattolica”, iniziò a rimarcare Cantoni dal riconoscimento canonico che nel 2011 su iniziativa dell’allora vescovo di Piacenza, Gianni Ambrosio, la Chiesa diede all’associazione che cessava così di essere semplicemente un sodalizio privato di fedeli.
Lo ha ricordato nel suo intervento al convegno di Ieri Domenico Airoma, procuratore della Repubblica ad Avellino, che immagina Cantoni “come il buon samaritano di un mondo rivoluzionato”, preoccupato non solo di assistere il viandante aggredito dai briganti, ma anche di accompagnarlo in un luogo sicuro, la locanda, e poi di stare con lui fino al mattino dopo, senza ripartire subito, per sincerarsi che fosse in buone mani.
Significa che guardarsi dai «nemici» esterni, i briganti, non basta, i danni della rivoluzione si sono radicati al punto da generare nemici interni alla Chiesa ancora più insidiosi, ha ammonito Airoma, il sacerdote, il levita, quelli che nella parabola guardano e passano: “Dobbiamo interessarci di ciò che accade nella locanda, anche dell’operato dell’oste”. E infine però riparte, perché “dobbiamo tornare nel mondo per fare in modo che tutte le strade conducano alla locanda, possibilmente senza briganti”.
Su un versante a cavallo tra profilo privato e impegno associativo si è soffermato Mauro Ronco, docente emerito di diritto penale, che di Cantoni ha rimarcato i “tratti della paternità che ho subito riconosciuto”.
“Il padre è la radice, dà stabilità alla famiglia, è garanzia dell’identità personale dei figli, ma la paternità oggi è quasi scomparsa, due secoli di liberalismo l’hanno soffocata”, ha considerato Ronco indicando Cantoni a esempio di “benignità” e di “mirabile umiltà e modestia”.
Il “legame armonioso tra la famiglia e l’apostolato associativo” l’ha evidenziato il figlio primogenito, Ugo, che ha moderato il convegno. Dagli anni in cui, coetanei, frequentavano insieme il liceo, è partito Corrado Sforza Fogliani, presidente esecutivo della Banca di Piacenza, nel portare, da padrone di casa, un saluto in apertura dei lavori: “Un uomo dai pensieri e dai principi fermi”, ha così descritto Cantoni.
Messaggi augurali sono arrivati per iscritto dalla sindaca Barbieri, dall’ex vescovo Gianni Ambrosio e dal suo successore Adriano Cevolotto che ha indicato nel convegno “l’occasione per una riscoperta e attualizzazione del messaggio di Cantoni” nel contesto di una Chiesa chiamata al percorso sinodale sotto la guida di papa Francesco. Sottolineatura, quest’ultima, a cui è ricollegabile un passaggio dell’intervento conclusivo di Marco Invernizzi, reggente nazionale di Alleanza Cattolica quando, nel tonare agli anni ’70 delle origini cioè all’”epoca delle ideologie da cui molti di noi provenivano, con risposte favorevoli negli ambienti della destra giovanile», ha riconosciuto che “grazie anche all’esempio di Cantoni, alla sua attenzione al magistero del papa, rimanemmo fedeli, superando la tentazione della contestazione da destra”.
Convertire le ideologie – tutte, dal socialismo al comunismo al nazifascismo – nella sete di conoscenza, nella ricerca della verità, nella fede in Gesù Cristo. Invernizzi ha ripercorso i capisaldi e le tappe di Alleanza Cattolica soffermandosi sull’importanza che Cantoni attribuiva alla cultura: “Noi «dobbiamo occupare i sagrati, l’anticamera delle chiese», diceva, «la battaglia culturale è quella che introduce alla Chiesa, al luogo dove è presente il sacro in tutta la sua forza ed evidenza». E per forza intendeva la forza della fede, una fede che cambi la vita dei popoli che la confessano senza avere la pretesa di costruire in terra la “Gerusalemme celeste” senza cioè sconfinare nel fondamentalismo, tragico errore al pari del laicismo”.
La mutazione «culturale e antropologica» prodotta dal crollo del muro di Berlino era stata colta anticipatamente dal fondatore di Alleanza Cattolica: “La rivoluzione non era scomparsa, duecento anni dopo aveva solo cambiato i suoi obiettivi”, ne ha ripercorso l’analisi Invernizzi, “anziché potere e istituzioni punta a conquistare l’interiore delle persone, è contro le persone e le famiglie che si scatena l’ultima fase del processo rivoluzionario”.
“La prima e fondamentale battaglia è quella che combattiamo dentro di noi, a maggior ragione questo vale nella nuova epoca della post modernità dove i maestri tanto più vengono ascoltati quanto più siano anche esempi e testimoni”.
A concludere la giornata la messa in Duomo celebrata dal vescovo di San Remo, Antonio Suetta.