Il procuratore Pietro Grasso, responsabile della Direzione Nazionale Antimafia (DNA), il 7 settembre 2006 a Napoli ha segnalato che ormai emergono le prime certezze sulla crescente alleanza, sul territorio italiano, tra realtà criminali prima separate fra loro, come le mafie, il narcotraffico, il terrorismo e la jihàd islamica.
Tipico segnale del fenomeno è l’osmosi operativa tra criminalità e terrorismo: «I gruppi terroristici, per il loro finanziamento, compiono spesso delitti tipici della criminalità organizzata, come sequestri di persona a scopo di estorsione, rapine e traffici. D’altra parte, la criminalità organizzata usa sempre più metodi e modalità tipiche del terrorismo». Tipici campi d’intesa e collaborazione fra criminalità e terrorismo sono il traffico di droga, di armi, di denaro sporco, di documenti e permessi di soggiorno, in parte anche d’immigrati clandestini. Alcune organizzazioni criminali italiane, come la Ndrangheta calabrese, hanno contatti e collaborazioni non solo con le FARC colombiane e con la mafia russa, ma anche con l’ETA basca, con la sovversione no-global e con al-Qaida.
Secondo il procuratore, se le “forze del male” stanno compattandosi, lo stesso purtroppo non avviene per coloro che dovrebbero combatterle. Non essendoci un’agenzia centralizzata, ad esempio, «se un Paese estero vuole informazioni sull’attività della magistratura italiana, deve scrivere a 26 procure distrettuali che si occupano di terrorismo». Per rimediare a questa mancanza di collegamento nazionale, Grasso propone di istituire una procura nazionale antiterrorismo, sul modello della Direziona Nazionale Antimafia. Per il momento, dati questi legami tra mafie e terrorismo, egli candida la stessa DNA ad occuparsi del preoccupante fenomeno.