di Rino Cammilleri
L’architetto perugino Luigi Fressoia, comunista in gioventù, entrato nell’età della ragione è divenuto liberal-conservatore ed ha ricoperto incarichi in Forza Italia. Lodevolmente fa la cassandra in un notiziario di riflessioni che spedisce via internet a chi le voglia leggere. Il vostro Kattolico è tra i suoi destinatari e oggi rilancia qui alcune acute sue considerazioni sul primato gramsciano della cultura in politica.
Ecco un elenco dei luoghi comuni diventati ormai mentalità corrente anche di molti cattolici e di non pochi conservatori, luoghi comuni che si sono impossessati dei cervelli grazie alla strategia gramsciana di conquista della cultura e, soprattutto, del significato delle parole:
1) le sinistre sono per il popolo e le destre per i padroni (in verità le sinistre, di cui fanno parte i cattolici “adulti”, sono solo stataliste);
2) ciò che è di interesse pubblico deve essere per sua natura statale;
3) il “progresso” sta a sinistra;
4) la sinistra è , contro il Potere (invece, è la sinistra ad avere creato i poteri più assoluti della storia);
5) in Italia lo scopo del terrorismo brigatista negli “anni di piombo” era di fermare l’ascesa del Pci;
6) le sinistre sono l’antidoto naturale alla mafia;
7) se il nazismo era il male, il comunismo era a fin di bene (invece, erano cugini);
8) la lotta per la libertà è antifascista ma non anticomunista;
9) la Resistenza l’hanno fatta i comunisti;
10) il comunismo è di sua natura pacifista;
11) senza Usa e Israele ci sarebbe la pace nel mondo;
12) il terrorismo islamico è causato dalle ingiustizie presenti nel mondo;
13) esso è solo contro gli Usa ma non contro l’Europa;
14) il capitalismo è una mostruosità (e non la normale propensione di tutti gli uomini a risparmiare, investire ed espandersi);
15) il profitto è intrinsecamente perverso;
16) la povertà è causata dalla ricchezza;
17) l’Occidente è colpevole della povertà nel mondo;
18) le risorse per la solidarietà sociale sono una variabile indipendente dall’economia;
19) la causa dei problemi ambientali è lo sviluppo;
20) l’uomo è il cancro del pianeta;
21) la meritocrazia è classismo (invece, è l’unica chance per i poveri e i privi di raccomandazione);
22) la delinquenza è colpa della società;
23) i criminali devono essere recuperati, non puniti;
24) la scienza esclude la fede (invece, la religione comincia là dove la scienza non arriva);
25) la laicità esclude la religione (come se laicità fosse sinonimo di ateismo);
26) la famiglia tradizionale è un concetto religioso, non di ordine naturale;
27) la famiglia è per sua natura oppressiva;
28) animali e piante hanno la stessa dignità dell’uomo.
Questo necessariamente sommario elenco (cui ho personalmente aggiunto qualcosina) discende dal plagio scolastico ed è ormai presente nei media a prescindere dall’orientamento ideologico. La scuola «pubblica» (cioè, di Stato), infatti, è frutto dell’appropriazione giacobina durante la Rivoluzione francese, poi esportata da Napoleone.
I liberalmassoni ottocenteschi ne fecero il loro fiore all’occhiello, facendoselo poi scippare dai fascisti. Ma sempre scuola di regime era. È stata infine, con l’università, l’oggetto principale della strategia gramsciana, e quegli ex sessantottini che non riuscirono a entrare nel giornalismo andarono a fare gli insegnanti.
Oggi l’attuale ministro della Pubblica Istruzione ordina che i programmi di storia della terza media si concentrino sul Novecento: conoscendo l’orientamento ideologico della gran parte degli insegnanti, ci sarà da ridere. Ma non divaghiamo. Dice Fressoia, e concordiamo: «Questo quadro cultural-psicologico è il brodo di coltura di ogni Tg o grande quotidiano nazionale, dell’intrattenimento, dell’approfondimento e di moltissime omelie».
Esso «conferisce alla sinistra una forza enorme senza sforzo alcuno, sic et simpliciter, facendone il vero partito televisivo e di plastica». Per giunta, è proteiforme e capace di adattarsi a chiunque: passa disinvoltamente dal pacifismo alle mitologie rivoluzionarie, dal socialismo reale al progressismo liberaI, dal cattolicesimo fascinato dal marxismo al neo-post-comunismo, al noglobal, al terzomondismo, al libertarismo, perfino dal materialismo al moralismo. E ciò perché la strategia gramsciana ha vinto, come anticipato, la battaglia delle parole.
Termini come profitto, ricchezza, Occidente, persona, impresa, educazione, libertà, ecologia, responsabilità, risorse, famiglia, immigrazione, tasse, Stato sono ormai parole totemiche che hanno perso il loro vero significato e sono diventate cavalli di Troia per scardinare il buonsenso. Di esse si serve ogni giorno quella che Fressoia chiama «l’egemonia filo-postmarxista» e che impera ormai in tutti gli ambiti: cultura, istruzione, enti pubblici, giustizia, media, case editrici, ecologia, economia, volontariato, chiese, sanità, urbanistica.
Dubitiamo che l’architetto perugino venga ascoltato da quelli a cui principalmente cerca di rivolgersi, perché ogni loro realtà, anche minima, anche insignificante, tende a farsi il suo organetto di stampa, il suo bollettino, la sua rivistuzza, l’ennesima, senza che ci sia un progetto complessivo, coordinato e strategico. Se abbiamo qui riportato il lamento dell’architetto è perché esso si adatta perfettamente anche all’universo cattolico, che di complessivo e strategico ha ormai solo i discorsi del Papa.
L’incidenza culturale di gran parte delle valanghe di carta e delle parole prodotte da congressi, convegni, piani pastorali, tavole rotonde dialogiche, periodici, agenzie, radio, tivu e internet è gravemente insufficiente.
Ed è già tanto quando non vi compaiono i luoghi comuni che abbiamo elencato.