Ottobre 2019
Una autentica “conversione ecologica” avviene solo con riferimento al Creatore, che ci consegna il creato per il bene e la felicità. Altrimenti ogni decrescita sarà solo infelice
di Giorgio Maria Carbone
«Decrescita è una parola d’ordine che significa abbandonare radicalmente l’obiettivo della crescita per la crescita, un obiettivo il cui motore non è altro che la ricerca del profitto da parte dei detentori del capitale e le cui conseguenze sono disastrose per l’ambiente.
A rigor del vero, più che di decrescita, bisognerebbe parlare di a-crescita, utilizzando la stessa radice di a-teismo, poiché si tratta di abbandonare la fede e la religione della crescita, del progresso e dello sviluppo. Non soltanto la società è ridotta a mero strumento e mezzo della meccanica produttiva, ma l’uomo stesso tende a diventare lo scarto di un sistema che punta a renderlo inutile e a farne a meno…
L’obiettivo della decrescita è una società in cui si vivrà meglio lavorando e consumando di meno» così scrive Serge Latouche in La scommessa della decrescita, Feltrinelli, Milano 2007. Latouche è l’ideatore della “decrescita felice”, divulgata in Italia da molti, tra cui anche Beppe Grillo in varie interviste in cui dice: «Un po’ più poveri, ma più contenti».
Alcune idee della decrescita felice, come ad es. il «badare meno ai numeri, e più alla qualità della vita», «cambio di paradigma per uno stile di vita sobrio», «abbattere gli sprechi», «usare sì la tecnologia ma non per un semplice aumento della produttività», possono trovarci d’accordo. Anche perché la tradizione cristiana ci consegna alcune verità:
1) qualsiasi attività produttiva e il progresso tecnico-scientifico sono realmente segno di progresso solo se hanno come fine lo sviluppo integrale di ogni uomo;
2) la virtù della temperanza – e non la semplice volontà di abbattere gli sprechi – è una virtù cardinale, cioè come un cardine intorno al quale ruota l’attività umana;
3) «il benessere economico di un Paese non si misura esclusivamente sulla quantità dei beni prodotti, ma anche tenendo conto del modo in cui essi vengono prodotti e del grado di equità nella distribuzione del reddito, che a tutti dovrebbe consentire di avere a disposizione ciò che serve allo sviluppo e perfezionamento della propria persona» Compendio della dottrina sociale della Chiesa, 2005, § 303.
La decrescita felice è una proposta che nasce in Paesi ricchi per persone già ricche che si possono permettere il lusso di non crescere più. Prova a proporre la a-crescita a un gruppo di persone povere e dopo un po’ abbi il coraggio di osservare se sono felici.
È una soluzione inadeguata a problemi molto gravi, come l’inquinamento, il dissesto idro-geologico, non i cambiamenti climatici – che con buona pace di tutti ci sono sempre stati, basta conoscere un po’ la storia – ma la loro violenta accelerazione. Per ridurre l’impatto inquinante, per contrastare il dissesto idro-geologico o anche solo per studiare le cause dell’accelerazione dei fenomeni climatici c’è bisogno di ricercatori e di risorse finanziarie e tecnologiche. Dove le prendi se ti proponi di decrescere?
La colpa al cristianesimo
C’è anche chi addebita al cristianesimo la colpa di tali disastri. Così Lynn White jr. parla di «arroganza cristiana nei confronti della natura», fondata sulla «volontà di Dio che l’uomo sfrutti la natura per i suoi scopi».
Cari Amery: «Il nucleo del messaggio [dell’Antico Testamento] era l’elezione dell’uomo rispetto a tutto il creato, il compito affidatogli di stabilire un dominio totale… Finché questo messaggio rimase confinato nella legge di un piccolo popolo sulla costa orientale del Mediterraneo non potè far sentire il suo influsso. Per questo ci volle l’internazionalizzazione delle strutture ebraiche, ci volle il Figlio dell’uomo di Nazareth».
La colpevolizzazione della civiltà cristiana continua anche con Eugen Drewermann: «il cristianesimo ha assunto insieme all’antropocentrismo dell’Antico Testamento il materialismo e pragmatismo del pensiero grecoromano, e così sarebbe iniziato l'”antropocentrismo distruttivo».
Cosa dice il Magistero
Il magistero della Chiesa cattolica è intervenuto ripetutamente su questi temi. San Giovanni Paolo II mette in relazione la tutela del creato e il consumismo: «L’uomo, preso dal desiderio di avere e di godere, più che di essere e di crescere, consuma in maniera eccessiva e disordinata le risorse della terra e la sua stessa vita. Alla radice dell’insensata distruzione dell’ambiente naturale c’è un errore antropologico, purtroppo diffuso nel nostro tempo. L’uomo, che scopre la sua capacità di trasformare e, in un certo senso, di creare il mondo col proprio lavoro, dimentica che questo si svolge sempre sulla base della prima originaria donazione delle cose da parte di Dio. Egli pensa di poter disporre arbitrariamente della terra, assoggettandola senza riserve alla sua volontà, come se essa non avesse una propria forma ed una destinazione anteriore datale da Dio, che l’uomo può, sì, sviluppare, ma non deve tradire. Invece di svolgere il suo ruolo di collaboratore di Dio nell’opera della creazione, l’uomo si sostituisce a Dio e così finisce col provocare la ribellione della natura, piuttosto tiranneggiata che governata da lui» Enciclica Centesimus annus § 37.
Si tratta quindi di un errore nel modo con cui l’uomo considera se stesso: il degrado ecologico nasce a causa di un degrado umano. La salvaguardia del creato è una questione non tanto etica, ma innanzitutto antropologica: dipende dal ruolo che riconosciamo all’uomo all’interno dell’ambiente naturale di cui egli stesso è membro.
L’uomo è il pericolo numero uno della natura e del pianeta Terra, o è l’attore principale dello sviluppo e della cura del pianeta? «Le modalità con cui l’uomo tratta l’ambiente influiscono sulle modalità con cui tratta sé e viceversa» (Benedetto XVI, Caritas in ventate § 51).
Infatti la distruzione dell’ecosistema è il risultato di una visione antropologica riduttiva e innaturale, è un vero e proprio disprezzo dell’uomo. Ma a questo stesso disprezzo conducono anche quei movimenti ecologisti che negano la differenza assiologica tra uomo e altre creature e pensano all’uomo come un animale un po’ più dotato e niente più.
Questo disprezzo apre la porta a tutte le più dure forme di aggressione selvaggia all’ambiente e a tutti i viventi, uomo compreso. Perciò promuovere la dignità di ogni persona umana è il fondamentale principio-guida per un sano progresso economico, industriale e scientifico.
Perciò i nostri papi, Giovanni Paolo II, Benedetto e Francesco, parlano ripetutamente di ecologia umana: «Mentre ci si preoccupa giustamente, anche se molto meno del necessario, di preservare gli habitat naturali delle diverse specie animali minacciate di estinzione, perché ci si rende conto che ciascuna di esse apporta un particolare contributo all’equilibrio generale della terra, ci si impegna troppo poco per salvaguardare le condizioni morali di un’autentica “ecologia umana”.
Non solo la terra è stata data da Dio all’uomo, che deve usarla rispettando l’intenzione originaria di bene, secondo la quale gli è stata donata; ma l’uomo è donato a se stesso da Dio e deve, perciò, rispettare la struttura naturale e morale di cui è stato dotato. Sono da menzionare, in questo contesto, i gravi problemi della moderna urbanizzazione, la necessità di un urbanesimo preoccupato della vita delle persone, come anche la debita attenzione ad un”‘ecologia sociale del lavoro”» Centesimus annus § 38.
«L’ecologia umana è inseparabile dalla nozione di bene comune […] che presuppone il rispetto della persona in quanto tale, con diritti fondamentali e inalienabili ordinati al suo sviluppo integrale. Esige anche dispositivi di benessere e sicurezza sociale e lo sviluppo dei diversi gruppi intermedi, tra cui la famiglia» Francesco, Laudato si’ § 156-157.
Il magistero della Chiesa ci offre un ragionevole e ampio sguardo sui temi ecologici. Il degrado ambientale è il risultato di modi erronei di concepire la natura.
Se l’ambiente naturale è frutto del caso e non è un disegno ordinato che ha in sé una logica, allora potrà essere sfruttato a piacimento pur di trarre da esso il massimo profitto. Oppure, caso opposto, se la natura è eretta a un ideale intoccabile, come divinizzata, allora tutto dovrà essere sacrificato per la tutela della natura, anche l’uomo, che invece è parte integrante di tale natura.
La Bibbia
Inoltre, i testi di riferimento che ci orientano su questi temi si trovano nel libro di Genesi, come ad es.: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra (1,26-28); Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra» (9,1).
Questi brani non rendono lecito alcuno sfruttamento distruttivo e dissennato del creato. I verbi “soggiogare” e “dominare” vanno letti alla luce dell’identità stessa dell’uomo, cioè del fatto che l’uomo è creato a «immagine e somiglianza» di Dio, come dicono quegli stessi contesti. Come Dio creatore domina e signoreggia, così la persona umana domina e signoreggia sul creato.
La signoria dell’uomo è una signoria partecipata rispetto a quella assoluta del Creatore, è una signoria relativa – e non assoluta dipendente dal Creatore perché l’uomo stesso è creatura che riceve Tessere da Dio. La signoria di Dio realizza la sua sapienza e il suo amore senza limiti. Perciò la signoria e il governo che l’uomo ha del creato saranno anch’essi riverbero di saggezza e amore.
La conversione “ecologica” sarà seria e efficace solo se l’uomo rispetterà l’intenzione fondante con la quale il Creatore ci consegna all’esistenza, intenzione di bene e di felicità che costituisce l’uomo e la donna, non arbitri e proprietari assoluti del creato, ma custodi fedeli e amministratori sapienti.
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Per saperne di più
Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa Libreria editrice vaticana 2005
G. Carbone L’uomo immagine e somiglianza di Dio Edizioni Studio Domenicano 2004
M. Schooyans Evoluzioni demografiche. Tra falsi miti e verità Edizioni Studio Domenicano 2013
M. Schooyans Conversazioni sugli idoli della modernità Edizioni Studio Domenicano 2010