di Domenico Quirico
Michel Josserand è una persona “credibile”. Sarebbe un complimento se a dirlo non fosse, con scopi tutt’altro che elogiativi, un magistrato. E la credibilità non si riferisse a un sordo intreccio di corruzione, affari loschi e bustarelle che rischiano di demolire uno dei colossi industriali francesi, Thales, specialista in elettronica e armamenti, dieci miliardi di euro di fatturato, 55 mila dipendenti sparpagliati nel mondo.
C’è abbastanza se Josserand si rivelerà un pentito credibile per mettere la tempesta nel cuore dei sospettosi americani. Pensate: le chimeriche (finora) armi di distruzione di massa con la sigla made in France, il paese dei sabotatori della sacra crociata di Bush! In una anonima procura francese è nata forse una nuova ombra tempestosa per le relazioni tra Parigi e Washington che erano appena state acquetate e impastoiate. Daniel Fried, segretario di stato per gli affari europei aveva appena salutato “il vero cambiamento nelle relazioni tra USA e Francia: sento che i francesi vogliono lavorare con noi, dobbiamo sempre più spesso prendere il telefono e discutere i dossier importanti”.
Sulle dichiarazioni di Josserand si è avventato Philippe Courroye, giudice istruttore. Gli hanno affidato il compito di indagare sul filone francese dello scandalo petrolio contro cibo. Non è una zona certo periferica della vicenda. Undici personalità sguazzano tra rivelazioni e documenti compromettenti e non sono dei comprimari: brillano ad esempio l’ex ministro degli Interni Charles Pasqua, il suo consigliere diplomatico Bernard Guillet, Claude Kaspereit, uomo d’affari dotato di grande inventiva e figlio di un deputato parigino, l’ex rappresentante permanente della Francia al Consiglio di Sicurezza tra il ’91 e il ’95, Bernard Mérimée.
Il metodo corruttorio, secondo l’accusa, era semplice e geniale. Si accordavano con il regime iracheno per avere partite di petrolio che passavano a società in cambio di una tangente di 30 centesimi di dollaro per barile. Kaspereit per esempio avrebbe trattato otto milioni e mezzo di barili, si fa presto a fare i conti sul guadagno, La Thales non conferma e non querela sia “Le Monde” che ha rivelato lo scandalo, sia il suo ex amministratore delegato.
Il pentimento di Josserand però appare tanto più credibile perché non proprio spontaneo, A maggio l’ex dirigente di Thales ha passato un mese e mezzo in prigione. Corruzione diceva il capo di imputazione esercitato su uno scenario più domestico, il contratto per i tram di Nizza. Particolare non da poco la denuncia era stata presentata proprio da “Thales”, così dettagliata che i poliziotti hanno scoperto i documenti compromettenti nascosti dal dirigente.
Una trappola per scaricare sul dirigente le colpe del gruppo? O per chiudere la bocca a chi sapeva troppo? Josserand, dopo aver resistito a quattro interrogatori fiume è crollato. E pare che la vicenda della falsa fabbrica di latte in polvere sia solo l’inizio di un giro del mondo di ordinaria corruzione, con soste dall’isola della Réunion al Togo all’Argentina.
E soprattutto al Medio Oriente. Gli investigatori sono affascinati ad esempio, dal contratto per il sistema di controllo delle frontiere dell’Arabia Saudita, sette miliardi di euro. Perché per soffiare la discussione del contratto già avviata tra l’allora ministro degli Interni Sarkozy e il suo collega saudita intervenne direttamente e con modi duri l’Eliseo.