Storia / Per una nuova interpretazione della Rivoluzione francese
L’età moderna è nata da uno strappo violento, alla cui base fu la Riforma
di Carlo Striano
L’uomo, come noi lo conosciamo, è stato davvero creato poche migliaia di anni fa. L’uomo storico, non l’australopiteco tanto caro agli evoluzionisti. L’uomo che incomincia al tempo di Cro-Magnon a dipingere le pareti delle caverne nel sud della Francia, circa 18.000 anni fa. In quel tempo i grandi ghiacciai, che coprivano oltre i tre decimi delle terre emerse, cominciarono a sciogliersi.
Tutta la storia dell’uomo si situa in questo breve intervallo tra due glaciazioni. Il clima temperato, che non dura mai più di 10.000 anni, è già arrivato alla sua fine, dicono i geologi. La nuova era glaciale è in arrivo. Presto, molto presto, anche se i geologi hanno un orologio regolato sui millenni il ghiaccio riguadagnerà il terreno perduto, e per 100.000 anni a venire il pianeta ruoterà avvolto nel suo mantello bianco-blu, prima della .prossima breve estate.
In questo corto periodo, l’uomo è cresciuto e si è moltiplicato, ha popolato la terra, ha tessuto la sua storia. I grandi miti astrologici dei babilonesi, le piramidi la raffinata fantasia cosmologica dei Veda indiani gli ideogrammi cinesi, il commercio dei fenici, la profonda introspezione filosofica dei greci, il diritto romano, la fede monoteista degli ebrei, e poi, in quello che si potrebbe definire l’ombelico della storia, l’irruzione di Dio nella realtà degli uomini, il mistero che è al centro di ogni realtà, e nelle sue conseguenze la storia cristiana, la Chiesa: tutto questo è avvenuto nel breve tempo di 6.000 anni.
Centomila anni di inverno, diecimila di estate, da oltre 2 milioni di anni, il pianeta va avanti con questi ritmi. La storia invece conosce ritmi più brevi: i secoli, gli anni, i mesi, i giorni. E conosce una virtù mai abbastanza lodata: la pazienza. Come il tessitore di tappeti costruisce il suo disegno un nodo dopo l’altro, cosi la storia non salta alle conclusioni, tralasciando il lavoro da fare nel mezzo.
La storia non abortisce mai, ma tutto porta a compimento, prima o poi, guidata dalla mano della tessitrice onnipotente che è la Provvidenza. Gli uomini invece non hanno pazienza, pressati dal tempo che scorre veloce, la vita è breve come un soffio, a volte fanno violenza alla storia e pretendono di accelerarne il corso. E così, come quella gatta del proverbio che per fare i gattini in fretta li fece ciechi, così essi per la fretta di ottenere risultati, partoriscono mostri.
Se si guarda alla storia senza pregiudizi, si può vedere in filigrana la quantità di strappi che sono stati fatti nel suo tessuto, il tappeto risulta rabberciato, il disegno a volte è grottesco, la filatura casuale. Questo è successo tutte le volte che gli uomini si sono fatti prendere la mano dalla voglia di arrivare al traguardo, senza faticare lungo la via. Questi strappi sono stati pagati non solo dagli uomini che hanno sopportato la violenza, ma anche da quelli che l’hanno progettata e compiuta. Tutti quelli che scavano fosse, prima o poi ci cadono dentro. Il prezzo è stato morte, deportazione, sofferenza, frane, esilio per milioni di persone.
L’aborto dal quale prende il via la seconda parte dell’età moderna, si chiama Rivoluzione Francese. In essa tutti i fenomeni mostruosi che caratterizzano la nostra epoca sono presenti, o hanno avuto la loro prima realizzazione. Il prossimo bicentenario andrebbe celebrato con una grande celebrazione funebre ai morti di tutte le rivoluzioni di cui quella francese è stata l’antesignana e la matrice, e il 14 luglio dovrebbe essere contrassegnato dal lutto, e quello del 1789 cancellato dal computo dei giorni.
In tutti i libri di storia se ne parla invece come di un evento capitale, il giro di boa dalle ultime «tenebre» del medioevo, verso la luminosa realtà del tempo moderno.
E’ semplicemente falso: l’umanità ha fatto il suo corso, nonostante la rivoluzione francese. La storia degli uomini è andata avanti più lentamente, più a fatica, pagando più sofferenze, che potevano essere evitate, versando più sangue, che poteva essere risparmiato. Tutte le ideologie produttrici di morti, che si sono succedute sullo scenario degli ultimi due secoli, prendono linfa e si rifanno all’idea matrice della rivoluzione francese, l’idea che si possa cambiare corso alla storia, cambiando le istituzioni della società, o per dirla alla maniera marxista, agendo sulle strutture. Questa idea ha fatto più vittime della peste, ma non l’ha inventata Marx — che ne è in fondo solo un modesto tributario — e neanche Rousseau, e neanche Jean Marie Arouet, detto Voltaire, e neanche il maestro di tutte le storture filosofiche, Renato delle Carte detto Cartesio.
L’inventore, il propugnatore e l’esecutore della prima lacerazione nel corpo vivo della storia in epoca moderna è un modesto monaco agostiniano tedesco, il suo nome è Martin Lutero. Con la sua opera e con la sua Riforma, introdusse di nuovo nella creazione il caos, un nuovo principio di caos. La Riforma è la più grande catastrofe abbattutasi, non soltanto sulla Chiesa, ma sull’intero corso della storia mondiale, fino ad oggi.
Essa è diventata parte centrale della storia moderna d’Occidente e, fuori di essa, è diventata fatale per l’intero mondo moderno. Essa non si esaurisce nel breve giro di pochi anni, ma agisce ancora nel nostro tempo. La riforma del secolo XVI è un presente vivo: qualcuno nega che sia così, ma è un modo di pensare superficiale e non muta minimamente la verità dei fatti. Ogni ricerca storica può spiegarci come si potè, e in un certo senso, come si dovesse giungere storicamente alla riforma: la spiegazione delle cause è solo la spiegazione del «come» della sua origine, ma non rende conto del «perchè».
L’evento centrale che si vuole mettere in luce non riguarda affatto il giudizio morale su Lutero o sulla Riforma: Dio è il signore della storia. Avvenimenti come la Riforma, non aspettano gualche piccolo droghiere della cultura che li pesi sulla sua bilancina moralistica, per dare un giudizio di «buono/cattivo». Essi non sfuggono alla Provvidenza. L’evento centrale non ha carattere etico, ma ontologico. Lutero nega che la storia, come si è svolta fino ai suoi giorni, sia buona.
Nega ancora che si possa continuare a vivere senza una radicale «ricreazione» della storia. Accusando la Chiesa cattolica romana di essersi trasformata in Babilonia, la distrugge come realtà positiva della storia e si accinge a creare una nuova realtà.
Se il procedimento di Lutero è giusto perchè non applicarlo ad ogni altra situazione? Quella di Lutero è, e non poteva essere altrimenti, una riforma religiosa in senso stretto, che si riferisce alla Chiesa cattolica come il segno globale, totalizzante del tempo.
La Rivoluzione Francese è il risvolto politico della Riforma protestante. L’evento è uguale, l’oggetto attaccato è ovviamente diverso: lo Stato invece della Chiesa. I due pilastri sui quali si reggeva l’ordinamento medioevale, Impero e Chiesa, sono attaccati in tempi diversi E’ successo qualcosa nel dopo riforma: è cambiato il soggetto della storia, che non è più Dio, ma l’uomo, ed è cambiato anche l’oggetto del divenire storico, la Salvezza, sostituita via via dall’autorealizzazione. Dio non è più percepibile nella storia, si nega che essa sia retta da una provvidenza, la storia stessa comincia ad essere disprezzata come un sottoprodotto dell’agire umano, si sopravalutano le forze della conoscenza e della «ragione».
L’indagine filosofica ha discusso, laicizzato e modificato le idee chiave della Riforma, le ha sottratte al «sacro» e rese capaci di attaccare il residuo nazionalistico dell’Impero. Si potrebbe fare una specie di proporzione: la riforma sta alla Chiesa come la rivoluzione alla sua controparte civile, l’impero, nella forma dello Stato francese.