Il Foglio quotidiano 4 settembre 2016
“Ora che siete qui non chiedetevi che cosa potete fare per il mondo ma che mondo volete creare”. Harvard farà di voi degli “idealisti scettici”. Tra crisi dell’occidente ed educazione liberal
di Giovanni Maddalena
Giornata d’inaugurazione dell’anno accademico all’Università di Harvard. Le matricole radunate nel celebre prato della Harvard yard. Parla il dean di liberal art, il preside di lettere si sarebbe detto una volta in Italia. Toghe, stendardi, coro gospel, discorso retorico. Tutto ciò che serve per un “gesto” che deve veicolare agli studenti il messaggio di una delle università più prestigiose del mondo, per entrare nella quale le matricole di oggi hanno lottato per anni.
Ed ecco il cuore del messaggio: l’università non serve le leggi del mercato ma l’educazione della persona; in un’epoca di crisi c’è bisogno di nuovi ideali; ora che siete qui dovete dimenticare le vostre radici; da questo momento appartenete a Harvard; qui diventerete scettici sui vostri ideali precedenti; non chiedetevi che cosa potete fare per il mondo ma che mondo volete creare. La sintesi del Dean è che Harvard farà di voi degli “idealisti scettici”. Considerando il ruolo di Harvard nel mondo non si può che essere preoccupati.
Certo, c’è bisogno di ideali in un’epoca di crisi. In questo Harvard dimostra di non essere banale. Ed è vero anche che in università gli ideali si trasformano, tanto più se non la si prende come un mero dare/avere ma come una vita, la possibilità di incontrare maestri e compagni di tutto il proprio destino. Il problema è il metodo, che mette in luce tutta la paradossale debolezza di Harvard e d’Occidente. Abbiamo bisogno di nuovi ideali e per ottenerli – dice il Dean – occorre cancellare le proprie radici e diventare scettici su ciò che ci è stato insegnato. Si tratta del classico ritornello pseudo-illuminista che viene completato da quello nietzscheano secondo il quale non ci sono talenti da educare ma solo volontà che possono creare il mondo che vogliono.
Purtroppo, però, se taglio le mie radici, da dove potrò prendere nuovi ideali? E come faccio a volere qualcosa se non parto dal passato che conosco, dal presente che vivo e dai talenti che mi trovo ad avere? La risposta è semplice e tragica: prenderò gli ideali nuovi dai professori universitari di questa splendida istituzione a cui mi si chiede con tanta forza di “appartenere”.
Così il paradosso è completo: abbiamo bisogno di cambiare un mondo in crisi creato dalle élite culturali-economiche educate nelle migliori università e per cambiarlo vogliamo dei nuovi ideali, ma questi ultimi devono venire dagli stessi maestri i cui ideali si sono dimostrati fallimentari. Meglio ancora, avveleniamo di proposito i pozzi del passato di ciascuno mettendo a priori dubbi su ciò che genitori e insegnanti hanno loro donato cosicché non ci sia nessuna alternativa possibile.
“Non c’è ideale a cui possiamo sacrificarci perché di tutti conosciamo la menzogna. Noi non che non sappiamo cosa sia la verità”, diceva Malraux. E’ una frase che descrive perfettamente il paradosso di questo mondo culturale che dovrebbe essere trasformativo e innovativo e, invece, propone in ogni campo un pensiero poco differenziato quando non unico. Sono già in molti gli osservatori che notano che mentre diventiamo sempre più attenti alle radici etniche che vogliamo preservare, diventiamo sempre più intolleranti verso le radici culturali diverse da quelle liberal dominanti. Non sarebbe forse ora di cercare nelle nostre radici delle alternative valide alla mentalità scettica dominante, che spesso si trasforma in cinismo, e sperare che, nonostante tutte le menzogne, ci siano ideali a cui valga la pena sacrificarsi?