I mass media, nel loro allarmismo sui cambiamenti climatici, mettono sotto accusa l’Occidente e il suo stile di vita, tediandoci con ricette – le più strampalate – per limitare gli effetti sull’ambiente. Tacciono però su quello che avviene ad esempio in Cina, dove una incontrollata industrializzazione sta provocando i peggiori danni del secolo
di Anna Bono
In questi giorni hanno dato ampia risonanza alle parole del capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, secondo cui «dobbiamo abituarci alle situazioni estreme e prepararci a repentini cambiamenti di tempo» (come se un inverno mite fosse una «situazione estrema» e i «repentini cambiamenti di tempo» una novità); e hanno quasi ignorato il suo ribadire che non vi è motivo d’allarme per le risorse idriche e le colture italiane, a meno che nei prossimi mesi non vi sia assenza di precipitazioni atmosferiche.
I mass media si incaricano anche come non mai di dar voce alle teorie ecocastrofiste sulla contaminazione ambientale che metterà a rischio di estinzione migliaia di specie animali e alle relative ricette per fermarla e salvare il pianeta. Così ogni giorno gli italiani sono bersagliati di consigli per evitare effetto serra e sprechi d’energia: vivere in minicase, andare in bicicletta, non lasciare in stand by gli apparecchi televisivi, tornare ai pannolini lavabili al posto di quelli usa-e-getta, acquistare prodotti fabbricati vicino a casa per ridurre i trasporti…nel presupposto, peraltro non dimostrato, che, se veramente il pianeta si sta riscaldando, questo dipenda soprattutto dal fattore umano.
È davvero strano, quindi, che i mass media nostrani dedichino invece così poca attenzione, per non dire nulla, a quanto sta accadendo in Cina , dove l’azione dell’uomo – di 1,3 miliardi di uomini – sta producendo sull’ambiente i peggiori danni del secolo. È stata quasi del tutto ignorata in Italia persino la notizia data alla fine del 2006 dell’estinzione del delfino bianco dello Yangtze, il «baiji», un evento estremamente allarmante, oltre che spiacevole, perchè conferma il rapido degrado ambientale degli immensi territori posti sotto la tutela di Pechino.
Il delfino bianco era uno dei mammiferi d’acqua dolce più antichi, comparso oltre 20 milioni di anni fa: aver scelto il basso corso dello Yangtze come suo habitat gli è stato fatale. Lo Yangtze sta infatti morendo di inquinamento così come l’altro fiume cinese maggiore, il Fiume Giallo: si ritene che, senza provvedimenti tempestivi, entrambi saranno privi di vita in pochi anni.
Sappiamo però, soprattutto grazie alle notizie diffuse dall’agenzia di stampa AsiaNews che sta per pubblicare un dossier sulla situazione ambientale della Cina, che il disastro ecologico cinese è ben più ingente. Sono inquinati il 70% dei fiumi e dei laghi, al punto che in molti casi le loro acque non possono essere usate neanche per l’irrigazione, e le falde sotterranee del 90% delle città non forniscono più acqua potabile.
Nelle campagne la situazione non è migliore. 312 milioni di agricoltori sono costretti a bere acqua contaminata da fluoro, arsenico, solfato di sodio e altri rifiuti industrali e organici. Secondo il Ministero delle risorse idriche, nel 2005 sono stati prodotti 70 miliardi di tonnellate di liquami inquinanti, 45 miliardi dei quali sono stati dispersi senza trattamenti depuranti in fiumi e laghi: i due corsi d’acqua maggiori, da soli, ricevono i rifiuti di 11.000 impianti chimici.
Il risultato è che centinaia di migliaia di cinesi soffrono di malattie gravi dovute all’acqua, talvolta così inquinata da essere pericolosa anche se usata soltanto per lavarsi. La relativa indifferenza per la situazione cinese mostrata dai mass media riflette quella dei militanti ambientalisti e terzomondisti e fa sorgere un fondato sospetto.
Le campagne contro la mancanza d’acqua potabile nel mondo incriminano sempre l’Occidente accusato di consumare troppa acqua e di non destinare abbastanza denaro alla costruzione di pozzi, acquedotti e sistemi di depurazione nei paesi poveri. Ma è impossibile imputare anche la scarsità di acqua potabile in Cina all’Occidente, quindi l’argomento è privo di utilità e di interesse.